
A maggio, oltre alle elezioni europee, si voterà in 4mila Comuni. I sindaci da stracittà hanno lasciato la fascia tricolore ai rottamati e paradossalmente si sono pronunciati per il ritorno alla centralizzazione amministrativa. Mai ci sono stati tanti Comuni commissariati (237, di cui solo 44 per mafia), mentre viene al pettine la soppressione delle 107 Province; e ci si chiede se il relativo risparmio sarà di un miliardo oppure di 11 milioni (se il personale provinciale passasse alle Regioni che pagano anche il 30% in più e se le competenze passate ai Comuni facessero lievitare le spese fino a un miliardo).
Si voterà anche a Prato, dove nel 2009 Roberto Cenni, fondatore del gruppo tessile Sasch e personaggio di spicco della locale Confindustria, si candidò con scarse possibilità contro l’esponente del Pd, Massimo Carlesi. Vinse Cenni, interrompendo così 63 anni di “dominio rosso” di ben 7 sindaci dal 1944 (Menichetti, Giovannini, Vestri, Landini, Lucarini, Martini e Romagnoli). Sotto di due punti e mezzo al ballottaggio, Cenni prevalse perché non andarono a votare 20mila elettori del Partito Democratico. Si voterà per un Consiglio comunale di 32 membri (sono 40) ed una giunta di 8 assessori (12). Spariranno le 5 circoscrizioni con i loro 100 consiglieri.
Il nuovo sindaco sarà determinante anche per nominare (se non essere) il nuovo presidente provinciale. Tre enti al prezzo (voto) di uno. Prevalesse di nuovo la giunta in odore di leghismo, anticinese, antiglobalizzazione, in una città piena di fermenti nuovi, dal Tea Party alla Lega variante locale, sarebbe per il Pd toscano (cioè nazionale) un pessimo segnale. Dopo la Verona di Tosi, l’amministrazione pratese di centrodestra è la seconda per popolazione; una delle 5 oltre i 100mila abitanti (con Latina, Pescara, Bergamo e Andria). Un’amministrazione legata alle liste civiche, come altre anche a sinistra (vedi Grosseto) che mal sopporta la distinzione classica tra destra e sinistra. Cenni doveva essere solo una meteora antipartitica come il sindaco bolognese Guazzaloca del 1999, anche se il primo ballottaggio per il Comune di Prato c’era stato già nel 1995, fallito per le divisioni tra Forza Italia, Ccd, Lega e An. Sondaggi riservatissimi accreditano al sindaco il 47% dei consensi, sufficienti per il ballottaggio.
Un risultato di tutto rispetto se si pensa all’isolamento politico, economico e mediatico che la città di Curzio Malaparte ha subito in questi anni. Guerra da parte delle municipalizzate, dalla Regione, dagli urbanisti, dai giornali locali e non. Ordinaria guerra in carta bollata. Guerra scandalizzatissima per l’impunita continua aggressione anticinese dell’assessore “sceriffo” Aldo Milone. Come sempre avviene, il composito fronte destro si è macerato in lotte intestine, facendo proprie molte delle accuse della sinistra. Anche i suoi partiti di maggioranza hanno fatto la guerra a Cenni, cui si pronosticava una rapida caduta e conseguente scomparsa. Sopravvissuto a tutto, anche al “no” alle Primarie invocate da Tea Party e Lega, Cenni arriva all’appuntamento con una città virtuosa, rispettosa del patto di stabilità e con un ottimo rapporto fra spesa del personale e bilancio, malgrado recenti polemiche per 16 promozioni costate 150mila annui.
Ancora più incurante dei grandi partiti, il sindaco prepara un suo “listone” civico, preparandosi a seguire l’esempio di Tosi. Accanto a Forza Italia, Nuovo Centrodestra, Udc, Destra è tutto un pullulare di liste civiche e/ o nostalgiche: Socialisti Riformisti, Socialisti per le Libertà, Giovani Pratesi, Prato Civica, Taiti x Prato, Prato Libera e Sicura. Si sono staccate Indipendenti di Innaco/Gestri e la Città Forte di Bini. Nuova si annuncia Giovani e Famiglia di Ciardi. Prato è poi la seconda capitale italiana dei libertari conservatori anti-tasse del Tea Party, cui si avvicina la variante tutta locale della Lega. La vittoria del sindaco anticinese si spiega bene in una città dove i cittadini del celeste impero, tra legali e illegali arrivano al 20% della popolazione, e dominano ormai il settore principale del tessile. Fu la vittoria contro il Pd “che aveva portato la Cina a Prato”. Fu anche però la vittoria della rottamazione. Vennero travolte cariatidi Pci in politica ininterrotta dal 1975 (i Mattei, ex sindaco, i Benigni, ex assessore, i Martini, ex presidente, i Cecconi, sindaco). Ed anche ex Dc come i Gestri, segretario nel 1979, gli Abati, ora direttore di Estra, i Biscotti, consigliere da 20 anni. Uno di loro, consigliere Dc a metà anni ‘80, poi vicesindaco Ds fino al 2004, giornalista tra un mandato e l’altro, si sentiva ormai perso. “Il futuro? Vedremo. Non è mai, almeno per me, una scelta individuale”. La provvidenza però esiste ed ora Giacomelli è sottosegretario alle Tlc. Cenni fece sparire anche l’astro ex socialista, poi Ds, Beatrice Magnolfi, assessore dall’87 e ministro con Prodi, già asso nella manica per l’innovazione del centrosinistra.
