
Si potrebbero esprimere le più motivate perplessità sugli ultimi sondaggi elettorali, gli stessi che vorrebbero i “5 Stelle” di Beppe Grillo partito di maggioranza relativa e, a ruota, il Partito democratico di Matteo Renzi e Forza Italia di Silvio Berlusconi. Sondaggi evidentemente gonfiati, troppo propizi al Beppe nazionale. Ma diamoli per buoni e passiamo alle contromisure. Ovvero fornendo uno spiraglio più che una strategia al grande partito dei moderati, che oggi giocoforza deve sottendersi da Renzi fino a Berlusconi, inglobando Casini, Alfano, Mauro e tutte le sigle di centro e di destra. Un rimedio estremo ad un male estremo, ovvero l’evidente pericolo di una scalata giacobin-grillina del Palazzo. Perché Grillo ha dichiarato in tutti i suoi comizi che, qualora risultasse il primo partito d’Italia, pretenderebbe le dimissioni di Renzi e la resa di Napolitano all’Era Cinque Stelle. Ovvero la consegna dell’Italia al duo Grillo-Casaleggio.
Il programma di Governo di questa sigla rivoltosa è evidente: bloccare l’Expo di Milano, chiudere tutti i cantieri della Tav (non solo in Piemonte), evitare investimenti nel rinnovo delle strutture portuali, licenziare in tronco gran parte dell’alta dirigenza di Stato, chiudere la Rai e processarne politicamente i giornalisti… Siamo al cospetto di un programma neo-bolscevico, e nemmeno Pietro Secchia osò ispirare a tal punto l’allora Lotta Continua. Secchia usava lo stesso frasario di Grillo quando consigliava ai “sessantottini” la “linea dura e rivoluzionaria”, considerando la lotta armata come “possibile strumento politico per liberare l’Italia dalla classe dirigente democristiana”. Consigliava al suo Pci di “non collaborare con Dc e partiti di governo perché sporchi di borghesia”, altrettanto fa oggi Grillo che ordina ai suoi di non dialogare con alcun partito diverso da Cinque Stelle. Nelle parole di Grillo, nel suo revanchismo comunista, s’annidano i suggerimenti di Secchia che consigliava al Pci di aprirsi ai movimenti del ‘68, anche ai più violenti, e per partecipare al “sovvertimento spontaneo e tumultuoso del sistema”. Secchia diceva “offro uno sbocco politico all’energia rivoluzionaria delle masse giovanili”: Grillo dice d’incanalare quella protesta che potrebbe aggredire il palazzo. Una minaccia o una promessa?
È evidente che i giornalisti, servi sciocchi del rivoluzionario di turno, stiano pompando i sondaggi favorevoli al Movimento 5 Stelle. A questo punto non rimane che confidare in un forte asse Berlusconi-Renzi, che certamente godrebbe dell’avallo del presidente Napolitano. Non dimentichiamo che l’inquilino del Colle è il più acerrimo avversario di aGrillo. A questo va aggiunto che più esponenti politici moderati hanno applaudito alle dichiarazioni rese da Berlusconi due giorni fa a “La7”: durante l’intervista il leader di Forza Italia s’è dimostrato non solo valido alleato di Renzi su riforme e politiche moderate, ma anche fulcro per una politica estera italiana che possa riavvicinare Putin all’Europa. E non dimentichiamo che Berlusconi è l’unico riferimento politico per quasi tutti i leader dei paesi Nordafricani.
Quindi un asse Berlusconi-Renzi permetterebbe all’Italia di scongiurare il bolscevismo grillino, ma anche d’uscire prima sia dalla crisi economica che dall’ancora incombente stretta creditizia. Va anche detto che chi vota Grillo non è detto che lo desideri al Governo: non bisogna confondere il voto di protesta con i desiderata di un elettorato provato da crisi e disoccupazione. Certo quest’ultima crisi ci ha rivelato come poco obiettivo sia il responso dato nelle urne da chi condizionato da povertà, disoccupazione e problemi economici vari. Emerge che esercizio democratico del voto ed indigenza non vanno molto d’accordo. Questo lo hanno compreso molto prima di noi negli Stati Uniti, dove il diritto a votare si paga, e questo esclude dalle urne chi evidentemente ai margini della società. Ecco perché non deve affatto spaventarci la crescita del partito dei “non votanti”. Chi diserta le urne è ininfluente ai fini della governabilità: grandi masse corrono al voto solo nei paesi novizi della democrazia, per accertarsene basta guardare la fiumana di gente che assalta i seggi nei paesi di terzo e quarto mondo. In paesi a rodata libertà e democrazia come l’Italia vanno a votare le persone libere o quelle in malafede (sindacalizzati e grillizzati).
Ora Berlusconi può benissimo dire a Renzi: “Preferisci stare dalla parte delle persone libere o tentare allargamenti fallimentari verso partiti sindacalizzati o grillizzati? È evidente che dopo queste Europee ci saranno manovre di consolidamento. A sinistra di Renzi c’è la vecchia guardia del Pci (30% del Pd), c’è Sel di Vendola, poi ci sono i Verdi, i comunisti vari e poi c’è il grande nemico M5S. Un accordo Berlusconi-Renzi centralizzerebbe Renzi, questo l’unico obiettivo per una governabilità seria. Perché l’Italia non ha certo bisogno di capipopolo che assaltano ministeri ed auto blu, che offendono l’alta dirigenza di Stato ed i vertici istituzionali: all’estero (in Germania) queste azioni prevedono la reclusione fino a cinque anni, mentre in Italia spalancano la via ad ospitate televisive.
Del programma di Grillo ricorderemo solo un “vaffa”, dell’asse Berlusconi-Renzi se ne potrebbe parlare come del rinnovato “edonismo italiano”. Di quel bello fatto in Italia che tanto ci fa invidiare ed apprezzare nel mondo. L’asse Berlusconi-Renzi porterebbe investimenti e calmiererebbe le tasse, il governo Grillo farebbe vivere all’Italia una lunga stagione di processi, degni della più teatrale tradizione sovietica.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:17