
Liberare la cultura dall’apatia e dall’indifferenza generali è un’aspirazione nuova ed antica, soprattutto per l’Italia, che per storia, geografia e arte è simbolo della cultura nel mondo. Nelle menti degli italiani quest’idea si identifica nella realtà dei costi improduttivi e parassitari imposti dall’intellighenzia. Così, incredibilmente, patrimonio artistico e naturalistico si fanno per molti tassa e ostacolo allo sviluppo. Edoardo Sylos Labini ha lanciato lo slogan “Liberiamo la Cultura!”. E chiede di farlo adesso. È l’impegno con cui ha assunto l’incarico di responsabile del Dipartimento nazionale Cultura di Forza Italia.
Un cammino sicuramente in salita, al quale si oppone un diffuso pessimismo nutrito dagli addetti ai lavori verso sia la cultura sia il partito di Forza Italia. Sono passati più di 10 anni dal precedente manifesto di FI sulla cultura. Anche allora si parlava di liberarla. Lo chiedevano Adornato, Alberoni, Baget Bozzo, Bondi, Bosetti, Brunetta, Coletti, Farina, La Malfa, Petroni, Portoghesi, Selva, Sgarbi. Più o meno illustri e noti, tra i quali chi è scomparso, chi se n’è andato e chi c’è sempre. Il tuo nuovo slogan non è dissimile. Cosa è cambiato da allora?
In Forza Italia si sono occupati di cultura sempre addetti alla politica. Chi proveniva dalla cultura, si è fatto assimilare dal palazzo. Vengo dal teatro, da un mondo per il quale la cultura è lavoro e la sua liberazione una necessità vitale. I nomi dei componenti della mia squadra parlano da soli. Il vice Bertollini del Teatro Dal Verme, Piersanti, cioè Istituto Luce e Cinecittà, Aricò, l’ultimo legittimo direttore del Teatro Valle, il pianista Carusi, Crespi, il critico del bluff dell’arte contemporanea e Gaddi, trait d’union tra economia e cultura. Solo la cultura può liberare se stessa.
E di te che dici? Attore, autore, produttore, organizzatore, giornalista, ora politico. Una figura poliedrica che magari sfugge ad una definizione precisa.
La mia famiglia votava Msi e poi An, al contrario dei Sylos Labini del noto economista liberalsocialista (Paolo, ndr). Negli anni, come è successo a molti, mi sono sentito sempre più vicino a Forza Italia, man mano che si facevano incessanti, anche nei contesti più inopportuni, le accuse più svariate. Io vengo da una delle realtà industriali laziali, come Pomezia, a lungo finanziate come aree a declino industriale. Non proprio il luogo cui si associno bellezza e cultura. Eppure nel Festival “Il mito di Enea” le spiagge di Torvaianica, immaginario collettivo “della bruttezza” sono tornate quelle di Lavinium, fondata dall’eroe troiano. Ci portai Lavia, la Guerritore, Tognazzi e la Di Martino. Allora ho capito che volontà, costanza ed impegno fanno raggiungere gli obiettivi più difficili, come l’aspirazione alla bellezza, intesa come nell’antichità, armonia e spirito di perfezione. All’estero, d’altronde, la bellezza è il segno della nostra economia.
Edoardo Sylos Labini è da fine marzo 2014, il neo responsabile del Dipartimento Cultura di Forza Italia. Romano 43enne della provincia industriale, attore e autore teatrale, protagonista di fiction di successo (“Vivere”, “Incantesimo” 9 e 10, “Le tre rose di Eva”),inventore della sperimentazione scenica del Disco Teatro e Disco Risorgimento, ha reinterpretato Mazzini, Italo Balbo, Marinetti e fatto dell’opera teatrale “Gabriele d’Annunzio, tra amori e battaglie” un e-book multimediale. Già direttore del Festival “Il mito di Enea”, lo è ora del web-magazine “GiornaleOff”. Non è parente dell’economista Paolo Sylos Labini, il cui figlio Francesco al Cnr si dedica dal Fatto ai problemi della ricerca. È invece marito di Luna, figlia di Paolo, fratello di Berlusconi.
Vittoria culturale di FI – Beauty divide
Come il mio nome venne accostato a quello di Silvio Berlusconi, mi si chiusero tutte le porte. Paradossale, no? Se si pensa a chi lo ritrae come il padrone della nazione. Berlusconi è il nostro più importante esponente di cultura. Non è una frase fatta. Chi è il più importante editore di libri, cinema, giornali, tivù? Che ne ha fatto ricchezza per tutti e non debiti da pagare? La dimostrazione concreta che la cultura è insieme lavoro, profitto, risorse. Che la principale risorsa italiana è la bellezza. Noi puntiamo ad una alfabetizzazione massiva della bellezza, alla divulgazione nelle scuole, in televisione, sul web. Per superare la beauty divide che separa l’Italia dagli italiani.
All’estero l’Italia oggi in effetti è “la grande bellezza”, che può essere intesa molto bene o molto male.
Molti della mia parte si sono irritati per gli 11 milioni di finanziamento al film, ennesima espressione della sinistra. Invece ho apprezzato l’opera di Paolo Sorrentino, un grande successo italiano premiato nella maggiore kermesse internazionale del settore. E non solo per questo. Il film è ammirazione per la bellezza di Roma. Poi è un’enorme autocritica, la spaventosa, crudele messa a nudo di cognomi illustri del mondo partitico culturale, che non a caso poi hanno trovato ossequiosa difesa messa in scena da un politico improbabilmente prestato alla regia. Se voleva essere il 100° film antiberlusconiano, ha fallito perché ha rappresentato la nostra vittoria culturale, quella dei fautori della libertà. Le cariatidi dell’antiberlusconismo hanno rovesciato le proprie idee come un calzino. Cercano di appropriarsi dei valori che odiavano: patria, volontà d’impresa, stabilità sociale, libertà, occidente, creatività individuale, meno presenza pubblica, addirittura, presidenzialismo. All’inizio Berlusconi era l’antidemocrazia come anticomunista; ora lo è come illiberale. Se non è una vittoria culturale questa. (continua)
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:10