
Corpo e mente non sono due mondi separati, ma sono due parti, in continua influenza reciproca, di un tutt’uno: l’uomo nella sua unità somato-psichica. La vita stressante e “stressata” di oggi mette a dura prova la già fragile psiche umana e mai come oggi l’uomo è sottoposto a vari tipi di stressor nocivi, che generano il cosiddetto distress (dal greco dys che significa “in peggio”) e che possono portare ad un abbassamento delle difese immunitarie rendendo precario il buon funzionamento psicofisico (i primari campanelli di allarme sono solitamente l’ansia, l’insonnia e l’emicrania).
Oltre alla natura dell’agente stressante (stressor) sono importanti anche l’intensità, la frequenza e la durata dello stimolo; stressor troppo potenti, frequenti e prolungati sono in grado di superare la possibilità di resistenza dell’organismo e di portare l’individuo a stress cronico e a malattie ad esso associate. Tante patologie diagnosticate ad oggi sull’uomo non risultano avere eziologia organica ma, sempre più frequentemente, psicogena. Il vecchio concetto di malattia intesa come effetto di una sola causa è sostituito da una visione multifattoriale per la quale ogni evento è conseguenza dell’intrecciarsi di molti fattori. I ritmi lavorativi sempre più stressanti, i problemi quotidiani familiari e relazionali possono causare l’insorgere di varie patologie stressogene. In questo momento storico di profonda crisi sono in molti coloro che vivono uno stato di malessere che conduce, sempre più frequentemente, a patologia cronica.
La crisi in ambito psicologico si riferisce ad un momento della vita caratterizzato dalla rottura dell’equilibrio precedente acquisito e dalla necessità di trasformare gli schemi di comportamento ormai non più adeguati in favore della situazione presente. L’equilibrio dell’individuo può essere quindi alterato da fattori molteplici e compositi: quando questo avviene, il soggetto si trova ad affrontare la presenza di una pressione esterna o interna che rende le difese adottate precedentemente non più utili a mantenere un “regolare” funzionamento psichico; lo stress quindi può produrre patologia perché abbassa le nostre difese immunitarie rendendo l’organismo propenso ad infezioni, malattie cardiovascolari, dolori cronici, ecc. Secondo alcune ricerche lo stress patologico cronico porterebbe a differenti conseguenze sulla salute dell’universo maschile e nell’universo di quello femminile: gli uomini sarebbero maggiormente colpiti da problemi cardiovascolari e le donne da disturbi d’ansia e da depressione; da studi recenti si è osservato che lo stress mentale è più nocivo nella donna in quanto, sotto stress, le coronarie femminili si dilatano meno rispetto a quelle maschili portando, di conseguenza, meno ossigeno al cuore “sotto pressione”. In caso di stress cronico gli uomini sarebbero invece più vulnerabili a condotte abusanti o a comportamenti rischiosi come guidare l’auto o la motocicletta in modo spericolato, avere rapporti sessuali di tipo promiscui sino ad adottare gesti endo-aggressivi come il suicidio ed etero-aggressivi come nei casi estremi: omicidio, uxoricidio, figlicidio, matricidio, ecc. Le donne inoltre, sottoposte a forte fonte di stress, sarebbero più propense alla rinuncia della cura di sé ed a una condotta apparentemente meno aggressiva che le conduce a sviluppare sempre più spesso sintomi depressivi con conseguente isolamento sociale.
Psoriasi: curare lo stress per vincere la malattia
La pelle è quel sottile confine che ci delimita dal resto del mondo e che rappresenta la parte visibile del nostro corpo, esprimendo la nostra individualità: è il biglietto da visita della nostra interiorità e della nostra personalità, perché esprime emozioni, attraverso un improvviso rossore, pallore, la sudorazione, ecc. Le impronte digitali, le cicatrici, i segni del tempo testimoniano il vissuto delle nostre esperienze e rivelano agli altri quella che è l’unicità del nostro essere. La cute rappresenta quindi il confine, un filtro e una barriera contro gli agenti nocivi, separandoci da ciò che è all’esterno e svolge un’importante funzione di limite che consente all'individuo di riconoscersi come essere “distinto e delimitato”. La cute è anche uno dei principali apparati di comunicazione e di relazione con gli altri e per questo rappresenta un importante mezzo di comunicazione interpersonale: in particolare nel mondo animale, ma anche in quello umano, essa costituisce il sistema comunicativo deputato alla regolazione dei comportamenti aggressivi, sessuali e pulsionali, attraverso modificazioni morfologiche e pigmentose in parti specifiche del corpo. Attraverso la cute il corpo emana anche il proprio odore attraverso un suo codice di riconoscimento e una sua “marcatura” personale, in rapporto anche agli stati d’animo. L’odore della pelle è in grado di influenzare il comportamento dell’altro e segnare profondamente la relazione interpersonale. La pelle è inoltre strettamente legata alla sessualità grazie anche alla ricca e complessa innervazione sensoriale, è un organo altamente erogeno; zone come la bocca, i genitali, il seno, esprimono il linguaggio privilegiato dell’intimità.
