
Potrebbe anche non apparire la prima, ma secondo noi è l’emergenza nazionale per eccellenza. Parliamo dell’emergenza Giustizia, con i suoi errori, le sue incertezze, i suoi ritardi. Quando uno Stato non ne garantisce il corretto funzionamento, allora viene a mancare alla radice il fondamento del contratto sociale. La ragione prima che caratterizza la convivenza civile.
Ebbene, il motivo principale che impedisce oggi di ritenere la Giustizia in Italia immune dai vizi oramai endemici che tutti conosciamo, risiede nella semplice ragione che è la giustizia stessa a sottrarsi alla regola del controllo e della trasparenza. E si sa che quando ci si può sottrarre ai controlli ed alla vigilanza, diviene facile cadere in tentazione. La tentazione dell’onnipotenza, la certezza della pratica impunità.
I magistrati del caso Tortora, i responsabili di tanti errori o di semplici ritardi con danni spesso irreparabili per il cittadino fruitore del servizio Giustizia, non solo non pagano per i loro sbagli, ma proseguono nelle loro funzioni. Le statistiche sull’applicazione della cosiddetta “Legge Vassalli” sono addirittura desolanti e anche quelle sulle indennità per le ingiuste detenzioni subite dai cittadini di poco si discostano. Non è solo una “fissazione berlusconiana”, se anche l’Ocse non riconosce alla nostra Magistratura il possesso di standard accettabili di indipendenza e imparzialità.
E ancora, non è una fissazione berlusconiana la ragione per la quale siamo arrivati a questi livelli di inaccettabile e totale impunità. La ragione è il sistema di potere che ingessa e soffoca il requisito primario dell’imparzialità proprio dal di dentro degli uffici giudiziari! Parliamo delle regole che consentono in maniera capillare alle correnti organizzate e maggiormente politicizzate come “Magistratura Democratica” (Md) di occupare con i propri iscritti gli uffici di comando, i gangli del vero potere giudiziario. Uffici dove si decidono le sorti dei casi più scottanti, dove si debbono esercitare i dovuti controlli sui “colleghi” degli uffici giudiziari territorialmente confinanti. E come tale occupazione in pianta stabile del potere giudiziario si realizzi nei fatti è presto detto.
Tutto ciò è la diretta conseguenza e deriva da quel congegno detto dell’autogoverno della Magistratura, tanto caro e sbandierato da una certa parte politica: la sinistra ovviamente. Concetto da sempre al centro della grande mistificazione, finalizzata solamente a confondere il concetto di autogoverno della Magistratura con quello ben diverso al quale noi tutti aspiriamo di indipendenza della Magistratura, soprattutto di autonomia delle funzioni giudicanti. Quanto volte ci siamo detti: “Ci sarà un giudice a Berlino”! Quante volte abbiamo ammirato il bel dipinto del Palazzo di Giustizia di Milano denominato “L’alba della Giustizia”! E se davvero vogliamo riflettere ancora sul ruolo delle correnti politicizzate in Magistratura, se davvero vogliamo riflettere sulle tesi propugnate e rese pubbliche dalla corrente di sinistra e più forte, ci riferiamo a “Md” ovviamente, come non scorgerne la portata ai limiti della eversione istituzionale?
Ciò accade quando il potere giudiziario, sulla scorta del ruolo di supplenza sovente a torto invocato, diviene soggetto politico e finalizza le sue azioni travalicandone la portata istituzionale. E nel dettaglio come le correnti trovano la loro consacrazione istituzionale? Nel suddetto congegno cosiddetto di autogoverno, che nel concreto significa meccanismo elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura. Eccolo il nostro tema centrale: il sistema elettivo dei membri togati del Csm, il cui controllo consente di gestire il potere che abbiamo sopra sommariamente richiamato. Potere tanto forte e capillare da controllare con il meccanismo delle nomine dei capi ufficio la stessa distribuzione dei fascicoli processuali, l’assegnazione dei cosiddetti affari. Per non dire del potere disciplinare, saldamente nelle mani del “parlamentino” dei giudici.
Se vi rileggete le norme che disciplinano l’ordinamento giudiziario, se vi riguardate la disciplina che presidia la riparazione degli errori giudiziari e, ancora, i meccanismi di controllo sull’operato dei singoli magistrati, beh, dopo tutta questa rilettura se rifletterete allora cosa significhi controllare il pacchetto di maggioranza del Csm potrete anche condividere con noi quanto sia delicato e pericoloso lasciare che siano le correnti politicizzate a comandare dall’interno la Magistratura Italiana. Possiamo anche ricordare come tale meccanismo di elezione dei membri togati potesse avere una funzione riequilibratrice nell’epoca post bellica e all’indomani del ventennio fascista.
Ebbene, questo meccanismo allora condivisibile architettato dai padri costituenti, nel corso dei decenni che sono seguiti ha subito una progressiva politicizzazione, oramai ben oliata e collaudata. Un sistema anche semplice e che rende facile controllare gli uffici giudiziari sull’intero territorio nazionale. Cambiare questo sistema malato è necessario e vitale per la Nazione.
Un sistema grazie al quale nessuno risponde per gli errori giudiziari, grazie al quale vinto un concorso (ed auguriamoci in modo corretto anche se ci ricordiamo lo scandalo della fotocopiatrice in Cassazione di qualche decennio fa…) si prosegue per inerzia e per tutta la vita in un percorso di potere e di impunità, passando senza alcun senso dalle Istituzioni del potere giudiziario all’attività politica e, anzi, facendo coincidere il primo con il secondo. Dove gli esempi (e non facciamo nomi perché è superfluo) si sprecano.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:07