
Il perdurare della crisi sta facendo lievitare i casi di autolesionismo, ed indipendentemente dall’estrazione sociale. L’autolesionismo, ossia Repetitive Self-Harm Syndrome (detta anche Sindrome da auto-lesionismo ripetuto), è definito come il tentativo di causare intenzionalmente un danno alla propria persona, lesionandosi in maniera più o meno grave, in modo tale da provocare danni ai tessuti o agli organi (indipendentemente dalla presenza o meno di intenti suicidari).
È da considerarsi una vera e propria patologia e coloro che soffrono di questo disturbo si auto-infliggono in diversi modi: tagliandosi con una lametta la cute, bruciandosi con una sigaretta, graffiandosi, strappandosi i capelli, sbattendo contro qualcosa, ingerendo veleni e oggetti vari, ecc. Si possono identificare tre forme di autolesionismo, in ordine di gravità: automutilazione maggiore (molto rara), che produce un danno permanente, ad esempio l’amputazione di un arto; automutilazione stereotipica che si manifesta, principalmente, con lo sbattere violentemente la testa, premere con forza le orbite e mordersi; automutilazione superficiale (ossia la più diffusa), che si manifesta col tagliarsi, bruciarsi, strapparsi i capelli, fratturarsi un osso, urtare, e ogni altro metodo usato per ferirsi.
Tutta la popolazione ne è coinvolta, indipendentemente dall’età, dal grado di istruzione e dalla classe sociale; anche se sono in prevalenza le donne ad esserne soggette. Tradizionalmente agli uomini viene permesso di esprimere la propria aggressività, alle donne viene invece insegnato a reprimerla o, quando questo non è più possibile, a rivolgerla verso se stesse. Le donne, spesso, oltre all’autolesionismo presentano anche frequentemente disturbi del comportamento alimentare come anoressia e bulimia. Alcune ragazze di fronte ad un momento di malessere reagiscono alternando comportamenti bulimici (abbuffate seguite da vomito o abuso di lassativi) a quelli autolesivi. Inoltre l’autolesionista, a volte, presenta depressione, con pensieri di tipo suicida e, in alcuni casi, il malessere è così forte che la persona sente che o si taglia o si suicida. Molti degli autolesionisti tendono ad essere perfezionisti, incapaci di gestire e di manifestare verbalmente intense emozioni e non si piacciono, odiano spesso il proprio corpo e non hanno fiducia di nessuno, nemmeno si se stessi.
Vari possono essere i motivi dell’autolesionismo: per scaricare lo stress in quanto autolesionarsi e provare il dolore placano lo stress. Tutto il disagio interiore che non si è in grado di gestire viene tramutato in sofferenza fisica, quindi è più facilmente gestibile e più reale della sofferenza emozionale che è invece impalpabile. Per un po’ ci si occupa solo del dolore fisico, distogliendosi temporaneamente da quello interiore. Per mostrare agli altri che si sta davvero soffrendo, offrendo loro qualcosa di concreto e di comunemente accettato come “dolore”. In questo modo “si esiste” agli occhi degli altri. Le cicatrici sulla pelle rendono visibile esteriormente la sofferenza che si ha dentro; è un modo per comunicare agli altri il proprio dolore.
I comportamenti autolesivi sono come una richiesta di aiuto. Ci si sente talmente persi dentro, talmente apatici, dal ricercare nella sofferenza fisica una prova che si è ancora vivi. Non si è in legame con il proprio corpo e il dolore fisico è l’unico modo che si ha per sentire di esistere, per percepire il proprio corpo. Con l’autolesionismo si previene il suicidio. Poi ci si punisce per proprie azioni o sensi di colpa. Non bisogna vergognarsi di ammettere di essersi volutamente feriti, per timore di non essere capiti, di essere giudicati negativamente o di essere considerati dei pazzi. Gli autolesionisti non sono pazzi, sia perché tale fenomeno è più comune di quanto si creda, in forma più o meno patologica (alcune forme di dipendenza e disagio come il fumo, l’assunzione di droghe, l’abbuffarsi e vomitare, l’imporsi esercizi ginnici fino allo sfinimento possono considerarsi forme poco manifeste, ma molto subdole del fenomeno).
Se la buona volontà personale di combattere l’autolesionismo non produce significativi miglioramenti bisogna chiedere, senza esitazione, timore e vergogna, aiuto ad un esperto. Basti pensare che sarebbe bastata un po’ di prevenzione, d’attenzione, d’ascolto, per scongiurare i tanti suicidi degli ultimi tre anni. Gente che si è data fuoco per le cartelle esattoriali, o impiccata perché finita in miseria. L’autolesionismo dei disoccupati e di chi finisce in povertà può essere scongiurato dalle stesse vittime come da parenti e amici.
(*) Psicologa, criminologa e naturopata
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:13