
Nuovi contributi e contenuti in virtù dell’accordo realizzato dal quotidiano “L’Opinione” con la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo che prevede uno spazio settimanale sul nostro giornale on-line dedicato alle attività e approfondimenti a cura della Lidu.
La Lidu saluta il voto della nuova legge istitutiva del reato di tortura e trattamenti inumani e degradanti. Per anni la nostra organizzazione si è battuta prima per la ratifica della convenzione contro la tortura e i trattamenti inumani e degradanti sottoscritta dallo Stato italiano; poi, dopo la ratifica, perché venisse dato un seguito all’impegno internazionale assunto, facendo una figura specifica di reato della condotta di chi infligga ad un altro essere umano torture o trattamenti degradanti. La normativa approvata ha un suo punto di forza nell’aggravante stabilita qualora il reo sia un pubblico ufficiale. È un traguardo di civiltà che speriamo venga seguito dalla dovuta attenzione della magistratura inquirente e giudicante.
Australia, un fumetto nega il diritto d’asilo
di Tiziana Primozitch
Il governo di Tony Abbott continua a stupire per l’assoluta disattesa, in termini di diritti umani, nei riguardi dei richiedenti asilo di provenienza asiatica che tentano di approdare sulle coste australiane a bordo di barconi fatiscenti. Dopo le controverse notizie secondo le quali la marina australiana tiene a bada con le armi imbarcazioni cariche di persone in fuga da regimi totalitari, respingendole al mittente, l’ultima trovata dell’Australian Department of Immigration and Citizenship per scoraggiare i migranti, è una storia a fumetto dedicata alla sorte che i boat people subiranno se tenteranno di entrare in Australia. Il racconto in vignette culmina con le immagini di richiedenti asilo che languono miseramente in campi pieni di zanzare, in cui campeggia la scritta “Nessuna speranza. Non troveranno casa in Australia”. Un modo cinico e poco elegante per far capire, a persone che hanno un disperato bisogno di mettersi al riparo da conflitti, torture e persecuzioni, che la sorte che li aspetta in Australia è peggiore di quella da cui stanno fuggendo.
Di fatto ogni richiedente asilo che arriva in Australia via mare è detenuto in un centro su isole esterne al Paese per un periodo di tempo indefinito, senza accusa né processo. Non hanno idea di quando usciranno, non c’è una sentenza o un limite di tempo. Essi sono lasciati in uno stato di attesa perenne. Autolesionismo e suicidio dilagano in questi centri di detenzione e gli uomini che hanno fatto viaggi pericolosi con l’intento di portare la loro famiglia in salvo, restano immobilizzati in carcere, mentre la loro famiglia rimane in pericolo. I rifugiati che arrivano via mare sono per la maggioranza i Tamil dello Sri Lanka, in fuga da una sanguinosa guerra civile ed una pulizia etnica, gli Hazara dal Pakistan e dall’Afghanistan, una minoranza etnica perseguitata, gli iraniani che hanno sofferto persecuzioni ed i vietnamiti perseguitati per ragioni politiche o religiose.
I centri di detenzione esteri in Manus Island e Nauru, veri lager, sono stati riaperti. Capita anche che le madri siano separate per alcuni periodi dai loro figli. Razzismo e xenofobia sono prevalentemente diffusi e rafforzati dal governo conservatore. Una recente ricerca ha rivelato come gli atteggiamenti negativi nei confronti dei richiedenti asilo sono basati su false credenze della popolazione australiana. Gli atteggiamenti della gente sarebbero diversi se le persone fossero informate correttamente ed istruite sul tema. Il governo cerca di proposito di disumanizzare i richiedenti asilo, come quando divulgò la falsa notizia che tali persone gettavano i figli dai barconi. Anche per questo i centri di detenzione sono costruiti in luoghi isolati con difficile accesso. Questo per impedire che il lato umano della storia dei richiedenti asilo possa raggiungere la coscienza pubblica. Eppure Indonesia, Vietnam, Cambogia Bali e Thailandia sono le mete preferite dal turista australiano, che andandoci in vacanza può toccare con mano il mite carattere di quelle popolazioni. “Quando sono arrivata a Bali – racconta Fausta, una giovane italiana con il visa student per l’Australia – mi è stato detto di non dire che arrivavo da Melbourne. Questo perché gli australiani qui sono malvisti per il trattamento che riservano ai migranti che arrivano dal mare”. Nel futuro potrebbe accadere che per reazione ad una politica migratoria così violenta e cinica, questi Paesi decidano di bloccare a loro volta gli arrivi dall’Australia.
