
Per chi votare? È la domanda che gli italiani si stanno facendo in un’accelerazione moltiplicata ora dopo ora. Nell’attesa-scongiuro del 25 maggio. Mai stato così. Mai il “per chi votare?” aveva sorpassato, nella chiacchiera quotidiana, il “ma figurati se vado a votare!”. Che cos’è successo, in questa Penisola di apolidi, per smontare il dilemma comune ad ogni sedicente “democrazia”: votazione vs astensione?
Probabilmente ogni italiano lo sa e potrebbe rispondersi da solo, senza chiedere al primo compagno di bar o d’ufficio o di disoccupazione, ma vuole sentirselo dire. Noi proveremo a dirlo così: settant’anni di perfezionamento democratico hanno definitivamente cancellato quello che fu il popolo italiano e la sua antropologia culturale: i campanili, le fazioni. E via via le cosiddette ideologie, i partiti politici, le postmoderne appartenenze. E, giù in fondo, le certezze della convenienza a “stare con questo o con quello”. Perfino il mitico “voto di scambio” non ha resistito alla disperata domanda di… contare qualcosa grazie al contare su qualcuno.
Per chi votare? Sì, perché il “piuttosto vado al mare” è ancora una scelta, una scelta di speranza, di illusione di libertà, di esistenza sociale. E allora tutti noi – quanti siamo, 40 milioni? insomma tutti – paralizziamo i nostri giorni residui mentre ci scorrono davanti, nell’insensato montaggio ad effetti speciali, le maschere senza volto dei questuanti, di quella auto-selezione di responsabili del nostro futuro, didascalizzate dal giuramento di “salvare le nostre vite”, beninteso a condizione che noi salviamo il loro futuro. La dolente maschera dell’uomo più masoch-sadizzato della Repubblica riesce a stento a far uscire parole paterne & fraterne dalla tormentata baùtta del lifting. L’adolescenziale dinamismo del furetto-alla-mano dotato di santi in paradiso e diavoli in famiglia, va oltre la rassicurazione: scandisce le ore in cui raderà, poi doccerà, poi massaggerà, poi stringerà la mano, poi… insomma ci penserà lui.
I buoni – democraticamente garanti – innalzano bandiere senza stimmate, rassicurando le masse popolari che mai verrà meno il “loro impegno” mussaro, penato e gregante. Il tumido labbro innalza ad altezza finiana i suoi pugnetti stretti nella promessa che mai lascerà la sua postazione in trincea. E, mentre scorrono scarti umani di prime e seconde e quant’altre “Repubbliche virtuali”, muniti di badges o gagliardetti o fiocchi protési alla soglia del 4%... Avanza lui, il mascherato professionale. Colui che guiderà la audience al botteghino d’Italia-Europa-mondo.
Sul Colle intanto una clone, italica gemella di sua maestà la Regina d’Inghilterra, pronta ricambia il pannolone al garante supremo, tra un monito e un non-so. Ma… io, per chi voto? Dove vado a rinnovare la carta d’identità se non so che nome dare all’anagrafe? E dove ho messo la tessera elettorale? Che non si usa più da anni immemorabili. Eppure devo trovarla, essa, ultimo by-pass dell’illusione dei nostri padri, la Democrazia.
La Democrazia? Con quante zeta si scrive? Più o meno di Costituzione?
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:03