Il sindacato di oggi: tutta roba vecchia

Su una cosa Matteo Renzi ha sicuramente ragione. Quando, cioè, afferma che “ce ne faremo una ragione” di fronte alle solite, rituali, retrograde, vecchie (e anche un po’ di casta, vera casta...) perplessità espresse da industriali e sindacati, in prima fila la Cgil, nei confronti delle proposte economiche del Governo.

Per carità, non siamo assolutamente prevenuti, ma questi signori si dimenticano che, per quanto di loro competenza, sono direttamente responsabili di questa crisi che l’Italia sta attraversando e che di certo - almeno per quel che riguarda i rispettivi “affari” - vedono entrambe le categorie corree. Degli industriali oramai sappiamo tutto: tanto si è scritto, molto si è stigmatizzato, altrettanti contributi dello Stato (cioè dei contribuenti) sono stati invano elargiti.

In questo periodo meraviglia (si fa per dire) l’atteggiamento del sindacato e soprattutto della Cgil e Fiom che, in evidente crisi di identità che spesso conduce anche allo scontro interno, perseverano nella mera difesa dell’indifendibile - cioè lo status quo che da decenni sta letteralmente affliggendo il sistema-lavoro e che inesorabilmente lo sta logorando in modo forse irreparabile - anziché scegliere la strada del rinnovamento.

La strategia del sindacato della Camusso (che, da ex socialista, riesce a rinnegare quel riformismo che invece fu alla base di certe scelte politiche) punta a recuperare una credibilità persa oramai da diverso tempo dalla sua organizzazione. Anche in questo caso, molti hanno scritto evidenziando come il sindacato (e non solo la Cgil) goda di privilegi che sono riconosciuti a quelle “caste” che stanno rovinando l’Italia: non è uno slogan, è un dato di fatto. Anche il sindacato dimostra, cioè, di non essere capace di adeguarsi ai tempi preferendo, invece, arroccarsi ai propri privilegi spacciandoli ancora per lotta di classe. Roba vecchia e stantìa e anche, forse, socialmente pericolosa.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:13