L'Ordine e la Fnsi sono ai ferri corti

Scambio di lettere al peperoncino tra il presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino (nella foto) e il segretario della Federazione nazionale della stampa, Franco Siddi. Per quanti sforzi di memoria si facciano non si ricorda tanta acredine tra i vertici delle due principali istituzioni dei giornalisti: una obbligatoria per legge e l’altra volontaristica. Perché è scoppiata la polemica in maniera pubblica e dai toni concerto distesi? Cosa sta succedendo nel mondo rappresentativo della categoria, gestito con sempre meno consensi? Non è solo un problema di carattere personale. In ballo c’è chi dovrà guidare la riforma del sistema dell’informazione: modello pubblico o privato?

Partiamo dall’Ordine. La legge istitutiva è del febbraio 1963 (n. 69) su iniziativa di Guido Gonella (allora Guardasigilli) affiancato da Saverio Barbati, Ferruccio Lanfranchi e G.A. Longo. La legge arrivò in porto dopo un lungo e travagliato iter parlamentare. Analizzando l’ordinamento della professione giornalistica, il professor Carlo Gessa (un’autorità in materia) osservava (nel 1987), sul “vademecum del giornalista” voluto da Gilberto Evangelisti e Giovanni Buffa dell’Asr, che la legge era stata preceduta e seguita da accese polemiche. Tutt’ora dà luogo a contrasti di opinione sulla legittimità e opportunità politica di una disciplina normativa dei soggetti dell’attività giornalistica. Il dibattito sorge in presenza del fondamentale principio di libertà di espressione garantita a tutti dall’art. 21 della Costituzione, essendosi da una parte rilevato il pericolo di nuovi corporativismi, di chiusure e restrizioni della libertà di stampa e dall’altra il vantaggio di una specifica qualificazione e responsabilizzazione degli operatori professionali dell’informazione.

Le problematiche poste allora da Gessa sono attuali. A maggior ragione dopo l’adesione dell’Italia alla Unione Europea. L’Ordine si è costituito per garantire sia l’etica professionale che la scienza nell’interesse pubblico. Da qui il rispetto di un modello di comportamento ispirato al decoro, probità e dignità. Il giornalismo fino al 1963 era un’attività libera, salvo la sua sindacalizzazione a tutela dei rapporti di lavoro. Poi il legislatore ha ritenuto che la funzione dell’informazione giornalistica avesse valenza pubblica. E quindi la necessaria qualificazione professionale (attraverso l’esame di Stato) e controllo deontologico dei suoi operatori, compiti affidati ad un Ordine organizzato territorialmente.

Si può cambiare oggi? Si può tornare all’attività privata? Sono ipotesi. Il sindacato, contrariamente all’Ordine, non è istituito dalla legge ma è una libera associazione garantita dall’art. 39 della Costituzione in base al principio della libertà d’organizzazione dei cittadini. Certamente esiste un’area comune d’incidenza tra i due organismi, ma la distinzione è evidente. Nella realtà, interferenze e contrasti si sono verificati e sono evidenziati ora dalla due lettere tra Iacopino e Siddi. Anzi, negli ultimi tempi è una parte della maggioranza della Fnsi (guidata dalla corrente di sinistra del sindacato) che sconfina con dibattiti, convegni sia in sede che attraverso il movimento art. 21 di Beppe Giulietti, ex segretario dell’Usigrai e deputato del Pd. Il convegno, promosso senza la partecipazione degli esponenti dell’Ordine, è stato considerato da Iacopino uno sgarbo che non poteva passare sotto silenzio. Non tocca al sindacato ma all’Ordine portare avanti la riforma, con il contributo di tutti, nessuno escluso.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:20