
L’Italia si inchina a “La Grande Bellezza” di Paolo Sorrentino che vince l’Oscar come miglior film straniero. Bravo, bene, bis. Anche il nostro Presidente del Consiglio si dichiara orgoglioso del clamoroso successo che dà lustro all’italianità nel mondo. Ma, meriti artistici a parte, siamo proprio sicuri che lo spaccato di Paese descritto da Sorrentino dia prestigio alla nazione? Noi crediamo che non sia così e che il mondo descritto nel film sia lo scorcio agrodolce di una società corrotta ed inciuciona di cui non bisognerebbe essere orgogliosi. Riteniamo inoltre che anche il regista intendesse demolire la decadente società italiana per convinzione, per voglia di apparire politicamente corretto ma anche per una sorta di captatio benevolentiae verso l’opinione che il mondo ha di noi.
Viene quindi paradossalmente il dubbio che la giuria abbia considerato l’opera come un docufilm di denuncia di quel degrado tricolore che dovrebbe farci vergognare e che invece suscita gli applausi di una società assuefatta a tutti i livelli che condivide il disgusto espresso anche se, segretamente, considera furbo lo smanettone e fesso quello onesto. Tutti in piedi a fare la standing ovation attribuendo la corruzione a chi c’era prima, classico modo italico per lavarsi la coscienza e auto-attribuirsi la patente di integrità. Sta di fatto che, con il nuovo corso renziano, quello di colui che ci mette la faccia (bisognerebbe capire cosa ci mettono i cittadini), nulla è cambiato rispetto al modello Sorrentino.
C’è poco da applaudire, perché il paladino delle nuove generazioni sta esprimendo totale continuità rispetto al passato: mostra di essere veloce e disinvolto solo a parole mentre nei fatti è il solito manuale Cencelli per distribuire le cadreghe governative, i soliti sottosegretari chiacchierati, i ministri inquisiti piuttosto che le solite promesse di riduzione della pressione fiscale cui si risponde con il solito aumento delle imposte (questo è la revisione della Tasi, termine gentile per dire che è aumentata).
È la grande bellezza baby, la bellezza trasformista dei due forni: uno per le riforme ed uno per il Governo. È la bellezza dell’ipocrisia mostrata a reti unificate senza la minima vergogna, quella che rende il politico bugiardo a tal punto da affermare un minuto prima che non ci sarebbe stato mai più un Governo Pd-Ncd per poi contraddirsi un minuto dopo. È la grande faccia tosta di Alfano, il diversamente berlusconiano disponibile solo a Governi di salvezza nazionale, che adesso si ritrova organicamente in un Governo politico a trazione sinistra senza fare una piega. È il grande incesto di uno come De Benedetti che, stando alle affermazioni di Fabrizio Barca, cerca di fondere politica e impresa. Il tutto per ottenere (ciò che probabilmente otterrà) l’estensione del capacity payment, ovvero quel meccanismo attraverso il quale i proprietari di centrali termoelettriche vengono remunerati lo stesso anche se le turbine restano ferme, semplicemente per la produzione potenziale che esse potrebbero assicurare alla bisogna. Ciò perché la sua Sorgenia versa in una grave situazione di bilancio e la liquidità in cassa assicura solo pochi giorni di vita e quindi necessita della solita grande paghetta di Stato.
E nel frattempo la pressione fiscale è al 44,3%, le piccole imprese impiegano 269 ore l’anno per effettuare 15 adempimenti fiscali, con una spesa di 12mila euro solo per portarli a termine, mentre la politica se ne duole e promette (come al solito) la grande riforma, quella epocale che tutto risolverà. Congratulazioni, la grande bellezza italica fa mostra di sé. Applausi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:08