
“Uccidere Biagi è stato facile, era senza scorta”. È la confessione della pentita Cinzia Banelli, che ha fornito tutti i particolari dell’omicidio del professor Marco Biagi, 52 anni, nella tarda serata del 19 marzo 2002. Biagi all’epoca era collaboratore del ministro del Welfare, Roberto Maroni, dopo esserlo stato anche con i ministri Tiziano Treu e Antonio Bassolino.
La decisione di colpire “il cuore dello Stato” era stata presa nel 1998 dal nucleo guidato da Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce. Avevano abbandonato e ripreso le sigle Nipr e Npr che erano state utilizzate per rivendicare alcuni attentati e rapine “per finanziare l’organizzazione”, fondando infine le Nuove Brigate Rosse. Ci vollero 4-5 mesi per preparare l’omicidio Biagi, che era sempre solo (gli avevano tolto la scorta anche se aveva ricevuto continue minacce). Venne seguito dall’Università di Modena fino alla stazione di Bologna, dove prendeva la bicicletta per tornare nella sua abitazione di via Valdonica.
“Tutto cronometrato, tutto segnato: tempi, distanze. La prova generale – ha aggiunto la Banelli – fu fatta il 12 marzo, una settimana prima Mario Galesi e Roberto Morandi lo affiancarono per poi andarsene con il motorino”. Cinzia Banelli, “la compagna So”, è stata una miniera d’informazioni. Fu lei a rivelare le tre “password” dell’archivio segreto delle Brigate Rosse contenente documenti “top secret” dell’organizzazione terroristica. A dodici anni di distanza non sappiamo se il coordinatore del pool antiterrorismo della Procura di Roma, Franco Ionta, e il pm Pietro Saviotti sono riusciti a penetrare nei misteri delle Br con l’aiuto degli esperti informatici dell’Fbi.
Quella sera in pieno centro a Bologna il commando era composto da almeno 6 elementi (uno a Modena e cinque nel capoluogo emiliano). A sparare e a uccidere materialmente il professor Biagi fu Galesi, mentre Roberto Morandi guidava il motorino per la fuga e gli altri facevano da staffetta. La stessa pistola Makarov era stata usata per uccidere il 20 maggio 1999 in via Salaria, a Roma, il professor Massimo D’Antona, 51 anni, consulente dell’ex ministro Bassolino. Anche in quell’occasione a sparare fu Galesi, ma era armata anche Nadia Lioce. Insieme trascorsero la notte prima del delitto in uno dei furgoni parcheggiati in via Salaria.
Cosa contengono i floppy disk indicati dalla Banelli e dove sono finiti il motorino e la pistola? Un filo rosso lega i delitti Biagi, D’Antona e di Roberto Ruffilli. Molte le analogie delle modalità operative e dei documenti di paternità degli attentati che vanno dal 1988 al 2002. Finalità, strategie, organizzazione in cellule come unità di base delle Br-Partito comunista combattente per riorganizzare l’universo delle forze rivoluzionarie e proletarie.
Marco Biagi è accusato dai terroristi di essere l’autore del patto di lavoro di Milano e del Libro bianco sul mercato del lavoro. Principi che diverranno la “Legge Biagi”, o meglio la riforma Biagi n. 30 della fine del 2003. L’importanza risiede nel fatto che la riforma modificava in profondità il mercato del lavoro, introducendo nuovi profili e offrendo maggiori chance ai lavoratori e agli imprenditori. “La società aperta e non conflittuale” portata avanti dal socialista Biagi insieme ai collaboratori Maurizio Sacconi e Michele Tiraboschi, non era, contrariamente alle accuse di intellettuali e sindacalisti di sinistra, una spinta alla deregulation. Era un tentativo moderno di trovare soluzioni al conflitto sociale che non fossero solo legate alla lotta di classe e agli scioperi. Per le Br sarebbe stata la loro sconfitta politica. Meglio uccidere. Una stessa mano per tre delitti, a freddo, brutali.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:05