La psoriasi è una dermatite eritemato-squamosa a decorso cronico, associata spesso ad un’artropatia, e caratterizzata da genesi multifattoriale, a cui concorrono fattori sia genetici che ambientali. La psoriasi è considerata quindi una malattia cutanea, cronica, caratterizzata da fasi di miglioramento e fasi di riacutizzazione, con esordio specialmente nell’adolescenza o nella prima età adulta e con intenso peggioramento in condizioni di stress. I fattori scatenanti della psoriasi possono essere sia di natura endogena che esogena ed includono traumi; episodi infettivi; periodo premestruale e assunzione di estrogeni ad alte dosi; pubertà e/o menopausa.
Eventi stressanti: sono importanti nel condizionare la storia della malattia, infatti in oltre il 75% dei casi le recidive o le esacerbazioni sono precedute da stress. Poi c’è l’alcool e il fumo. Il fumo sembra giocare un ruolo importante, anche in funzione della dose. Dieta: il suo ruolo non è chiaro, anche se la bassissima prevalenza di psoriasi in alcune popolazioni ha attirato l’attenzione sull’effetto benefico dell’olio di pesce e degli acidi grassi polinsaturi. Talvolta, la manifestazione della malattia è essa stessa un fattore di stress e ha un andamento cronico, con numerose riacutizzazioni, miglioramenti e talora persistenti remissioni. Malgrado una riconosciuta tendenza degli psoriasici a vivere con maggiore fragilità gli eventi stressanti, non si ritiene che esistano particolari devianze psicologiche o psichiatriche nei soggetti colpiti da psoriasi. Al cuoio capelluto le placche possono essere isolate o confluire più o meno estesamente, con una linea netta di demarcazione all'attaccatura dei capelli, il cui aspetto e la cui crescita non vengono compromessi. Talvolta la psoriasi del cuoio capelluto è difficilmente distinguibile dalla dermatite seborroica (sebo-psoriasi). Essa si presenta infatti con chiazze eritematose, ricoperte da squame untuose, modicamente aderenti, localizzate generalmente all'attaccatura dei capelli e lievemente debordanti con possibile interessamento di altre aree seborroiche (orecchie, pieghe retro-auricolari, sopracciglia, pieghe naso-geniene, regioni presternali e interscapolari).
La psoriasi quindi si manifesta attraverso la comparsa di placche secche ben delimitate, di forma e dimensioni variabili, ricoperte di squame grigie al di sotto delle quali è presente un eritema più o meno spiccato a seconda che la psoriasi sia in fase acuta o quiescente. Le sedi più frequenti di localizzazione sono i gomiti, le ginocchia, il cuoio capelluto, la regione sacrale, l’avambraccio e la nuca. I sintomi, presenti soprattutto nella fase acuta, sono: episodi di prurito intenso e talora sensazione di bruciore. Le cause spesso non sono conosciute, anche se c’è una forte ipotesi di genesi autoimmunitaria. La psoriasi rappresenta a livello psicosomatico la difficoltà di comunicare le emozioni. La persona che ne soffre si sente strutturalmente fragile e tenta di costruire una “corazza” con l’obbiettivo di ridurre gli scambi emotivi con l’esterno percepiti forse come pericolosi. Tuttavia, la lesione conosce fasi di ricostruzione, nelle quali la corazza si riduce e lascia il posto a un eritema che brucia e prude e che assomiglia a una “brace” in mezzo alla cenere. Simbolicamente può significare la pulsione a lasciar fluire le emozioni che tenta di farsi largo fra le difese che la persona ha messo tra sé e il mondo. Le persone affette da psoriasi hanno in comune alcuni tratti importanti: per quanto possano apparire socievoli, non mettono mai in gioco, nella relazione, il loro nucleo profondo: l’interlocutore, sente che “oltre un certo punto” essi non permettono di andare e che non si mettono mai completamente in gioco. Sono restii a mettere allo scoperto le loro emozioni in modo diretto e lineare. Si percepiscono fragili in alcuni ambiti (soprattutto in campo affettivo).
L’estensione della psoriasi è proporzionale alla insicurezza che il soggetto sente di avere: tentare di eliminare il sintomo, quando è esteso, è pericoloso e mette a rischio di forti disagi psichici (ansia e talora episodi psicotici), perché la malattia è evidentemente l’unico modo che la persona ha trovato per stare in equilibrio nel mondo. La psoriasi quindi esprime con molta probabilità, un problema di identità e rappresenta la difficoltà di comunicare le emozioni; in chiave analogica ciò significa che una persona ha dei punti in cui si sente strutturalmente fragile e in questi mette una corazza al fine di ridurre gli scambi emotivi con l’esterno, percepiti come pericolosi.
