
Vi ricordate quel film intitolato “A Ovest di Paperino”? Beh, qui ci sarebbe da dire: “A Ovest di Renzino!”. Ma dove siamo arrivati, scusate? A fare dei pasticci clamorosi, perfino sulla riforma del bicameralismo perfetto? Professor Zagrebelsky, ma lei che fa? Copre con la sua foglia di fico intellettuale le vergogne delle statue dei Fori imperiali di Roma? Gioca all’untore e al grande sacerdote della conservazione della sacra Costituzione post-risorgimentale, dopo lo Statuto Albertino? Scusi, ma in che mondo vive? E il nostro Premier Renzi non lo sapeva che i sabotatori di tutte le riforme “moderate” li aveva in casa, in quanto la maggioranza dei suoi parlamentari sono stati fatti eleggere e messi in lista dall’ultraconservatore di sinistra, Pierluigi Bersani? Professor Zagrebelsky, Presidente Renzi, è con “questa” Costituzione male in arnese e del tutto inadeguata che vogliamo affrontare l’oceano sempre in tempesta della globalizzazione e, soprattutto, del post-Guerra Fredda?
Ricordo a tutti quelli che fanno finta di dimenticarsene, che la Costituzione italiana del 1948 (di netta matrice catto-comunista, in cui si progetta uno Stato sociale da socialismo reale!) è stata fatta da gente che aveva il terrore che si impadronisse del potere o un Calvo, o un Baffone. Per questo si volle l’estenuante centellinamento delle norme, con navette e mediazioni interminabili tra i due rami del Parlamento anche per la modifica di una sola virgola! Per questo fu progettata una figura di Premier impotente, prigioniero dei capricci e dei ricatti dei suoi ministri e posto sotto la tutela di un Presidente della Repubblica, eletto dal Parlamento, al quale è stato affidato il compito esclusivo per il relativo scioglimento.
Il grande, immenso, inaccettabile imbroglio di Renzi e Zagrebelsky è quello di voler far credere agli italiani che l’unica via di uscita sia operare, o “non”operare, modifiche sostanziali all’attuale testo costituzionale, attraverso l’articolo 138. A proposito, dov’era caro professore quando D’Alema e soci scardinavano l’intero sistema del precedente assetto dello Stato nel territorio, attraverso la modifica di (un intero!) Cap. V Cost.? Dov’erano gli studiosi di Diritto costituzionale quando furono introdotte “queste” Regioni nell’ordinamento italiano?
Mi chiedo ossessivamente: “perché” si è aspettato il quasi default dello Stato italiano, per gridare allo scandalo, a causa degli altissimi costi delle burocrazie locali e centrali? Perché si è ridotta, in cinquant’anni, la libera impresa ad ancella, gravandola di tasse assassine e facendone un corpo assistito dalle risorse pubbliche oggi sempre più scarse? Chi, come e perché ha consentito “questa” assurda organizzazione della Pubblica amministrazione, e il dispotismo assoluto, incontrastato e conseguente della Triplice sindacale, che da decenni ci imprigiona con la difesa a oltranza di uno Statuto del lavoro che privilegia chi un’occupazione ce l’ha già, ma che, soprattutto in ambito pubblico, garantisce a milioni di impiegati l’inamovibilità e lo stipendio a vita, qualunque siano la loro produttività, i risultati e le professionalità?
Le vere riforme costituzionali (no, sbaglio: quelle ancora più profonde, che incidono direttamente sui “Cives” e sulla “Civitas”! ) son quelle che, in primis, realizzino l’equiparazione assoluta tra lavoro pubblico e quello privato. Pensate: molte cose si potrebbero fare addirittura a Costituzione invariata, come vi sto dicendo e dimostrando da anni. Ma, soprattutto, vista la povertà di materie prime che ci caratterizza, la rivoluzione vera da realizzare nell’immediato è quella di sfruttare, a tutto campo, da un lato le nuove tecnologie (la Rete e la crescita delle nuove connettività, in particolare), e dall’altro il nostro immenso patrimonio culturale, unico al mondo.