La crisi umanitaria del lavoro in Italia
di Maria Vittoria Arpaia
I giornali e gli altri canali informativi stanno dedicando uno spazio crescente al dramma delle famiglie che hanno un lutto per motivi economici.
Il suicidio è pur sempre un gesto estremo che un essere umano decide di fare quando sente di non avere alcuna via d’uscita, quando si accorge che la solidarietà degli altri è solo una definizione vuota e priva di efficacia, quando anche le strutture sociali di assistenza vengono meno. Da notare che il numero dei suicidi per motivi economici è in crescita. Di recente, il Corriere della Sera ha indicato ben 143 persone morte ogni 2,3 giorni. Si tratta di un dato da guerra civile e non più da una delle tante crisi economiche che sono esplose dal dopoguerra ad oggi. Mi domando: quanti saranno i morti negli altri Paesi dell’Unione Europea? Un cifra che fa riflettere!
Alcuni organi di informazione hanno lasciato trapelare che l’Istat non riporta il dato delle morti per suicidio da due anni. Se le cose stanno così, possiamo dire senza esitazione che si tratta di un dramma umanitario in casa nostra. Noi che eravamo tutti abituati a parlare dei drammi di altri continenti! Ci viene da pensare che l’inerzia delle autorità preposte alla gestione e il controllo dell’andamento economico europeo e italiano non siano attivi volutamente. Che una volontà politica trasversale e nascosta stia decidendo di mandare al massacro un’intera civiltà europea a vantaggio di un ristretto gruppo di persone al timone. Gli spazi lasciati aperti dall’inerzia delle classi politiche delle nazioni europee è stato da tempo occupato da una ristretta cerchia di superburocrati che non rispondono a nessuno per le infauste ricadute del loro operato. L’azione di una casta tecnocratica continentale europea sta di fatto demolendo tutte le specificità degli Stati nazione che hanno voluto in qualche modo realizzare l’idea di Europa unita. Ma nessuno ha previsto a quali distorsioni sarebbe stato sottoposto il processo di unificazione e coordinazione delle politiche degli Stati membri. Cosa possiamo sinteticamente dire riguardo all’attuale processo di unificazione? Possiamo senza esitazione affermare che il processo di integrazione europea è fondato da un terrore disseminato in tutti gli Stati membri.
Dilaga la disoccupazione, una totale precarietà del lavoro, una demolizione a marce forzate dei diritti e delle politiche sociali a sostegno di una vita dignitosa dei cittadini dell’Unione. Si sta mirando alla distruzione delle politiche scolastiche sostituite da corsi di addestramento, ad un lavoro che somiglia sempre più alle catene del film “Metropolis” di Fritz Lang. Il liberismo mira - perché è più facile – all’appiattimento verso il basso di tutte le funzioni lavorative e quindi dei livelli retributivi. Neanche a parlarne di politiche sociali! Costano troppo e gli eventuali effetti virtuosi si manifesterebbero ben oltre il brevissimo termine in cui vanno distribuiti gli utili delle corporations industriali e, ora in numero crescente, quelle bancarie e finanziarie.
Signori, il catalogo è questo! Dentro questo quadro si va diffondendo un malsano odore di morte per fame, per umiliazione, per disperazione che molto male fa a chi ne è vittima, ma coloro che ne rimangono vivi non certo stanno meglio. Le aspettative di un futuro migliore vengono meno, e la marea che ne segue colpirà con violenza anche i provocatori, ma loro pensano di farla franca perché hanno dimenticato la storia.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:01