
L’altra sera mi sono attardato a seguire Matrix di Mentana e la sua intervista al giovane “brillantissimo” Luigi Di Maio (M5S). Sì, ho detto brillantissimo perché dopo pochi minuti di ascolto mi sono accorto che dall’iniziale dormiveglia, la dialettica impiegata del giovane parlamentare aveva stuzzicato il mio interesse alzando notevolmente il mio livello di interesse.
Di Maio parlava con tono sobrio e pacato di quanto fatto dal Movimento Cinque Stelle in questi mesi di “opposizione”. Argomenti sentiti e pienamente condivisibili. Fino a quando non è passato ad analizzare il perché bisogna porre in evidenza le differenze tra Grillo e il Movimento: “Il M5S non è più Grillo, sono alcuni milioni di persone oneste che lo votano per convinzione oltre che per protesta, sono migliaia di attivisti che disinteressatamente vogliono una Italia migliore, sono giovani parlamentari più bravi di Grillo, onesti, che rinunciano al 50% del loro stipendio per darlo a piccoli imprenditori, ormai competenti e pronti a governare”. Una sintesi meravigliosa che però mi ha fatto riflettere soprattutto su quel “M5S sono alcuni milioni di persone oneste che lo votano per convinzione oltre che per protesta”.
Personalmente posso pienamente concordare sul “voto di protesta”; anzi, non vedo l’ora che qualcuno possa personificare il voto di protesta in modo ancor più significativo e concreto di quanto lo faccia oggi il M5S. Per contro, quello che mi lascia estremamente scettico è il “voto per convinzione”. Non riesco a capacitarmi su quali valori, programmi, lineamenti politici o quant’altro si possa basare la convinzione e la condivisione. Convinzione su che cosa? Più che “Mandiamoli tutti a casa!”, così come la seria opposizione in Parlamento basata sul dissenso su proposte di legge, cosa c’è di costruttivo o di valoriale da poter generare convinzione sulla scelta di voto? Quindi, io sono ancora più critico sul M5S, perché oltre che condannare moralmente, politicamente e civilmente Beppe Grillo per quanto professa quotidianamente, i vari Di Maio e Di Battista non fanno altro che perseguire la stessa finalità politica di Grillo: “Mandiamoli tutti a casa!”, senza proporre alcunché di alternativo.
Dunque, io non contesto assolutamente il fatto che il sistema è marcio è va cambiato! Anzi, sono il primo a schierarmi per “cambiare” il sistema. Ma se si tratta di cambiamento, io preferisco votare qualcuno che predichi anche in che cosa consista questo cambiamento e non affidarmi a dei benpensanti che non hanno la più pallida idea di che cosa sta succedendo nel mondo. Il buon Di Maio, per esempio, a fronte della sua eccellente esposizione di quanto sono riusciti a fare stando all’opposizione, sui clandestini (fattore per me importantissimo) non ha biascicato parola su quanto è in atto in Libia, dove tre giorni fa il Parlamento è stato occupato dai carri armati di una fazione (delle tante operanti). Paese sempre più nelle mani degli integralisti islamici, dal quale partono una media di quattromila clandestini alla settimana per arrivare sul suolo italiano. Eh già, cosa ne sa Di Maio dei sei milioni di sfollati siriani, del milione e mezzo di somali in Kenya, degli ottocentomila e oltre in Niger e altri milioni di persone in campi profughi in Ciad, Sudan, Costa d’Avorio, ecc.
Parlando dell’Europa, il balbettante Di Maio, avesse avuto il buon senso di parlare di quanti morti ci sono ancora giornalmente in Siria, in Iraq, in Afghanistan e sempre più vicino anche in Ucraina? E l’Europa in tutto questo dov’è finita? Ultimo esempio: il M5S si limita a dire che gli F-35 non li vogliono perché ritenuti superflui! Bene, possibilissimo. Ma perché non urlano al mondo invece: Chi è l’Italia per parlare da sola di F-35? Non sarebbe meglio parlare invece di un problema europeo? E a chi mi obietta che la mia visone del problema Italia è eccessivamente aperta a problematiche non “nostre”, che “in primis viene l’Italia”, la sua classe dirigente” e una nuova cultura di fondo in cui la parola d’ordine sia l’onestà, io rispondo: sante parole, peccato che è passato più di un secolo da quando Benedetto Croce urlò ai suoi colleghi, in un suo sfogo in Parlamento: “... Non abbiamo bisogno di politici osannati o di grandi imprenditori: l’Italia ha bisogno di gente onesta per andare avanti e uscire dalla crisi!”. La cronaca di oggi mi sembra che confermi tristemente che le parole di Croce sono purtroppo sparse al vento!
Anzi, dirò di più: nei miei quasi settant’anni di vita ho tentato di seguire il pensiero di molti politici italiani. In particolare due di loro ancora oggi mi sono di riferimento proprio perché l’onestà intellettuale, ancor prima di quella materiale (di cui non credo abbiano mai abusato), ha prevalso su qualsiasi altro valore personale. Mi riferisco a Berlinguer e ad Almirante. In particolare il secondo è stato il mio mentore. I suoi valori sono ancora oggi i miei! È proprio per questo che quando si parla di preservare i nostri valori, la nostra italianità, non posso non considerare, oltre che il becero e angusto panorama politico italiano (su cui, ahimè, ci chiudiamo sempre più!), il contesto generale che ci circonda. In particolare il Mediterraneo, che da sempre è stato la culla dell’umanità, dalla quale sono state generate anche le radici della nostra cultura italica.
È vero, abbiamo bisogno di cambiare la nostra classe politica. Non ci sono dubbi su questo e le ragioni le conosciamo tutti. Ma proprio per questo non possiamo più fare a meno di guardarci intorno per capire da dove incominciare il cambiamento e, soprattutto, su quali valori e quali programmi fare affidamento. Io, da parte mia dunque, preferisco ancora oggi Fare per Fermare il Declino. Malgrado l’infausto debutto e le maldestre esternazioni personali di Oscar Giannino inizialmente, o di Michele Boldrin (nella foto) attuali, non per questo preferisco mettermi nelle mani di giovani capaci e valenti, ma sprovveduti e senza una visione programmatica del da farsi.
Da italiano, preferisco la difesa dei valori (liberali) fondamentali della nostra società; cosa che il M5S non mi assicura. Quindi, io continuerò ad andare per la mia strada: quella tracciata dai dieci punti programmatici di “Fare”; in attesa, magari, di ritrovare sul mio percorso un novello Almirante, magari della stessa età del Di Maio di questi giorni! Almeno “Fare” è un partito con un programma di ricostruzione della nostra Italia ben definito e al tempo stesso chiama per un cambiamento integrale della classe dirigente! Viva, dunque, l’Italia e il popolo italiano, a prescindere dalle imminenti elezioni del Parlamento Europeo.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:02