Disoccupati eversivi: poveri e rivoluzionari

“L’alta e persistente disoccupazione è la minaccia numero uno al progetto europeo”. Così il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, spiega in un’intervista alla CNN come i disoccupati rappresentino una sorta di frangia eversiva nei riguardi della politica bancaria, monetaria e fiscale. Un discorso che fa il paio con le parole profferite mesi fa dal titolare dell’Interno, Angelino Alfano, “la disoccupazione rappresenta ormai i problema d’ordine pubblico”.

È evidente che nel Governo covino posizioni dettate dai rumors dei servizi, che avrebbero allertato l’Esecutivo circa saldature ben più aggressive degli ormai istituzionalizzati “Forconi”. Chi abita i palazzi teme che il perdurare della crisi possa prima dell’estate far decollare vere e proprie “rivolte della pancia”. Ecco perché il taglio di scorte ed auto blu è solo di facciata: l’Esecutivo si sta ben guardando dal togliere le protezioni all’alta dirigenza di Stato, reputando ormai concreto il rischio di aggressioni non solo ai palazzi istituzionali, bensì anche ai singoli alti burocrati. Questi ultimi potrebbero ormai essere stati inseriti negli elenchi delle sigle afferenti alla “disoccupazione eversiva”, al pari degli obiettivi politici (assessori, sottosegretari, ministri e sindacalisti) delle storiche Brigate Rosse di fine anni ‘70.

Svuotare le carceri dai criminali comuni per riservare i posti ad estremisti e disoccupati? Sarebbe questo secondo alcuni beninformati l’obiettivo. L’arresto dei “serenissimi” andrebbe in questa direzione. Ovvero: stemperare le proteste dei disoccupati minacciandoli con dura e spietata detenzione.

Il nuovo peggioramento della disoccupazione in Italia è stato fotografato in questi giorni dal Fondo monetario internazionale (Fmi) al 12,4 per cento: ma l’inoccupazione sarebbe più del doppio. Infatti i dati del Fondo monetario internazionale, contenuti nei capitoli centrali del World Economic Outlook (pubblicati per la Banca Mondiale), si baserebbero solo sui licenziamenti dell’ultimo anno, non tenendo conto dei disoccupati di lungo corso.

In questi ultimi giorni il ministro Padoan intravedrebbe i soggetti dediti al lavoro nero, quindi all’evasione fiscale: persone fisiche che incamerano denaro contante in cambio di prestazioni lavorative, ergo non depositano le somme in banca per evitare di essere tracciati. Si tratta soprattutto di uomini tra i 45 ed i 55 anni, soprattutto artigiani e commercianti a nero, privi di partita Iva e spesso adusi a lavorare anche per gente in regola. Al ministro Padoan (e a tutto il suo Esecutivo) sfugge che se questa gente evitasse di lavorare a nero forse non riuscirebbe a sopravvivere: perché nel 99% dei casi si tratta di compensi medi mensili non superiori al livello di povertà. Se dovessero mettersi in regola finirebbero per chiudere bottega nel giro di qualche mese.

Ad esacerbare gli animi della povera gente contribuiscono i blitz di Guardia di Finanza, Ispettorato del Lavoro e polizie locali varie: multe, arresti, denunce per “esercizio abusivo della professione” di muratore, meccanico, commerciante ambulante, giardiniere, elettricista, carrozziere. A passare i guai sono soprattutto gli italiani o gli stranieri italianizzati, ai clandestini le sanzioni fanno solo il solletico. Lo Stato ne fa ormai una questione di principio, di polizia fiscale e monetaria. Gli animi si riscaldano. Quel 24% di disoccupazione reale rappresenta il vero esercito in grado di far saltare il banco. Capace di occupare palazzi, sequestrare boiardi di Stato, forse condurre il Paese alla guerra civile… certamente il dopo-rivoluzione non può essere peggio di questo melenso scorrere del quotidiano.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:17