Lo Spazio Lidu su “L’Opinione”

Nuovi contributi e contenuti in virtù dell’accordo realizzato dal quotidiano “L’Opinione” con la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo che prevede uno spazio settimanale sul nostro giornale on-line dedicato alle attività e approfondimenti a cura della Lidu.

Questa Italia! – Spigolature

di Roberto Vismara

La gravida era giovane, ma decisamente sovrappeso e un po’ malconcia: rubizza, affannata, sudaticcia. Tutti segni di ipertensione forieri di guai per lei e per il nascituro. “Pressione?”, fece la dottoressa, “160 su 100” rispose l’ostetrica togliendo il bracciale dello sfigmomanometro. “Monitoraggio del feto e una fiala di Nifedipina, poi controllo della pressione ogni quarto d’ora. Signora – fece poi sorridendo alla paziente – niente paura, facciamo un controllino per vedere che il bambino stia bene!”. “Oddio, proprio stasera, mi perdo l’isola dei famosi!”, gemette la gravida mentre l’ostetrica preparava la siringa. Mentre la donna giaceva in sala monitoraggio, con le macchine che ronzavano e ammiccavano con le loro lucette verdi e rosse, la ginecologa entrò nella guardiola dove il resto del personale di turno quella notte beveva caffè seguendo appunto l’isola dei famosi su un piccolo tivù color portatile.

“Ma che cos’è st’isola dei famosi? – chiese la dottoressa alla piccola infermiera sarda che le versava il caffè – Lei la conosce, la segue?”. “Mì, dottoressa, la seguono un po’ tutti, ma lei dove vive?”. “Già, dove vivo – si chiese la donna sorseggiando il liquido bollente – vivo con un marito, tre figli, un cane e un gatto, con le rate del mutuo da pagare e l’aggiornamento professionale sempre più impegnativo, e a cinquant’anni suonati sono qui a passare la notte in ospedale…”. Cercò di concentrarsi sullo schermo, ma non vedeva altro che uno di quegli esperimenti di psicodinamica di gruppo che si studiavano al quinto anno di Medicina, in Clinica Neuro, solo ambientato in una spiaggia tropicale e con protagonisti dall’aria vagamente nota. “130 su 80 dottoressa, battito fetale accettabile – la voce dell’ostetrica la riportò alla realtà – se vuole vederla, c’è anche il marito”.

La gravida era sdraiata sul letto, collegata alle macchine da fili e tubi; il marito seduto accanto era piegato su di lei, le accarezzava la mano dando le spalle alla porta. “Bene signora – fece la dottoressa entrando – ora la ricovero così non corriamo rischi; e per stasera se l’è proprio persa, l’isola dei famosi”. A quelle parole il marito balzò in piedi e si girò verso di lei con l’aria sconvolta. “È finita la puntata? E com’è andata? – berciò l’uomo – chi è stato eliminato!”. “Mah, mi pare… Kabir Bedi e Aida”, rispose automaticamente la ginecologa, un po’ perplessa. “No! Quelli hanno avuto la nominescion! Ma chi, chi è stato eliminato?”, fece l’uomo quasi gridando. “Aida – fece, secca, l’ostetrica entrando – Lei sta per avere un figlio e forse ha rischiato di perderlo per una crisi ipertensiva di sua moglie, lo sa?”. Ma l’uomo si era già voltato e faceva alla moglie: “Hai visto Maria, è uscita Aida: come dicevamo noi!”. E sorrideva, felice.

Una volta...

La biblioteca del padre di Giacomo Leopardi conteneva meno di un decimo dei libri che ospita la mia: ma su di essi si formò Leopardi! Era tutta sostanza, non c’era zavorra o ciarpame: l’uomo era come l’ostrica, bastava un granello di sabbia che vi entrasse, e lui creava una perla. Oggi abbiamo in casa mille, duemila, tremila volumi, le biblioteche, le enciclopedie, Internet: ma siamo diventati come le cozze, dobbiamo filtrare quantità enormi di merda solo per mantenerci in vita, e niente perle!

Il miracolo a Primavera

Ad ogni primavera mi colpisce un aspetto della campagna; tra i cespugli e alberelli, quali ancora spogli, quali già verdi, all’improvviso alcuni di essi repentinamente si accendono e brillano ammantandosi di fiori bianchi, rosati, cremisi. Spiccano sul verde degli altri, rivelando una loro natura speciale, che li fa diversi, alieni, meravigliosi. Essi sono unici, ora, mentre fino a poco prima erano indistinguibili dai loro vicini. Una meraviglia della natura, inaspettata e sorprendente, come certi giovinetti e giovinette che allo schiudersi dell’adolescenza si fanno bellissimi, meravigliosi. Non più bambini, non ancora adulti, toccati dalla Grazia: per loro non brufoli, corpi impacciati, voci stridule, menti incerte, ma gote rosate, occhi splendenti, sorrisi candidi e affascinanti, movenze aggraziate come di danza... Poi queste piante perdono le loro incantevoli fioriture, e tornano nei ranghi, verdi come le altre, indistinguibili da esse; se non che alcune di loro, a suo tempo, produrranno frutti, e in questo saranno di nuovo diverse e speciali. Frutti ora dolci e succosi, ora aspri e non commestibili, peraltro. Anche quelle fanciulle e fanciulli dopo un breve periodo sfioriranno, torneranno simili ai loro simili, perderanno quella loro aura divina; ed anche loro, alcuni soltanto, daranno poi a suo tempo i loro frutti. Ad ogni primavera si osserva codesto miracolo, e lo possiamo vedere anche nei nostri figli, nei loro amici e compagni, di scuola o di giochi. Si prova, davanti a un tale prodigio, una sensazione di sorpresa, reverenza, quasi timore...

