
Tutto avremmo potuto immaginare tranne che l’attuale politica, i partiti e chi li rappresenta ci costringessero a dare ragione addirittura a Marco Follini.
Leggendo un’intervista a Clemente Mastella (Libero, sabato scorso) si è appreso che al politico di Ceppaloni, tra le tante telefonate di solidarietà da lui ricevute dopo il rinvio a giudizio per associazione a delinquere, ha espresso la sua vicinanza anche Follini il quale, nel corso della chiacchierata, ha tirato fuori una frase che ben rende (a nostro modestissimo giudizio) l’idea della situazione: “Il punto è che la giustizia – avrebbe sostenuto Follini nel corso della conversazione con l’ex leader dell’Udeur – è in difficoltà con l’opinione pubblica e se la deve prendere con chi è più in difficoltà di lei, cioè i politici”.
Come dare torto all’ex democristiano Giuseppe Follini, detto Marco? Anzi, si potrebbe anche tranquillamente asserire che la politica, oltre che con l’opinione pubblica, è in difficoltà anche con se stessa e cerca ogni giorno di “tirare a campare” anziché avere il coraggio di guardare “nelle palle degli occhi” il mondo che la circonda ed i suoi protagonisti.
E, non essendo capace (per un’autotutela oramai incomprensibile) di modificare la propria fastidiosa quotidianità, permette che sia il primo pm di passaggio a deciderne le sorti, le candidature, la composizione delle liste. Certa magistratura si comporta come agirebbe di notte una volpe in un pollaio: e, generalmente, è sempre la volpe che sceglie il pollaio, così come avviene del resto nell’altro caso.
La politica assiste passiva alla grossolana “invasione di campo” togata, perché è consapevole della propria incapacità/impossibilità a reagire: non ha le carte in regola (e quindi neppure la forza) per chiedere all’altro potere dello Stato il rispetto dei confini. Ma così seguitando non esisteranno più – o, quanto meno, saranno sempre più assottigliate – le certezze che sono alla base della nostra democrazia, quelle basate specialmente sul fatto che sia un voto a decidere le sorti di un partito o dei suoi rappresentanti, di un’amministrazione o di un Governo, e non un avviso di garanzia che spesso distrugge uomini e carriere, ma che poi si rivela essere un nulla di fatto e quindi uno strumento “politico”.
La politica ed i partiti (tutti, senza eccezione) devono mettersi in grado di respingere, a testa alta e senza paura, l’attacco ai loro pollai di quelle volpi che sembrano avere ogni giorno sempre più fame. Non è questione di rottamazione, ma solo di dignità.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:07