Pur di evitare la dannazione di procedere in profondità alle riforme strutturali (l’Euro ci ha molto peggiorato perché non abbiamo fatto, per tempo, gli stessi, dolorosissimi passaggi della Germania!), ora ci stiamo addirittura baloccando con i Fondi europei, che non siamo riusciti a spendere in passato, ben sapendo che sono “una tantum” e che quindi non possono in alcun modo sostituirsi all’obbligo, per noi, di procedere con urgenza alle suddette riforme strutturali. Cari professori di Diritto costituzionale, ma di cosa state parlando? Di un limbo magico, un empireo nel quale veleggiate felici e contenti, nelle vostre facoltà giuridiche, senza guardare alla luna, alla quale punta il dito del resto del mondo, che ci chiede cambiamenti radicali? Fatemi il favore! Dite piuttosto che l’unico, possente rimedio è quello della riprogettazione integrale di una nuova Carta Costituzionale, che “non” deve redigere “questa” politica e la sua classe di incapaci conclamati (soprattutto a sinistra, con la vocazione dell’implementazione del socialismo reale di fatto), ma essere affidata a una nuova Assemblea Costituente che lavori “in parallelo” e non interferisca in nulla a quella ordinaria, con un mandato temporalmente rigorosamente limitato.
Tipo: produrre il nuovo testo costituzionale (da sottoporre a suffragio universale per la sua approvazione!) entro e non oltre l’anno di vita, dal relativo insediamento. Poi: tutti a casa davvero, e si ricomincia da capo, senza gradualità o estenuanti mediazioni di sorta. Semplicemente, il “Prima” non deve esistere più e il “Dopo” deve essere carico di futuro e aspettative positive, soprattutto per le giovani generazioni.
Concludo con un piccolo esempio di come, tutti voi, classe politica e dirigenziale di questo Paese, state truccando vergognosamente le carte. Punto di partenza: “Istruzione pubblica” vuol dire che lo Stato ha l’obbligo di creare - attraverso la fiscalità generale - le condizioni “paritarie” di accesso all’istruzione per tutti gli aventi diritto. Avere reclutato gli insegnanti per concorso (equiparandoli al pubblico impiego) è, quindi, una semplice aberrazione, perché il profilo più ovvio da riconoscere loro è quello di “liberi professionisti”, in modo da non creare nessuna differenza tra pubblico e privato! Non viene forse ribadita in ogni dove la “libertà” di insegnamento? E allora, perché gli insegnanti vengono equiparati a dei “burocrati”? Perché forse votano in massa a sinistra che, com’è noto, statalizzerebbe anche i sassi? Io invece osservo che - rispettando in toto lo spirito e la lettera dell’attuale Costituzione - il diritto allo studio, garantito dalle risorse fiscali pubbliche, lo si può attuare in ben altro modo equitativo.
Per questo, basta fissare a livello nazionale i costi standard medi delle prestazioni relative all’assistenza scolastica. Dopodiché, si mettono in competizione pubblico e privato calcolando, semplicemente, il costo/anno x studente (=Y), in funzione delle classi di età. Basterà quindi assegnare a ogni istituto scolastico, pubblico o privato, un budget finanziario corrispondente a Y x (il n. di studenti iscritti), in modo che ogni istituto si paghi autonomamente gli stipendi dei propri insegnanti/impiegati e il mantenimento della struttura. In tal modo risulta chiaro come premiare gli insegnanti migliori. Infatti, in questo modello, ogni istituto decide autonomamente, attraverso il proprio management, scelto dall’assemblea degli insegnanti - e non imposto, come oggi, dal Ministero - come ripartire i “profitti” (calcolati per differenza tra, da un lato le spese fisse - tra cui gli stipendi - e i costi di manutenzione, e dall’altro i ricavi pari al versamento quote/studente da parte dello Stato, alle quali si sommano gli “optional” derivanti dall’arricchimento dell’offerta formativa da parte del singolo Istituto).
In tal modo, “a spesa invariata” (per lo Stato!) è possibile creare un mercato pubblico/privato lasciando che siano i lavoratori e i loro manager a eliminare ogni possibile spreco. Estendete questo ragionamento alla sanità e vedrete che effetto che fa sui corrotti e sugli immensi sprechi di questa terribile tribù burocratica (leggetevi i saggi dell’etnologo Robert Jaulin, per capire di cosa parlo). Tutti zitti, come sempre? Allora un Grillo vi distruggerà!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:17