L’ex ministro Scajola arrestato dalla Dia

La Dia ha arrestato l’ex ministro Claudio Scajola con l’accusa di aver cercato di fare uscire Amedeo Matacena da Dubai per raggiungere il Libano, dove sarebbe stato al sicuro dall’arresto per concorso esterno in associazione mafiosa. Lo spostiamo in “un posto più sicuro e molto migliore, ma più vicino anche”. È questa una delle frasi pronunciate da Claudio Scajola in una conversazione telefonica con Chiara Rizzo, moglie di Matacena. La telefonata risale al 12 dicembre del 2013 alle ore 12.12. Nella conversazione, sostiene il giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria, emerge che “alcuni soggetti si stanno attivando per spostare Matacena da Dubai verso altro Stato”.

“Sconcertato e sconvolto”, così è apparso l’ex ministro agli uomini della Dia che l’hanno arrestato ieri all’alba in un albergo della Capitale in via Veneto. Scajola ha detto di non aspettarsi il provvedimento e ha chiesto di conoscerne le motivazioni. Scajola, dopo le formalità di rito per l’arresto, che si sono svolte nella sede operativa della Direzione investigativa antimafia a Roma, è stato trasferito nel carcere di Regina Coeli. Otto sono i provvedimenti complessivamente eseguiti. Tra gli arrestati figurano persone ritenute legate al noto imprenditore reggino ed ex parlamentare Amedeo Matacena, anch’egli colpito da provvedimento restrittivo insieme alla moglie Chiara Rizzo e alla madre Raffaella De Carolis. Matacena è latitante dopo una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa.

Scajola è stato arrestato perché avrebbe aiutato Matacena a sottrarsi alla cattura. Amedeo Matacena godeva e gode tuttora di una rete di complicità ad alti livelli grazie alla quale è riuscito a sottrarsi all’arresto”, ha affermato il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho. Matacena è un imprenditore, noto non solo in Calabria, figlio dell’omonimo armatore famoso per aver dato inizio al traghettamento nello Stretto di Messina e morto nell’agosto 2003. L’operazione che ha portato all’arresto di Scajola rientra nell'indagine “Breakfast”, che da più di due anni vede impegnata la Dia di Reggio Calabria nella ricerca dei reinvestimenti di capitali illeciti, movimentati dalla ‘ndrangheta in Italia ed all’estero. Oltre a Scajola e alla madre dell’imprenditore reggino Amedeo Matacena, figurano Martino Politi, Antonio Chillemi e la segretaria di Scajola, Roberta Sacco. Gli indagati sono accusati a vario titolo di aver, con la loro interposizione, agevolato Matacena ad occultare la reale titolarità e disponibilità dei suoi beni, nonché di aver favorito la sua latitanza all’estero. La Dia sta eseguendo perquisizioni in numerose regioni, oltre a sequestri di società commerciali italiane collegate a società estere, per un valore di circa 50 milioni di euro. Perquisizioni anche presso l’ufficio e la villa di Scajola a Imperia. Scajola ha già conosciuto il carcere. Finì in cella nel 1983 quando era in sindaco di Imperia.

È il 12 dicembre quando l’allora primo cittadino democristiano viene arrestato dai carabinieri con l’accusa di tentata concussione aggravata nell’ambito di un’inchiesta sugli appalti del Casinò di Sanremo. Il giorno dopo si dimette. Rimarrà due mesi nel carcere di San Vittore. In seguito verrà prosciolto dalle accuse e tornerà nuovamente sindaco della sua città.

“Non so per quali motivi sia stato arrestato, me ne spiaccio e ne sono addolorato - ha affermato Silvio Berlusconi - Scajola non è stato candidato in lista non perché si avesse sentore di un arresto ma perché avevamo commissionato un sondaggio su di lui che ci diceva che avremmo perso globalmente voti se lo avessimo candidato”.

Indagati anche per associazione segreta - Claudio Scajola, le altre sette persone arrestate e Vincenzo Speziali sono indagate dalla Dda di Reggio Calabria anche per associazione per delinquere e associazione mafiosa. È quanto si evince dal decreto di perquisizione nel quale si afferma che in concorso “con ulteriori soggetti il cui ruolo è in corso di compiuta ricostruzione, prendono parte ad un’associazione per delinquere segreta collegata alla ‘ndrangheta dal rapporto di interrelazione biunivoca al fine di estendere le potenzialità operative del sodalizio mafioso in campo nazionale ed internazionale”. Secondo i magistrati reggini, gli indagati, attraverso operazioni politiche, istituzionali ed economiche sono divenuti “il terminale di un complesso sistema criminale, in gran parte di natura occulta e operante anche in territorio estero, destinato inoltre ad acquisire e gestire informazioni riservate, fornite da numerosi soggetti in corso di individuazione collegati anche ad apparati istituzionali e canalizzate a favore degli altri componenti della ramificata organizzazione; a consentire il proficuo utilizzo delle notizie riservate al fine di dare concreta attuazione al programma criminoso dell'associazione per delinquere i cui componenti risultato portatori di interessi specifici tra loro concatenati ed interconnessi; gestire un’articolata struttura politico- imprenditoriale, riferibile alla predetta organizzazione mafiosa, interessata a mantenere inalterata la piena operatività di Matacena e della galassia imprenditoriale a lui riferibile utilizzata per schermare la vera natura delle relazioni politiche, istituzionali ed imprenditoriali dello stesso garantite a livello regionale, nazionale ed internazionale”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:14