
Tutte queste notizie di cronaca giudiziaria - da Scajola a Greganti - se interpretate semiologicamente, hanno un solo significato: la fazione della Magistratura che governa l’Italia sta per sferrare l’attacco finale per impedire che qualche cambiamento possa essere diretto contro l’Ordinamento giudiziario. Fino a quando gli italiani saranno divisi dall’odio alimentato, per anni, dai comunisti che hanno strumentalizzato gli eccidi di presunti eroi partigiani (usando ancora oggi un antifascismo di maniera), in Italia non vi sarà pace politica e le istituzioni continueranno ad essere gestite “giudiziariamente” con grave pregiudizio degli italiani. Fino a quando questa Carta Costituzionale, figlia di quell’odio represso, ma fortemente voluta da Togliatti e De Gasperi, non verrà modificata e riproposta nel segno di una maggiore partecipazione popolare alla vita politica, gli italiani saranno vittime e schiavi di un imperfetto sistema apparentemente gestito da tre poteri.
Per anni, prima i comunisti e poi gli ex comunisti hanno somministrato agli italiani fortissime dosi di giustizialismo, facendo apparire che gli unici a poter parlare di legalità per insegnarla agli italiani fossero i giudici. “La Rete” di Leoluca Orlando venne creata con questo scopo ed ottenne allora il viatico da magistrati che attualmente ricoprono autorevoli “poltrone” nell’Ordinamento giudiziario. Dopo che una buona parte del popolo italiano è stato ammansito con massicce dosi di manette ed inchieste giudiziarie (moltissime delle quali sono risultate alla fine inconsistenti), ora, per tenerne desta l’attenzione e calmarne gli appetiti per distoglierlo dalla visione dei veri problemi, la Magistratura tenta di ricreare il clima in cui nacquero “Mani pulite” e Tangentopoli, consapevole della circolazione di idee nuove foriere di cambiamento.
È in atto, quindi, un attacco senza precedenti contro la politica, proprio ora che la politica ha mostrato una timida volontà di cambiamento. Il presidente del Senato, “messo lì nella vigna a far da palo”, si sta opponendo e neanche timidamente, ma apertamente al tentativo di cambiamento.
La Magistratura che aveva facile gioco nell’attaccare Silvio Berlusconi, il quale aveva osato parlare di modifica dell’Ordinamento giudiziario, oggi non può ripetere il gioco con Matteo Renzi, il quale è espressione di quel Partito Democratico che aveva avallato le sue performances antiberlusconiane, ma che rischia di dissolversi se il Premier dovesse fallire. Dunque la Magistratura, stretta nell’angolo da Renzi e dalla voglia di cambiamento del popolo italiano, è costretta a inventarsi una manovra diversiva per incastrare in una tenaglia Renzi e il Pd, ritenendo il berlusconismo concluso. La sua nuova arma si chiama Beppe Grillo, bandiera del nuovo populismo manettaro che si propone come salvatore di una Patria infestata da banditi e briganti che hanno derubato gli italiani, mentre egli restituisce agli italiani il maltolto.
La stessa ventata di antieuropeismo preoccupa moltissimo la Magistratura, che sa perfettamente che se la morsa dell’Europa si allentasse, questa classe politica che fino ad oggi l’ha sorretta, soprattutto con lautissimi stipendi e prebende, crollerebbe e i nuovi politici sarebbero inattaccabili sul piano morale. Da qui nasce la nuova spettacolarizzazione della Giustizia, ma sul palco ci sono sempre gli stessi attori e sono quei pochi che fanno il bello e il cattivo tempo in Italia, perché la maggior parte dei magistrati non si occupano di spettacolo e lavorano in trincea ogni giorno.
Essere in prima pagina sui giornali o sul piccolo schermo ogni giorno dà notorietà e la fama porta ricchezze prebende. La politica paga il prezzo di una società votata all’immagine, all’avere e non all’essere.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:16