Il problema centrale dunque, la vulnerabilità, viene risolto eludendolo e lasciandolo immutato il tutto, ovviamente, in modo inconscio. Quando l'energia che si esprime nell’eritema viene coperta dalla corazza, finisce per spingersi in profondità, dove si trasforma in intensi episodi di cefalea o di colite, a testimonianza di come essa contenga un’energia incomprimibile che cerca comunque di essere elaborata ed espressa. La psoriasi esprime, in ultima istanza, un problema di identità. Per questo in alcuni casi può essere letta come un tentativo di cambiare pelle, come fa il serpente, alle cui squame viene affiancata per similitudine la lesione psoriasica.
La cura per la psoriasi potrebbe riguardare trattamenti anti-stress; lo sostiene un numero sempre crescente di ricerche in ambito internazionale che ha notato come il benessere psicofisico dei pazienti affetti da questa patologia della pelle giochi un ruolo determinante nel controllo e nella cura della malattia. La psoriasi è una malattia cronica per cui non esiste ancora una cura definitiva: trattamenti con raggi ultravioletti, cortisonici e pomate anti-prurito offrono soluzioni più o meno momentanee per gli effetti più vistosi della patologia, ma non la sconfiggono.
Si pensa quindi che la pulizia del colon, il tratto intestinale più importante nel processo di non assimilazione delle tossine, possa offrire un grande beneficio nei pazienti, insieme ad un’alimentazione più equilibrata, che eviti spezie, caffeina e grassi. Anche la carne, che genera le purine, sostanze altamente acide, andrebbe possibilmente ridotta. Lo stress, insieme alle predisposizioni genetiche, sembra essere una delle principali cause: è considerato, in ottica psicosomatica, una sorta di tossina dell’anima da cui si cerca purificazione. L’equilibrio emozionale, indicano le ricerche internazionali, è la condizione necessaria per contenere la psoriasi. Lo stress, infatti, agendo su molti processi metabolici, ricrea l’ambiente ideale per il manifestarsi della malattia. Non è quindi un caso che la psoriasi si manifesti principalmente in inverno: i raggi Uva, che contrastano la malattia, sono meno forti rispetto all’estate, l’alimentazione è più ricca di grassi e di sostanze acide e i ritmi di lavoro e studio sono al massimo, con conseguente incremento dello stress.
Per questo motivo si consiglia di seguire un’alimentazione equilibrata, di trascorrere molto tempo all'aria aperta e di provare alcune tecniche di controllo dello stress (come le tecniche immaginative) e di equilibrio psico-fisico come lo yoga e la meditazione; hanno l’indiscutibile vantaggio, rispetto ai trattamenti farmacologici anti-stress, di essere pratiche assolutamente prive di effetti collaterali. La psoriasi quindi è considerata una malattia psicosomatica, ossia causa di fonte stressogena che non si riesce a metabolizzare e che si manifesta con fastidiose manifestazioni squamose della pelle, rossori, irritazioni e, nei casi peggiori con lievi ferite. Le fonti di stress di cui non ci si riesce a liberare attaccano la parte più “debole del nostro corpo”, spesso come il cuoio capelluto e giunture mobili quali gomiti e ginocchia. Dati questi presupposti, risulta essere ideale che il soggetto con problema di psoriasi associ alle cure mediche anche un supporto psicologico in modo da cominciare a sgretolare la corazza che lo aggroviglia, imparando ad esprimere i conflitti interiori senza riversarli sul soma. Le cure più usate al momento riguardano ittiolo e vasellina di silicio (quest’ultima più efficace perché più emolliente) ma è soprattutto lo stress a far si che questo fastidioso problema diventi un ostacolo alla vita di ogni giorno (ciò non fa altro che aumentare la sintomatologia e ripercuotersi sulla malattia stessa). Il corpo è la nostra casa, bisogna prendersene cura partendo dalla parte centrale: la mente. Gli eventi stressogeni che in genere causano la psoriasi sono in gran parte imputabili al cambiamento: ogni malessere parte dalla necessità del corpo di ribellarsi all'evento stressogeno e nella pelle degli psoriaci il ricambio cellulare si verifica molto più rapidamente che negli altri non affetti da questa patologia. Abbassando i livelli di stress, con piccoli accorgimenti per controllare l’ansia, la pelle esprimerà il raggiunto equilibrio psicofisico: una buona psicoterapia cognitivo-comportamentale associata a terapia farmacologica sarebbe la prassi ottimale.
(Criminologa e psicologia clinica e di comunità)
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:05