La peste informativa dei mercanti del fango

Titoli in prima, presunti scandali, silenzi colpevoli, racconti partigiani, articoli commissionati dagli amici degli amici, marchette a go go, il fascino discreto del pressappoco, del non detto o del detto troppo, oltre ogni ragionevole dubbio, un vero mercato del falso, un prodotto informativo contraffatto, frutto di piaceri reciproci, di corrotti sodalizi, questo è il mercato dell’informazione italiana.

Giornalisti al servizio dei padroni-editori, pronti a corrompersi per una Montblanc, “pezzi” da vomito, preaffrancati, scritti sotto dettatura del committente del momento, passati per verità incontrovertibili. Non i mercanti del Tempio, ma i mercanti del fango, che inquinano le coscienze dei lettori e telespettatori. Per poi presentarsi in video con la vocazione del pubblico ministero di periferia e del pistolero con la pistola ad acqua, appagati e tronfi dell’applauso pagato a basso salario. Una noia mortale, ma i figuranti applaudono, anche quando il detrattore tace e guarda nel vuoto fiero dell’atto eroico, per la conquista di un fatturato elettorale di poco conto.

Leggo sul “Corriere della Sera” del 12 maggio 2014, nella cronaca di Roma, un articolo dal titolo “Processo al presidente degli avvocati” e nell’occhiello “il pm verso la richiesta di rinvio a giudizio: abuso d’ufficio per una consulenza”, a firma di un certo Giulio De Santis, il quale ci parla di “conflitto di interessi” di “abuso di ufficio”, dopo la chiusura dell’indagine disposta dal pubblico ministero Francesco Dall’Olio. Per la cronaca, al dottor Dall’Olio ho presentato una querela per firma falsa sporta nel lontano 21 ottobre 2011, a causa della quale la madre di un minore, da anni perseguitata dall’ex marito, ha dovuto subire anche tutti i comprensibili effetti negativi di una firma apocrifa posta sulla richiesta di un finanziamento erogato dalla banca per l’acquisto dell’ex di un’auto usata. La banca ha richiesto il pagamento delle rate in sofferenza alla madre, in quanto in base alla firma falsa risulterebbe coobbligata, ma la querelante non ha mai apposto la propria firma su detto contratto. L’apposizione della firma falsa ha impedito alla danneggiata di poter ottenere dei finanziamenti, risultando soggetto con valutazione negativa del merito creditizio. Gli effetti negativi dell’impossibilità di accesso al credito e dell’ingiusta posizione di soggetto non solvibile sono stati maggiormente pesanti e devastanti sulle condizioni di esistenza della querelante, considerato che è separata con un figlio di sette anni e non riceve dall’ex marito alcun sostegno economico, oltre ad essere stata reiteratamente malmenata, aggredita alla presenza del figlio. Ad oggi non si sa nulla della querela.

In data 25 marzo 2014, sempre per questo caso di violenza di genere nei confronti della madre e del delizioso figlio minore, ho inviato un j’accuse al Presidente della Repubblica, a quello del Consiglio, a tutti i ministri e sottosegretari, come pure a tutti i direttori di giornali e delle maggiori trasmissioni televisive del cosiddetto intrattenimento politico-giudiziario. Nessuno ha risposto, nessuno ha scritto due righe. Non si tratta di aprire un fascicolo sull’ospitalità accordata a Matteo Renzi da un amico; non si tratta della telefonata ad un vecchio amico della Cancellieri; non si tratta di qualche espressione colorita dell’ex ministro De Girolamo; si trattava proprio di conflitto di interessi, di abuso di ufficio, di perizia falsa, di violenza privata nei confronti di una madre e di un bambino, torturati dalla consulente tecnica d’ufficio (Ctu, nominata dall’Autorità giudiziaria), psicologa forense, e dai suoi solidali nell’ipotesi di esecuzione di un disegno criminale. Anche in questo caso si tratta di semplici indagati, ma il silenzio è stato tombale, come i condoni.

