Il film on-line: Via col Ven(e)to

“C’eravamo tanto amati”. Così sembrano dire a questa Italia - nata dal parto cesareo del Risorgimento e dalla miriade di croci della Grande Guerra - milioni di votanti on-line, che hanno scelto “L’Indipendenza del Veneto”. Ovviamente, il potere romano (ovvero, quello incarnato dalla maggioranza trasversale catto- comunista, che vive di Stato e vince “tutte” le elezioni politiche, dal 1948 a oggi!), ha puntualmente girato la testa dall’altra parte, considerando il tutto puro “folklore”, in quanto un referendum siffatto non ha alcuna validità formale. Ma politicamente è davvero così? O per caso la sacralizzazione illuminista dell’Unità della Nazione sta venendo meno? Le aree geografiche (più o meno omogenee, come il Nord-Est o la “Padania”) di uno Stato- Nazione, privo di una Costituzione federale, possono “divorziare” pacificamente da quest’ultimo? Magari, dividendo i debiti (tanti) e le risorse (scarse), proporzionalmente al Pil nazionale (nel senso, che i più ricchi prendono su di sé più debito)? Si è mai visto al mondo nascere, senza conflitto armato, uno Stato federale “postumo” a un precedente Stato-Nazione?

No, se guardiamo all’ex Jugoslavia (che, anche oggi, presenta situazioni “sospese”), e altrettanto dicasi per l’Ucraina, qualora proseguissero le spinte interne panrusse, favorite dal revanscismo di Mosca. Non sembrerebbe, ma le analogie con l’unità d’Italia - rispetto ai due esempi citati - ci sono, eccome. In tutti e tre i casi, le “Nazioni” non si sono fatte da sole, ma sono state “ridisegnate” sulla cartina geografica - per il periodo che va dalla metà del 1800 alla metà del 1900 - a seguito di una serie di giochi di potenze, delle loro alleanze e interferenze, nonché degli accordi di pace susseguenti. Quindi, in teoria, in questi casi è legittimo aspettarsi che la Storia giochi “à rebours” (o “controcorrente”), invertendo i suoi cicli precedenti. Si può, in questo caso, parlare di “divorzio consenziente”, quando si tratta d’interi territori, e non di persone? In altre parole: è ammissibile per un’entità territoriale (che vanti qualche omogeneità per lingua, etnia, costumi tradizionali, ecc.) proclamarsi indipendente, chiedendo il riconoscimento internazionale e, poi, di essere accolta in una Federazione esistente (Svizzera, ad esempio), fuori dalle regole costituzionali? Perché, va detto, dal punto di vista giuridico, la cornice del diritto costituzionale interno e di quello derivato dai Trattati europei “non” consente di attivare procedure per un referendum sull’indipendenza, né tantomeno di secedere, sia per l’Italia del Nord che del Sud.

Del resto, “questa” Costituzione Italiana non venne approvata a larga maggioranza, con referendum, a suffragio universale? Tanto per capirci: se Lombardia e Veneto volessero fare come Croazia e Slovenia, rinunciando per di più all’Euro e dichiarando non validi - per i loro interessi - i Trattati esistenti, secondo voi come finirebbe? Come si farebbe a ripartire gli oneri susseguenti derivanti dalla redistribuzione delle competenze esclusive dell’attuale Stato Italiano, per quanto riguarda la Spada (Difesa e Sicurezza), la Feluca (Relazioni Internazionali) e la Bilancia (Sistema Giustizia)? Quante mini-burocrazie fameliche, quanti diritti penali/civili si creerebbero, a seguito di questo processo di frammentazione/scissione? E quanto ci metterebbe il Sud a proclamare la “sua” indipendenza, diventando in un battibaleno come le Isole Cayman, o alla stregua di qualche altro bel paradiso fiscale, in modo da richiamarsi un Pil intero di grey e dirty money della grande criminalità organizzata? Tra l’altro, è fantascienza forse supporre che la Trinacria - da sempre gigantesca portaerei naturale sul Mediterraneo - chieda di diventare l’ennesima stella della bandiera americana, vedendo accolta la sua richiesta?

Voglio dire con questo che, il giorno dopo la conquista, da parte del Meridione, dell’indipendenza da Roma, quel famoso “eremo” di virtù contributiva che è il Nord/Nord-Est si troverebbe accerchiato ai suoi confini dall’apparato mafioso più potente del mondo. Infatti, anche se non si vede, di capitali mafiosi ne è piena l’altissima finanza mondiale. Perché un conto è poterli oggi perseguire “unitariamente”, i mafiosi italiani. Un conto invece è dovergli stringere ufficialmente la mano, domani, e riceverli come capi di Stato, magari dentro la Ue! Tra l’altro, lasciate che mi ponga un interrogativo pratico: perché solo adesso, dal 2011 in poi, a seguito della caduta del Governo Berlusconi, si è messo l’accento sui debiti inevasi della P.A.? Dov’erano “prima” quegli stessi creditori dello Stato? Non reclamavano perché, forse, i costi finali degli appalti e delle commesse pubbliche erano talmente “gonfiati” dagli stessi fornitori, tanto da starci tranquillamente dentro, anche se lo Stato pagava (di sicuro!) con anni di ritardo?

Scusate, ma invece di fare (giustamente) solo i conti di quante immense risorse pubbliche hanno preso, inutilmente, la strada per lo sviluppo del Sud, perché non si confessa quanto abbiano fruttato - negli ultimi cinquant’anni - al mondo delle imprese del Nord/Nord-Est, il lavoro nero e l’enorme evasione fiscale, di cui soffre questo Paese? Perché solo oggi s’intende disarmare il mostro di Equitalia? E perché la nostra gente ha, giuridicamente, una “class action” che fa ridere i polli e un diritto civile da Quarto Mondo? E come mai le cosiddette “forze produttive”, che hanno mandato molte migliaia di parlamentari da loro eletti a Roma, negli ultimi vent’anni (quelli che, con i Governi catto-comunisti di sinistra hanno approvato e firmato Trattati capestro, fissando il cambio disastroso lira/euro) non hanno “mai” dato a questi ultimi, come mandato prioritario, la riforma della Giustizia e di questo Stato-badante, che dava sussidi a pioggia e milioni di ore di Cassa integrazione a gogò, a beneficio e sollievo di quelle stesse imprese grandi e piccole?

Intanto Renzi prosegue, nella sua beata incoscienza, a dire che riformerà in un battibaleno la burocrazia e la Costituzione, con particolare riferimento: alla riscrittura del Titolo V - che è tutta farina del sacco della “sua” sinistra! -; all’abolizione del Senato e delle Province; alla riduzione del numero dei parlamentari. Temo, invece, che occorra un tempo memorabile (arriveremo davvero, quindi, al 2018, prima di andare a nuove elezioni, in base alla scadenza naturale della legislatura attuale?), per portare a far convergere il parallelismo di oggi, dovuto al disaccoppiamento tra legge elettorale per la sola Camera e riforma costituzionale.

Chiedo: quale altro carrozzone pagato dal contribuente italiano si chiamerà con il nome di “Senato delle Autonomie”? Quando si parla di ritocchi costituzionali, tra l’altro, si farebbe bene a non dimenticare che, in assenza della maggioranza bulgara dei due terzi, si potrebbe rischiare di dover ricorrere al referendum confermativo, dall’esito del tutto incerto. Utile precedente: il naufragio della riforma costituzionale del 2005, voluta dal Pdl.

Attento, Matteo: chi tocca i fili (della burocrazia e dei privilegi del pubblico impiego) muore fulminato e paralizzato all’istante! Non te lo auguro, ma così accadrà.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:07