
W il Primo Maggio! Quello autentico. Il vero Primo Maggio. Quello della gente del lavoro, non quello di chi sussume di rappresentarla, dichiarandosi erede di una tradizione che ha umiliato. Fino al punto in cui gli ultimi, più sinceri e autentici rappresentanti del mondo sindacale sono costretti a difendersi con le unghie e con i denti dai modernismi strumentali e senza senso del sindacalismo di mestiere, del professionismo sindacale ben pagato. Negli ultimi anni, nelle manifestazioni del Primo Maggio abbiamo visto molti musicisti, ma ben pochi operai. E, soprattutto, di manifestazione in manifestazione, di dichiarazione in dichiarazione, di salto in politica in salto in politica, abbiamo visto la perfetta incomprensione di quanto nel mondo del lavoro stava accadendo.
Bene: io chiedo a noi tutti qual è la differenza fra un operaio caduto sul lavoro, bruciato nella fabbrica dall’insolente incapace avidità altrui e un caduto per il lavoro, l’artigiano che si uccide umiliato, solo e disperato, vittima dell’insolenza di un direttore di banca e dell’avidità rapace di un non-Stato che affida a una Spa il monopolio dell’esazione fiscale.
Caduti sul lavoro e caduti per il lavoro. Voi che mi leggete, alzatevi in piedi. Per onorare entrambi. Per onorare gli operai vittime di compravendite di rami d’azienda affatto disinteressate al lavoro e alla produzione di ricchezza reale attraverso il lavoro, vittime di una perfetta mancanza di rispetto loro tributata da imprenditori che tali sono per asse ereditario e non per capacità. Per onorare quelle centinaia e centinaia, migliaia di piccoli e medi imprenditori che hanno speso ogni risparmio, dato tutto ciò che avevano in famiglia per non licenziare i propri dipendenti, per non lasciare le loro famiglie nel bisogno della disperazione. Dov’erano i presunti eredi della tradizione operaia, dov’erano coloro che di questo hanno fatto per anni vanto politico, giustificazione del proprio ruolo politico, dei propri privilegi politici, da cui negli stessi giorni non si è visto cadere dalle tasche nemmeno un piccolo centesimino, neanche nelle giornate di forte vento. Dov’è la solidarietà sociale, se non nei comportamenti quotidiani del nostro popolo, nelle famiglie in cui il geometra è fratello della parrucchiera, in cui il padre è artigiano e il figlio studia per diventare ingegnere, in cui la madre è costretta a diventare responsabile d’azienda pur di non chiudere, di non soggiacere al dominio ineguale del sistema bancario e finanziario, all’incomprensibilità rapace di un fisco finanziatore della corruzione pubblica, modernamente esercitata in forme legali… Di queste storture riparleremo e molto in altre occasioni.
Oggi vogliamo inneggiare al Primo Maggio. Vogliamo dire alla gente del lavoro che la loro festa non è morta, che non è vero che non esiste altro destino se non quello di essere ingannati da una retorica funzionale solo agli interessi di lor signori, che corrono solo e sempre laddove ci sono soldi pubblici da acquisire, così a sinistra come a destra come al centro. Esiste qualcosa d’altro, qualcosa di nuovo. La determinazione con la quale ricostruiremo in questo Paese la rappresentanza politica della gente del lavoro, attraverso cui restituiremo alle traiettorie confuse di solitudini inquiete una netta e chiara direzione di marcia. Verso una maggiore e autentica libertà, verso un’autentica uguaglianza delle opportunità e dei doveri, verso un lavoro che sappia onorare ogni progetto di vita. Avanti! W il Primo Maggio!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:14