
Amaro fine settimana per i giornalisti e le maestranze di tre quotidiani italiani: “Il Messaggero” di Roma, “L’Unità” e “Il Giornale” di Milano. Sciopero, ritiro delle firme, stato di crisi sono i tre aspetti che hanno coinvolto le redazioni e le rispettive aziende. Venerdì non era in edicola il quotidiano romano di via del Tritone per la protesta decisa dall’assemblea di redazione contro il ricorso della società editrice di avviare la procedura di licenziamento collettivo ai sensi della legge 223 del 1991, anche se soltanto per due giornalisti, ridimensionando le intenzioni iniziali che riguardavano un numero più ampio.
D’altra parte, osserva il Cdr del Messaggero, è ancora in corso lo stato di crisi che aveva portato all’uscita dal giornale di 29 giornalisti e che tre anni fa in base al precedente accordo circa 50 giornalisti erano andati a casa sotto varie forme. Il sindacato chiede in sostanza il ritiro dei licenziamenti e l’avvio di una nuova fase di relazioni sindacali che possa consentire il rilancio del prodotto editoriale e risolvere le questioni del lavoro domenicale e festivo e dei compensi dei collaboratori (già ridotti ai minimi termini).
Di nuovo delicata la situazione gestionale all’ex giornale del Partito democratico. L’Unità non è nuova alle difficoltà. I giornalisti nel corso di un’assemblea alla quale hanno partecipato il presidente della Fnsi Giovanni Rossi e il vice dell’associazione romana hanno deciso come forma di protesta il ritiro delle firme per denunciare il comportamento dell’azienda e dell’editore Matteo Fago, fatto di continui rinvii sulle decisioni che riguardano il giornale mentre i lavoratori continuano a garantire l’uscita del quotidiano. L’ultimo stipendio percepito è stato quello del mese di marzo e quindi sarebbe stato troppo oneroso effettuare un’altra giornata di sciopero. Secondo i sindacati c’è di nuovo il pericolo di disegni che portino al fallimento e alla chiusura dell’Unità. Negli ultimi giorni c’è stata anche la solidarietà del Partito democratico e della Cgil, ma la solidarietà espressa a parole, dicono, deve tradursi in atti concreti e coerenti.
Le cose non vanno bene nemmeno al Giornale diretto da Alessandro Sallusti. La casa editrice SEE di Paolo Berlusconi ha chiuso il bilancio 2013 con i conti in rosso, un passivo cioè di 3,5 milioni. Il trend non è cambiato in questi primi cinque mesi dell’anno a causa anche della mancata ripresa degli introiti della pubblicità. L’annuncio al comitato di redazione è stato quello di dover ricorrere ad un nuovo piano d’emergenza che prevede entro la fine dell’anno il prepensionamento di 23 giornalisti su un organico di 90 e il ricorso di un giorno di cassa integrazione ogni tre mesi. In base all’accordo sottoscritto nella sede Fieg di Milano il verbale sarà sottoposto all’approvazione del ministero del Lavoro.
Il quadro fotografato dalla Fieg nell’ultimo rapporto evidenzia che nel 2013 il fatturato pubblicitario dei quotidiani è sceso ancora del 19,4 per cento. Negli ultimi due anni circa 60 tra giornali e periodici hanno fatto ricorso alla cassa integrazione straordinaria, con il conseguente ricorso ai contratti di solidarietà, all’indennità di disoccupazione e al prepensionamento per circa 200 giornalisti. Queste emergenze hanno assorbito tutti i finanziamenti statali previsti dalla legge n. 416 del 1981 fino a tutto il 2015. E mentre il negoziato per il rinnovo del contratto conosce una fase di stasi, il presidente della Fieg e dell’Ansa, il giornalista Giulio Anselmi, ha annunciato di aver esaurito il suo mandato e lascerà al più presto l’incarico di presidente degli editori.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:07