
“La rivoluzione in Rai” chiesta dalla consigliera Luisa Todini (eletta in quota Forza Italia) al Premier e segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, non è ancora iniziata. Anzi, non se ne vedono le tracce dopo che il Consiglio di amministrazione di giovedì scorso ha nominato all’unanimità come direttore di Radio e Gr1 Flavio Mucciante e come responsabile ad interim di Radio 2 Nicola Sinisi.
“Faccia uscire la politica dalla Rai”, era stato l’appello partito dalle colonne del Corriere della Sera di qualche settimana fa. Niente da fare. Siamo come prima, come ai vecchi tempi della “beata spartizione”. Mucciante, cattolico e cresciuto giornalisticamente tra L’Avvenire, il quotidiano dei Vescovi, e la Radio Vaticana e sponsorizzato dal consigliere Rodolfo De Laurentiis, amico di Casini e Cesa dell’Udc? Nessun problema. Il bilanciamento è pronto per gli equilibrismi del direttore generale, Luigi Gubitosi. Sale di rango Nicola Sinisi, che prima delle esperienze radiofoniche era stato direttore generale della Sipra (la società di pubblicità della Rai). Viene considerato, come si dice a Saxa Rubra, in quota Franceschini, ministro ed ex segretario del Pd.
Nomine all’unanimità. Non parla neppure il consigliere Marco Pinto, che dopo aver espresso considerazioni favorevoli per l’ex premier Mario Monti e in seguito per Enrico Letta, oggi, dicono sempre i maligni di viale Mazzini, gravita nell’orbita renziana. Da tre anni non parlano neppure Guglielmo Rositani e Antonio Pilati, mentre di tanto in tanto si fanno sentire in coppia l’ex pm Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, la figlia di Walter ucciso dalle Brigate Rosse, i quali sono approdati al settimo piano di viale Mazzini dopo una consultazione con la società civile da parte dell’allora segretario del Pd, Pierluigi Bersani. Certo il centrodestra di Berlusconi ed anche di Fini prima della rottura (Rositani è un ex parlamentare del Msi e di An) non hanno fatto mancare la loro pressione. Se però si analizzano i risultati delle elezioni per i congressi del sindacato interno (Usigrai), si vedrà che la maggioranza dei giornalisti ha oscillato sempre tra il 70 e 80 per cento a favore dei movimenti di sinistra.
La richiesta della consigliera Todini potrà essere realizzata? Prima c’è da osservare che il Cda di giovedì avrebbe dovuto prendere in esame i perché e le cause che hanno portato al tracollo della radiofonia Rai a 60 anni dalla nascita a Torino nel 1924 dell’Unione radiofonica italiana (Uri), diventata poi Eiar (1928). Il Cda non ha esaminato alcun dossier in materia, eppure i dati recenti del tonfo del Gr1, del Gr2 e del Gr3 erano sotto gli occhi di tutti gli operatori del settore e quindi anche dei vertici di viale Mazzini.
Il solito tam tam di via Teulada, via Asiago e Saxa Rubra aggiunge che presto ci saranno altre nomine. Per un direttore nominato, un altro da collocare (Antonio Preziosi, dopo aver rifiutato le sedi di corrispondenza di Parigi e Bruxelles, forse sarà nominato responsabile dell’informazione Rai per l’Expo 2015 nella nuova sede milanese). E i problemi? Quelli veri non si vogliono affrontare, osserva il sindacalista dello Snater, Piero Pellegrino: i costi eccessivi non sono quelli degli 11.661 dipendenti, ma quelli relativi alle 45mila collaborazioni esterne, quelli degli appalti e dei programmi “chiavi in mano” dei soliti big esterni del mondo della fiction, dello spettacolo e dell’intrattenimento. La Rai è indietro sul piano tecnologico, ha sperperato il tesoro della radiofonia e non trova strategie contro l’evasione del canone, salvo il ritornello relativo alla sua scadenza che ha indispettito tutti.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:13