A maggio la carta rottamatoria non potrà più essere usata, almeno non contro gli spettinati e giovani Biffoni e Morgani, classe ‘74 e ‘73. L’asso nella manica del solito zibaldone destro, resta il fenomeno Aldo Milone, che fa lo sceriffo-assessore con lo stesso appeal di quando faceva il poliziotto nel 1995. Citato da Al Jazeera Tv, studiato nelle tesi universitarie, Aldo Milone con la sua “tolleranza zero è tanto osannato quanto odiato. Per capire il clima, oltre le lettere anonime di minaccia che riceve, basti pensare alla scritta “assassino”, comparsa su via Pistoiese dopo che era morto uno straniero caduto dal terrazzo inseguito dalla polizia.
Decenni fa la sinistra ne avrebbe fatto un Calabresi, oggi cerca di imitarlo, spaventata dai raid settimanali dei suoi 80 uomini. Aldo Milone snocciola il miliardo annuo di evasione di 357 evasori cinesi seriali, i laboratori clandestini, i 25mila lavoratori clandestini di 112 etnie che restano (anche se raggiunti da decreto di espulsione), le ditte che chiudono sistematicamente prima dei 20 mesi per evitare controlli, i sigilli violati dei macchinari sequestrati e rivenduti. Per lui la presenza cinese è in gran parte delinquenza sistematica consapevole. Non cessa di chiedere fondi, ottenerli e chiederne di più; potesse, chiederebbe i poteri di Mori contro la mafia negli anni Trenta. In alternativa, ha chiesto di legalizzare un quartiere a luci rosse per delimitare il fenomeno. A fatica si è frenato quando c’è stato il primo lutto cittadino della storia pratese in onore dei 7 operai cinesi, arsi nel rogo del capannone al Macrolotto. Ha raggiunto l’acme della popolarità e del suo contrario quando ha criticato l’incontro tra Napolitano ed una delegazione pratese e le ipotetiche “forme di sostegno”, si immagina, rivolte agli operai cinesi, ritenendole sospette di buonismo, al punto da quasi rompere con Cenni sulle aperture alla comunità orientale. Milone, determinante nella vittoria del 2009, è la star con la quale Cenni domina il suo blocco di centrodestra. Questo sindaco, con una maggioranza sgretolata; malgrado il blocco di 34 milioni (48 con la mancata fiscalità) per l’accusa di bancarotta fraudolenta per il fallimento della Sasch, doppiato per due decisioni di due tribunali diversi; malgrado l’arresto del suo avvocato (per altre ragioni); malgrado l’opposizione urlata al suo Parco della cittadinanza universale, posizionato nel controverso Macrolotto zero (capannoni inutilizzati nella Chinatown pratese) e presentato al bando Bloomberg, è arrivato al traguardo di fine legislatura.
I cinesi ci sono sempre e la globalizzazione non ha cambiato verso. La Sasch è stata acquistata per 400mila euro dalla russa Dubki-P. L’opposizione destra di Verdini e Bonaiuti alimenta guerre intestine in loco (Mazzoni, Bernocchi, Giugni, Magnolfi, Innaco), esplose nel congresso 2012 tra i 1196 iscritti Pdl, non si cura dei fermenti del Tp e preferisce il dialogo con i renziani. Questi ultimi stanno sempre, da 40 anni, a discutere dell’allungamento dell’aeroporto di Peretola, letale per Prato e vitale per il capoluogo regionale che ha perso in 40 anni metà degli abitanti. Berlusconi dopo la coordinatrice FI per la Toscana Faenzi, ne ha nominato una variante maschile, il giovane Parisi. Per tutte le destre che non si fidano il Cenni delle liste civiche è l’unico candidato, l’indigesto uomo solo al comando, che può vantare conti in ordine, la vittoria della guerra del gas (18 milioni per decisione Antitrust e Consiglio di Stato dalle municipalizzate Estra e Consiag, “casseforti” del Pd), 700 aziende Ict con 1800 addetti ed il fiore all’occhiello di aver fatto di Prato la capitale digitale delle smart cities e delle major cities of Europe grazie a quella Nocentini, già segretaria Uil Prato, che “rea di non avere la tessera di partito”, il Pdl voleva cacciare.
La Manchester italiana, seconda città toscana e terza dell’Italia centrale, 190mila abitanti, condivide pane e politica con Firenze in un’area metropolitana da un milione e mezzo di abitanti che dimensioni e distanze rendono un tutto unico. Mentre Firenze è divenuta la Renzicity monocorde di 19 anni ulivisti, Prato ha fatto il ribaltone. Lo zibaldone destro, che dovrebbe trarne spunto e giovamento, invece se ne preoccupa. Perciò, quando la delegazione pratese è uscita dal Quirinale, tutti sorridenti si sono fatti foto ricordo con le scolaresche romane. Tutti, tranne l’escluso Cenni. Buon segno.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:08