
Lo scatenarsi all’unisono della richiesta di revoca dei servizi sociali applicati a Silvio Berlusconi essendo superiore ai settant’anni e avendo avuto una condanna che prevede tale applicazione, così come avviene per qualsiasi altro cittadino del nostro Paese che sia stato condannato ad una pena (o abbia un residuo) inferiore ai 3 anni, è il classico esempio di convergenza di soggetti diversi che chiedono a gran voce la stessa cosa ma mossi da motivazioni totalmente differenti. Nel caso specifico si sono coagulati nell’impresa ben tre diverse categorie di soggetti che sono interessate ad ottenere una revisione, in negativo, dell’affidamento ai servizi sociali. Si va, infatti, dagli interessi diretti e di bottega che stanno alla base della richiesta tesa a tacitare il Cavaliere; agli interessi politici di chi si preoccupa di non perdere, per l’ennesima volta, il calesse giusto per raggiungere il tanto desiderato palazzo d’inverno; fino ad essere spalleggiati da quanti si sono mossi solo perché animati da un odio viscerale nei confronti di Berlusconi.
Alla prima categoria appartengono soprattutto quei magistrati, rappresentati da Magistratura Democratica, che avendo occupato ormai il vuoto lasciato da una politica imbelle e incapace di difendere, finora, la divisione dei poteri, non intendono perdere quanto conquistato e vogliono zittire chi si dimostra capace di capovolgere una “partita” ed è, comunque, impegnato sul fronte delle riforme tra le quali vi è la madre di tutte le riforme, cioè quella della giustizia giusta. Riforma che può far ritornare nel proprio recinto quel potere giudiziario che in questi anni ha rotto gli argini e mette lingua sulle leggi in discussione al Parlamento e anche sulle scelte governative. La cosa incredibile è rappresentata dall’attacco a Berlusconi che si permetterebbe di fare, né più né meno, che quello che fanno loro stessi, cioè la critica a quanto deciso dai magistrati.
Alla seconda aggregazione appartengono invece i politici della sinistra che il terremoto Renzi aveva dato l’impressione d’aver messo a tacere e che invece si sono risvegliati dal sonno ridando vita alla giostra che per anni hanno fatto girare non essendo in grado di enucleare una politica capace di contrastare l’avversario che hanno sempre considerato un nemico da abbattere e che, per questo obiettivo, hanno usato retroattivamente, senza vergogna, una legge palesemente incostituzionale.
Dulcis in fundo trovansi gli intellettuali, o presunti tali, i radical chic, i frequentatori dei salotti “de noantri de sinistra”, quelli, per intenderci, che si sentono scorrettamente “politically correct”, condizionati e accomunati da un odio senza freni che, lo psichiatra Vittorino Andreoli bolla come “sentimento che, sia nell’individuo che nella società, modifica il comportamento e porta ad azioni estreme... e che… nasce da una ingiustizia o da una frustrazione”. Non so quanti di loro abbiano avuto il detonatore del loro odio in una qualche ingiustizia che, forse, hanno potuto subire da parte del Cavaliere che notoriamente, come tutti sanno, non è insensibile alle richieste d’aiuto, finanziarie o d’altro genere, che gli potessero venire avanzate.
Siamo quindi costretti a indirizzarci sulla frustrazione o sull’invidia che hanno potuto giocare, alla pattuglia degli odiatori, un brutto tiro. È illuminante leggere le definizioni sul Sabatini Coletti. L’invidia è definita come un “sentimento astioso che una persona ha verso altri, e specialmente verso ciò che reputa il loro pregio o le loro fortune: per cui si può morire d’invidia o rodersi dall’invidia”, mentre la frustrazione è catalogata come la “delusione per il mancato appagamento di un’aspettativa; sensazione di inutilità, di umiliazione”. Mai, come nel caso di alcuni personaggi, la definizione calza a pennello.
Ma se la difesa di posizioni acquisite, la stura a vecchi modi di fare politica e l’odio dispensato a piene mani, fanno venire il voltastomaco, va sottolineato il fatto che contemporaneamente dimostrano che il Cavaliere fa ancora paura ed è una risorsa per il popolo moderato. La canea che si è scatenata dimostra senza alcun dubbio che il leader di Forza Italia non è fuori gioco per nulla. Se lo fosse, gli odiatori e tutti gli altri sarebbero solo degli emeriti imbecilli, impegnati solo a fare i maramaldi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:03