
Sulla nomina di Federica Guidi al ministero dello Sviluppo si è già cominciato a fare polemica e qualche distinguo, anche all’interno dello stesso Consiglio dei ministri e nelle segreterie di partito (vedi Pd). Serviva un imprenditore alla guida del dicastero preposto allo Sviluppo per comprendere le esigenze delle imprese da sempre “in cima ai pensieri e alle priorità di tutti i Governi” ma mai realmente ascoltate. Nessuna nomina è stata migliore, diciamo noi, perchè la Guidi ha fatto bene come presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria così come ha fatto bene in azienda. Una persona del fare e non dedita alle demagogie del non fare politichese di italica memoria.
Matteo Renzi l’ha nominata e ne tuteli l’integrità, non solo - come ha affermato - “con una supervisione”, ma con affermazioni che ne determinino l’autonomia, seppur ovviamente in linea con la Presidenza del Consiglio come avviene per tutti i dicasteri. Ma la Guidi non ha bisogno del tutor. Se c’erano problemi di “conflitti di interessi”, come ha ventilato qualcuno, perché nominarla?
Risulta che, subito dopo la nomina, Federica Guidi ha lasciato tutte le cariche in aziende e di riflesso istituzionale come quella a “Sviluppo Italia”. Forse è la vecchia mentalità di una nomenklatura ex comunista che vede ancora “i padroni nemici della classe operaia”? Speriamo proprio di no, lasciamo lavorare la Guidi e vedremo che se avrà spazio potrà dimostrare le proprie capacità come ha già fatto in passato.
Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 20:38