Per un’Europa dei Popoli

Sembra difficile capirci qualcosa nella attuale situazione finanziaria, ma una cosa sembra chiara: siamo, tutti, nella condizione di dover rinunciare ad una parte della nostra sovranità. Nell’attuale fase di globalizzazione finanziaria, nessuno dei vecchi Stati pare in condizioni di difendersi da quella che impropriamente chiamiamo speculazione internazionale. Per troppo tempo e con troppa enfasi abbiamo sentito parlare del mercato come di qualcosa che ha una propria “intelligenza” capace di autoregolazione. In realtà il mercato assomiglia più ad un cancro, proliferazione caotica di cellule aggressive che non hanno altro scopo che la loro riproduzione all’infinito (il profitto), e che se non imbrigliato e “curato” porta a morte l’organismo che lo ospita e, in definitiva, se stesso. Ora, questa devoluzione di sovranità può avvenire in due sensi: verso la malattia, arrendendoci ai dettati della finanza internazionale, applicando le “ricette” del mercato stesso, o verso la cura, cioè accelerando i processi di unificazione Europea con legislazione comune per quanto riguarda la sfera fiscale, quella pensionistica, ecc. E magari con l’occasione dandoci anche, noi popoli d’Europa, una politica estera e di difesa comuni, senza le quali potremmo tutt’al più essere, come fu detto anni fa, “un gigante economico, un nano politico, un verme militare”. In un mondo che si avvia ad essere economicamente dominato dai cosiddetti Bric (Brasile, Russia, India e Cina), i singoli Stati europei non hanno alcuna speranza di sopravvivenza; solo un’Europa unita e solidale può sperare di mantenere un ruolo adeguato sullo scacchiere planetario. Ma a condizione che sia un’Europa “dei popoli”, della gente, in cui la devoluzione di poteri nazionali avvenga non a favore di organismi finanziari incontrollabili, ma di istituzioni comunitarie democraticamente elette dai cittadini europei. Delle due l'una: o fuori dall’Euro o dentro una “Vera” Europa, sovranazionale e democratica!

Politiche di genere: qualche considerazione

di Maria Vittoria Arpaia

Ogni anno in Italia, ad una data precisa, si materializzano le polemiche e le considerazioni elaborate da centri studi, giornali, dibattiti televisivi e luoghi di lavoro riguardo alle politiche di genere. É ormai uno sciame sismico che serve per riempire un vuoto di proposta progettuale che nel nostro Paese esiste in tema di Diritti Umani in genere, figuriamoci le politiche di genere poi.

Le lezioni di Michel Foucault al Collège de France hanno evidenziato che ogni mutamento sociale è l’immediata conseguenza del cambiamento dei sistemi di controllo e quindi di potere nelle società di riferimento. Questo interessante paradigma che va ben oltre le costruzioni che ruotano attorno al mutamento delle strutture socio economiche di marxiana memoria. Le politiche di genere non fanno eccezione a questa regola. In Italia le donne sono presenti in quote che ora eccedono addirittura il 50 per cento dell’organico delle aziende appartenenti a particolari settori economici. In altre aree economiche possono esserci in quote notevoli sebbene al di sotto della parità. Va comunque rilevato che tale presenza si inverte man mano che si salgono i gradini del potere aziendale al vertice della piramide. É stato ampiamente evidenziato che il livello di istruzione delle donne è più alto di quello degli uomini. Ma anche sul tema va fatta qualche opportuna valutazione se i titoli conseguiti sono sempre congruenti con il lavoro ottenuto.

Non ha quindi significato sostanziale il perseguimento di una parità meramente numerica tanto per quietare le buone coscienze ed il buonismo tipico di alcune ben precise aree politiche. Da qui la ovvia bocciatura in sede parlamentare della parità tout court che non mi sorprende, ma che ha fatto gridare allo scandalo molte anime belle sparse in tutti i canali di informazione.

La pensatrice spagnola María Zambrano ha pensato profondamente la feconda diversità uomo donna come una ricchezza da utilizzare sagacemente. La diversità perde significato laddove viene commisurata ad un parametro condizionato da efficientismo del profitto. In una società “aperta”, il lavoro non sarebbe un luogo di conflitto e di competizione maltusiana. Il lavoro sarebbe una creazione di valore il cui livello sarebbe legato al grado e alla qualità di istruzione personale e di formazione aziendale conseguita.

É questa l’opportunità alla quale devono accedere paritariamente uomini e donne. La cosiddetta parità di genere è un prodotto elaborato da una complessa trafila fondata sul costume, sulla qualità del lavoro non alla sua frenesia, sul livello della formazione e non solo sull’addestramento raccogliticcio in uso oggi perché “non si deve perdere tempo” e si deve fare profitto rapidissimamente, costi quel che costi. La parità è quindi un fenomeno antropologico molto complesso ed è legato a fattori di lungo periodo e non alle mode e agli opportunismi politici di qualche gruppone parlamentare che ha bisogno di buonismo in quanto privo di capacità progettuale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:02