Il difensore dell’ex marito è il legale di fiducia della associazione dove la nominata Ctu risulta membro effettivo da anni e il consulente tecnico di parte (Ctp) della stessa parte avversa lavora da anni con la Ctu per la formazione di nuovi psicologi. Non c’è conflitto di interessi, abuso di ufficio (il Ctu è un pubblico ufficiale)? Al primo incontro con la madre del minore, dopo soli 30 minuti, la periziante decreta: “Signora lei è confusa, avrebbe bisogno di un supporto psicologico per mettere ordine al suo passato”. Dopo due incontri di due ore ha imposto al minore, contro la sua volontà, l’incontro con il padre, pensando di riuscire nel miracolo e quando l’incontro ha evidenziato l’insuccesso (era molto velleitario pensare di azzerare due anni di conflitti carichi di sangue versato), allora la consulente ha dovuto ricorrere ad un estremo tentativo, impiegando tutto il suo potere di Ctu. Ha preso da parte la madre del bambino, l’ha ben minacciata, l’ha costretta ad agire secondo il suo volere; l’ha minacciata di un male ingiusto che avrebbe avuto conseguenze sul figlio e l’ha usata contro il minore, obbligando la madre ad imporre al figlio di incontrare il padre proprio nel luogo meno adatto, in quanto il minore fuori dal suo ambiente di elezione (casa, scuola, ambito dei giochi) si trovava già in una condizione emotiva di profonda difficoltà. Questa non è violenza privata?

I nostri ieratici accusatori della informazione, non ultimi quelli a posto fisso presso il Corriere della Sera, continuano a svolgere la loro penosa mansione di dipendenti, sognando di essere liberi da condizionamenti, discettando sui principi e sulle regole in cerca di alleati tra politici da mercatini rionali, professionalmente analfabeti, dimenticando di aver praticato lunghe anticamere per lesinare un posto di prestigio, cercando alleati tra esperti fai-da-te, tra attori, cantanti, showgirl, ballerine, passamicrofoni di provata fede. La somatizzazione dell’idiozia genera uno scontro eterno tra accuse reciproche, tra personale informativo e politico di diversa estrazione alla ricerca di un primato per diffamatori, accusatori e patetici difensori della parte offesa ora da una parte ora dall’altra.

I maestri formatori dell’opinione pubblica, giornalisti prêt-à-porter, ingessati nel rigore borghese del carattere sacramentale e oggettivo della loro informazione, inseguono la corsa al primato personale tra contendenti agguerriti e ospiti d’onore. Mettono in scena una specie di dopo partita, una rivisitazione amplificata del “Processo del lunedì” dove si parla invece che di filosofia del calcio, di reati che non conoscono, di procedure che ignorano, di sesso a pagamento, di iscrizioni alle primarie, di mercato degli acquisti di deputati e senatori, di puttanieri e uomini casti, di discontinuità e continuità. Il risultato comporta di mettere sotto accusa gran parte dell’intero corpo dell’informazione, di porre un freno all’accumulo della merce contraffatta, dell’esondazione del fango. Una parata cimiteriale, un défilé vagamente mortuario, di idiozie persecutorie, una redditizia lottizzazione della chiacchiera. Diritti archiviati, mortificati; doveri respinti, disattesi. E tutto questo è diseducativo per il cittadino, che rinuncia al corretto esercizio dei propri diritti, sospinto fuori dal contesto della legalità alla ricerca di improprie e rapide soluzioni, mentre favorisce l’uso della via giudiziaria da parte di squallidi personaggi, forti di poter perseguire i loro meschini interessi particolari di piccolo potere, di lotta politica, di vendetta, avvalendosi della delazione, della falsa denuncia, della frode giudiziaria, che tentano di capitalizzare una visibilità ignorante, spinti da una senile cupidigia di potere.

Cosa diciamo alla madre che ha visto violentare il suo bambino e che oltre a non aver avuto giustizia, nessuno dà credito, mutilata del vergognoso silenzio di quelli che dovrebbero denunciare ed informare?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:07