La locomotiva Veneto è sotto pressione

Il Veneto, come gran parte del nord Italia, negli anni ha insegnato che il malessere e l’isolamento di cui soffrono le popolazioni di quei territori non vanno ignorati. Quando nacque la Lega (ed era Liga Veneta prima di Lega Nord), la politica di allora, Democrazia Cristiana in testa, derideva le manifestazioni di intolleranza e l’esigenza di affermare le proprie origini culturali ed economiche, il desiderio di uscire da un asservimento ad un potere legislativo romanocentrico che ignorava completamente le esigenze di un Veneto pragmatico, che si evolveva sempre più economicamente e che aveva come riferimento le più performanti regioni europee. La storia ha scritto che la Dc e gli altri partiti furono travolti anche da questa capacità di comprendere che il territorio aveva bisogno di risposte.

Il referendum di alcuni giorni fa, seppure solo su internet, seppure con dati che molti considerano inattendibili (ma che sono da considerarsi bulgari), segna che la maggior parte della popolazione vorrebbe affrancarsi da Roma e l’Italia e rendersi autonoma, liberandosi della burocrazia asfissiante, dell’eccessiva pressione fiscale e soprattutto poter destinare le risorse economiche che i cittadini del territorio versano e che Roma, come i vecchi slogan recitavano (ladrona) ingoia senza soluzione di continuità.

Le promesse negli ultimi vent’anni che anche la Lega ha fatto si sono infrante sull’immobilismo di una realtà italica che della propria incapacità di saper rispondere alle esigenze dei cittadini ha fatto il proprio totem, i simboli di Governi e partiti che, oltre ad autorigenerarsi, non hanno saputo dare risposte ai cittadini. Per il Veneto le domande che la popolazione fa sono sempre le stesse da decenni: infrastrutture, ottimizzazione dei servizi pubblici, riduzione della burocrazia e una tassazione che permetta al sistema nord-est fatto di piccole e medie imprese e migliaia di partite Iva, di mantenere quella corsa che ne ha fatto la “locomotiva d’Italia”; un modello che da vincente sta morendo, come muoiono a decine gli imprenditori suicidi che per cultura e principi non riescono ad accettare la sconfitta che malgrado tanti sforzi arriva con le zavorre di Equitalia, di riduzione del credito e di una giustizia che impedisce di essere pagati dai clienti, con lo Stato in testa.

In Veneto, a differenza di altre aree del Paese, c’è un Dna che caratterizza un senso di appartenenza e una voglia di lottare che pretende una speranza da dare ai propri figli, come ovviamente esiste nel resto dell’Italia. Lo stesso Renzi in Europa dice che “le riforme e il futuro vanno inseguiti non perché ce lo chiede l’Europa ma perché lo dobbiamo ai nostri figli che ce lo chiedono”. Ma nel nord-est i cittadini non vogliono più aspettare, lo stanno dicendo, urlando da anni e ora con il referendum ci dicono che la misura è definitivamente colma. Riusciranno questa volta la politica e il Governo a comprenderlo?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:09