
Il nodo dei problemi, che vale come fatto di principio, è che quando in un Paese esiste un antagonismo così forte fra Stato e cittadini, una sfiducia così elevata fra la gente e la politica, un’inimicizia tanto profonda fra persone e amministrazione, o si procede con un’operazione di riconciliazione e pacificazione o si rischia il peggio.
Solo in un Paese rigenerato nelle considerazioni degli elettori, rivalutato nella stima delle famiglie, riaccreditato nell’apprezzamento della massa, è possibile pensare di cambiare per ripartire sul nuovo. Quale ragionamento può valere fra chi si combatte, quale soluzione può esserci fra chi invade e chi si sente invaso, sfruttato, imbrogliato? Ovviamente nessuna e in Italia è esattamente così. Da troppi anni si chiedono sacrifici, mentre si legge di scandali e ruberie. Da troppi anni si impongono rinunce, mentre si spende e spreca, da troppi anni si obbliga a privazioni, mentre si dissipa e sperpera in allegria. Da troppo tempo l’Italia e gli italiani sono sottoposti ad uno stress fiscale, sociale, economico e burocratico da rendere insopportabile non solo la vita quotidiana ma ogni atto, anche il più elementare, della politica e dei politici.
Quando si perde credibilità, stima e onorabilità, e la si perde motivatamente e reiteratamente, o ci si approccia al popolo con la cenere sul capo tendendo una mano, oppure si rischia davvero grosso. Il nostro paradosso è questo: l’Italia è stata devastata da una classe dirigente che da 20/30 anni ne ha combinate di tutti i colori, civilmente e penalmente, riducendo al lumicino, con la complicità delle crisi, aziende, famiglie e contribuenti e oggi anziché scusarsi e proporre un patto di pace fa la boriosa e l’insofferente. Anziché abbassare le tasse, risolvere bonariamente i contenziosi, agevolare il credito, rendersi disponibile, transare le dispute e stroncare gli abusi di potere e di burocrazia, promette, millanta e accusa. Roba da matti! Siamo gufi, malelingue, infedeli, intolleranti e quant’altro, siamo ipocriti perché non ci rendiamo conto di quanta fatica stia facendo il Governo per venirci incontro e alleviarci pene e sofferenze. Siamo ingiusti giacché non rendiamo atto a Matteo Renzi degli 80 euro e delle straordinarie e salvifiche novità che ci ha regalato. Con quale criterio si è stabilito a chi dare e a chi non dare? Perché la vergogna della Tasi sulla prima casa sì e la rinuncia agli F-35, che valgono più di altrettanto, no? Perché turlupinare i risparmi di tante brave famiglie sì e ridurre drasticamente le missioni militari, che costano più di altrettanto, no?
Come se non bastasse ci dicono che tutto va migliorando, che i consumi saliranno per le nostre maggiori disponibilità, che i conti sono più che a posto e che il jobs act darà lavoro in quantità. Tutto questo non pacifica, non rasserena e non riporta fiducia fra politica e contribuenti, anzi! Infatti, l’esasperazione cresce e Grillo lo dimostra, la rabbia aumenta e le piazze lo testimoniano, l’inimicizia esplode e il Veneto lo conferma. In giro c’è aria di insofferenza, di rivolta, di disobbedienza, di rabbia e protesta sociale, civile, fiscale e burocratica. E se i conti non dovessero tornare sarebbero problemi grossi! Per evitare tutto ciò, dunque, si torni al buon senso, si torni al coraggio di capire e di andare incontro alla gente, si torni alla comprensione delle emergenze. Si può e si deve fare, gli italiani non aspettano altro per ripartire con le maniche rimboccate e avere fiducia in un futuro migliore. C’è ancora tempo, se si volesse farlo, tutto sommato non sarebbe così difficile e aprirebbe, sul serio, una nuova pagina.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:07