“Serenissima” voglia di secessione 2.0

Addio Italia. É il web che parla. I separatisti veneti puntano il dito contro Roma e, nella migliore tradizione leghista, lanciano una provocazione on- line che riscuote un discreto successo anche all’estero. É ora che si torni alle Serenissima Repubblica di San Marco. O meglio, visti i tempi, a una Repubblica Veneta 2.0.

Parte da internet, infatti, l’iniziativa che punta a raccogliere consensi tra i cittadini del nordest italiano per un’indipendenza (da cui da tempo si parla sotto traccia). Il motore produttivo dell’Italia saluta tutti e vota per l’autodeterminazione. Incarnando a pieno gli istinti separatisti europei. Basti pensare alla Catalogna (in cui si voterà il 25 novembre), alla Scozia (referendum atteso il 18 settembre). Il quesito lanciato da www.plebiscito.eu è semplice: “Vuoi tu che il Veneto diventi una Repubblica Federale indipendente e sovrana?”. Sul sito è possibile trovare le ragioni del sì e quelle del no, che al momento non sono pubblicate. La risposta è sì per oltre un milione di votanti, su un totale di 4,9 milioni di residenti.

Se in Crimea le teste di cuoio russe hanno accelerato la trafila politica per la secessione da Kiev, qui da noi, pacificamente, basta un clic. Ci sarà tempo per votare fino a venerdì. Alle ore 22 del 18 marzo l’affluenza è stata del 28,45% sul totale degli aventi diritto, pari a 1.062.163 elettori. Il referendum viaggia a gonfie vele tanto che la notizia comprare sulle pagine del Los Angeles Time e del Guardian, del Daily Mail e del Sunday Express, perfino sugli schermi della BBC. E non solo. Anche Mosca segue gli sviluppi del plebiscito. Una tivù ha infatti paragonato la consultazione popolare, che non ha valore legale, con il referendum che ha invece proclamato l’indipendenza della Crimea dall’Ucraina. La stampa estera è preoccupata da quello che potrebbe accadere quando si andrà allo spoglio delle schede. E ha invitato il governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, a Roma per una conferenza per spiegare cosa sta accadendo, anche con riferimento ai provvedimenti giacenti in Consiglio regionale. Sono interessanti i titoli dei giornali stranieri. Russia Today titola: “Il Sereno referendum: una regione italiana vota per restaurare la Repubblica Veneta”. Km.ru va giù ancora più duro: “Anche l’Italia ha la sua Crimea?”. Il Daily Mail titola: “La ricca Venezia indice un referendum per staccarsi da Roma”. The Telegraph aggiunge: “Venezia si prepara a un referendum per la secessione dall’Italia”. Il Daily Express scrive: “Come un voto a Venezia può cambiare il volto dell’Italia”. La BBC proclama: “Venezia vota in un referendum per separarsi da Roma”. Al Gazzettino di Venezia, Gianluca Busato, uno dei promotori del referendum, spiega: “In Veneto è in atto un’evoluzione digitale di livello superiore rispetto all’ecosistema attuale della politica veneta addomesticata dallo Stato italiano”.

Luca Zaia, da parte sua, entra nel concreto: “La speranza è che il risultato della consultazione on-line sia uno stimolo affinché il Consiglio regionale approvi il progetto di legge di indizione del referendum e quindi dia il via formale alla procedura”. La proposta di un referendum consuntivo per l’indipendenza giace sul tavolo della Commissione Affari istituzionali in Consiglio regionale. L’iniziativa punta a smuovere questa situazione di stallo. Flavio Tosi, sindaco di Verona, ci crede: “Il referendum è un segnale forte allo Stato centrale e al suo immobilismo. Niente secessione, ma un segnale fortissimo”. A finanziare l’iniziativa ci pensano 80 imprenditori, inoltre sul sito internet è possibile partecipare con un’offerta. Il crowdfunding come fonte da cui attingere per costruire un nuovo Stato. Una leva di partecipazione per tutti i romantici 2.0. La bontà del referendum, assicura Busato, sta nei codici e nei documenti d’identità richiesti, oltre che nelle batch notturne di verifica dati con il database delle anagrafiche elettorali. Ma i dubbi restano molti, da destra a sinistra.

Mentre ci si interroga sul futuro dell’Europa unita, sarebbe il caso per i nostri politici di guardarsi le spalle. Le iniziative anti-Stato sono diverse: Liberi Comuni d’Italia è una di queste e si pone come obiettivo la riscrittura delle forme di organizzazione politica, proponendo il ritorno alle città autocefale medioevali. La società dei comuni culla del capitalismo. Per il momento, gli esponenti dei movimenti indipendentisti italiani (da quelli sardi al movimento di insorgenza civile per il sud) stanno a guardare. A tutti gli altri non resta che riflettere sul destino non più scontato degli Stati nazionali.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:15