
La politicamente corretta cultura ecologista ideologica oggi esalta il “ruspante”, andare in bicicletta invece che in automobile, mezzo da umiliare e penalizzare imponendo per esso dei limiti di velocità da ciclista medio, 30 chilometri orari e non più oltre, sia perché in tal modo con una legge in cantiere si consentirebbe ai ciclisti di andare contromano, con conclamati presunti benefici indotti per l’ambiente grazie i ridotti consumi andando le auto più piano. Questa convinzione di ridotti consumi a ridotta velocità è errata, come evidenzia il grafico sperimentale sul consumo specifico di motori endotermici tratto da pagina 193 del superclassico in materia “Motori Endotermici” di Dante Giacosa, Hoepli Editore, quindicesima edizione pagine 872.
Contrariamente a quello che si sarebbe portati a credere i consumi specifici, i grammi di carburante occorrenti per unità di energia erogata, sono più elevati per funzionamento a più bassa potenza, di conseguenza, limiti restrittivi di velocità, quindi erogazione di bassa potenza nei motori endotermici, portano ad un incremento dei consumi specifici con proporzionale aumento delle emissioni. Perché avviene questo? Mi sforzo di spiegarlo in maniera semplice, comprensibile a chi non è tecnico.
Entro certi limiti le resistenze passive dei motori si mantengono relativamente costanti per un ampio spettro del regime di rotazione e di erogazione di potenza, con la conseguenza che la loro incidenza percentuale è più elevata alle più basse potenze. Mi spiego meglio. Ipotizzando che le resistenze passive rappresentino un fattore 10 per una potenza erogata di fattore 100, quindi il 10%, se rimangono ipoteticamente costanti e si dimezza la potenza erogata della metà, quindi ad un fattore 50, esse rimanendo invariate del fattore 10 incideranno per un valore del 20%. Di conseguenza, la resa energetica decrescerà con il diminuire della potenza erogata da quel propulsore endotermico, con incremento dei consumi specifici e delle relative emissioni di inquinanti.
I motori, inoltre, vengono in genere progettati per un funzionamento ideale intorno ai due terzi della loro potenza massima, di conseguenza oltre al citato fenomeno se ne ingenerano altri legati alla meccanica dei fluidi, alla miscela, alle dispersioni termiche, che fanno diminuire la pressione media efficace sui pistoni, l’equivalente della forza della “pedalata” per un ciclista. Infatti, più un gas è caldo, a parità degli altri parametri, più elevata è la sua pressione (la forza della pedalata); inoltre, in alcuni motori diviene al di sopra di una certa temperatura significativo il fenomeno della dissociazione molecolare, nel senso che alcune molecole si “spaccano” ed è come se all’interno del cilindro vi fosse più gas a causa dell’incremento del numero di molecole, con relativo incremento della “forza di pedalata” a parità di miscela combusta. La pressione di un gas dipende infatti anche dal numero di molecole che lo compongono indipendentemente dalla loro natura, di conseguenza se alcuni prodotti di combustione subiscono piroscissione la sua pressione efficace (la forza della pedalata) aumenta a parità, nello specifico in esame, della quantità di combustibile consumato. Da qui la dizione “scaldare i motori” entrata nel linguaggio comune.
Purtroppo le questioni tecniche non rispondono ai desiderata ideologici e se non se ne tiene conto di prendono grosse cantonate. Perché allora nel mondo verde tradizionale, con in prima linea Legambiente (http://www.leggo.it/NEWS/CRONACA/ incidenti_la_proposta_di_legambiente_quot_limite_di_velocit_agrave_a _30_km_h_in_citt_agrave_quot/notizie/-200662.shtml), sta affermandosi un innamoramento verso più bassi limiti di velocità? Influisce la proposta modifica al Codice della strada che consentirebbe ai ciclisti di andare contromano nelle strade con certe caratteristiche in cui il limite di velocità per i veicoli sia minore od eguale a 30 chilometri orari. È infatti più facile per gli amministratori locali, in particolare se “ciclosindaci” della sinistra ecologista, generalizzare questa limitazione, piuttosto che realizzare piste ciclabili agevoli e sicure, meglio se protette o comunque a debita distanza dal traffico veicolare a motore. Inoltre, tali limiti sono difficilmente rispettabili, di conseguenza si prospetta un incremento pecuniario per le in genere disastrate casse locali, grazie ai presunti maggiori introiti per infrazioni specifiche. Purtroppo l’approccio ecologista tradizionale, emotivo ed ideologico, si fa coinvolgere nella trappola senza rendersi conto che questa apparentemente facile ed affascinante soluzione aumenterebbe l’impatto negativo del traffico veicolare sull’ambiente. La soluzione potrebbe comportare un ulteriore impatto negativo, ad esempio a causa del rallentamento dei flussi veicolari, dei conseguenti intasamenti e delle più frequenti accelerazioni e decelerazioni, se non vere fermate e ripartenze, che avrebbero l’effetto negativo di aumentare ulteriormente i consumi per chilometro percorso con le relative conseguenze in termini di inquinanti emessi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:02