
Gli ottanta euro, le riforme costituzionali a febbraio, il lavoro a marzo, la riforma della PA ad aprile, il fisco a maggio, la giustizia a giugno, i pagamenti di tutti i debiti della PA subito, #Cambiaverso, #lasvoltabuona, #amicigufi, #comeuntreno.
Quant’è bravo Matteo Renzi a spargere ottimismo di maniera (pericoloso per chi ci crede), ovviamente prima degli appuntamenti elettorali. Dopo resterà il niente, qualche legge delega, molti buoni propositi, qualche testo presentato in bozza solo alla stampa e le famose slides sparite dal sito del Governo (forse per la vergogna). La gente non ha tempo, non ha memoria, ricorda l’annuncio e mica verifica se le cose sono state fatte. Prova ne siano i famosi 80 euro con cui si farebbe spesa per due settimane: è vero che qualche italiano te lo compri con poco ma, a voler essere rigorosi, bisognerebbe ricordare che, secondo l’Istat (dati 2012), la spesa delle famiglie per bevande e alimenti è pari a 234,16 euro ogni due settimane per cui, quand’anche gli 80 euro dovessero arrivare (ad una piccola platea in verità), essi sarebbero poco più di una mancetta elettorale. Molti dicono che è meglio di niente, io dico che mancano le coperture, che esse saranno a carico dei contribuenti, che quei miliardi (se esistono) potevano essere investiti in un generalizzato abbassamento della pressione fiscale, che sono stati utilizzati male ed a fini elettorali e che quindi vi è un danno erariale.
Questo è solo un esempio che la dice lunga sulla spregiudicatezza di un Premier che sembrava marciare come un treno quando si trattava di promettere ma che sotto elezioni, quando si trattava di “quagliare”, ha pensato bene di frenare ed arrivare in ritardo come tutti i treni che si rispettano. D’altronde i treni arrivavano in orario solo in un ben determinato periodo storico, che non si addice ad uno del Partito democratico. Sembrava andare tutto bene, si poteva inneggiare alla fiducia, alla svolta ed ai soliti timidi ed opinabili segnali di ripresa da sbattere in faccia ai disfattisti che tifano crisi. Peccato che a guastare la festa siano arrivati i dati Istat: nuovo record del debito pubblico, produzione industriale calata dello 0,4% su base annua, export calato dello 0,8% su base mensile (terzo calo consecutivo), Pil a -0,1% rispetto al trimestre precedente e con previsioni a tendere di -0,2% (il minimo negli ultimi 14 anni), entrate tributarie e contributive trimestrali calate dello 0,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e uno spread in salita.
Anche operatori specializzati come Nomisma parlano di un Paese tecnicamente in stagnazione con esigui margini di manovra, mentre gli economisti di Intesa San Paolo descrivono una situazione con consistenti rischi di decrescita e con importanti divergenze tra i dati reali ed i principali indici di fiducia. Si trattava di indici che esprimevano il clima di fiducia o indici di illusione generati da qualche balordo governante? Non ce lo diranno certo in campagna elettorale, ma la situazione è preoccupante visto che tutto l’impianto del Def è basato su un piano di riforme inattuato e su una previsione di crescita dell’economia. Venendo a mancare la dinamicità, cala il castello su cui il Governo aveva ipotizzato la politica economica del Paese. Ciò significa che sarà necessaria una manovra aggiuntiva che deprimerà mortalmente la situazione a meno che... e qui c’è la notizia: la notizia si chiama Esa2010.
Il Premier tace astutamente ma da settembre sarà in vigore il nuovo sistema di contabilità pubblica denominato Esa. Esso consentirà di contabilizzare alcune spese come investimenti non rientranti nel debito pubblico e di ricomprendere nel Pil alcune voci che fino ad oggi non ne facevano parte. Si tratta di un artificio contabile in grado di ritoccare al ribasso il calcolo del debito pubblico ed al rialzo il prodotto interno lordo. A parità di situazione economica quindi, i dati saranno “legalmente dopati” e permettendo all’attuale Premier di potersi attribuire il merito storico di aver risolto tutti i problemi italiani, tacendo sul fatto che si tratta solo di un diverso favorevole sistema di calcolo dei valori macroeconomici.
L’economia resterà al palo ma i dati mostreranno un’altra storia. Capito perché il furbo rallenta? Chiaro adesso perché non viaggia più come un treno? I dati gli faranno gioco, la propaganda avrà tanta guazza, il ministro Padoan potrà affermare di aver fatto stime fin troppo prudenti intestandosi la positiva sorpresa nei dati, mentre l’economia reale... ah già, quella non interessa a nessuno.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:19