Quella Giustizia nel nome del glutine

Se i medici accertano che tuo figlio ha una patologia e deve essere protetto evita di manifestarlo, fai finta che non corre alcun pericolo; sorridi. Altrimenti ti diranno che sei pazza, che hai la “Sindrome di Münchhausen”, la sindrome da alienazione genitoriale (o Pas, dall’acronimo di Parental Alienation Syndrome).

G.G. e E.C. hanno contratto matrimonio concordatario; dalla loro unione nel 2006 a Roma è nato J. Si sono separati nel 2011. Uno tra i violenti contrasti verte sulla dieta alimentare del minore, oltre ad aggressioni fisiche (percosse, minacce) e atti persecutori (stalking) da parte dell’ex marito. L’obiettivo vero consiste in una lotta “fino alla morte” (come ha scritto) contro la madre del minore. Il contrasto ha generato un procedimento di modifica delle condizioni di separazione, davanti al Tribunale Civile di Tivoli, attivato dall’ex marito e concluso nel luglio del 2012 con un pareggio. A sostegno della domanda, il padre del minore, invece di preoccuparsi di approfondire la conoscenza delle condizioni di salute del figlio, ha dedotto che l’ex moglie mostra evidenti e gravi segni di instabilità di ordine psicologico, con effetti devastanti sul figlio; è affetta dalla Sindrome di Münchhausen (il caso più tipico di detta sindrome è quella della madre che usa la malattia di un figlio per attirare l’attenzione su di sé), accertata con una telefonata da un pediatra, poi sanzionato dall’Ordine dei medici.

La scienza medica sostiene che la celiachia sia una malattia fortemente pericolosa proprio per la difficoltà di accertamento. La madre del minore è celiaca e l’affezione è stata accertata solo all’età di 37 anni. Peraltro, non solo non è necessaria la gravità del pregiudizio, ma neppure occorre che un pregiudizio si sia già verificato, essendo sufficiente il mero pericolo. Come pure non è necessario che la condotta pregiudizievole sia volontaria (ed è questo il caso, in quanto il padre l’ha espressamente dichiarato), essendo sufficiente la sua mera attitudine obiettiva ad arrecare danno. Nel giudizio richiamato è stata disposta una consulenza tecnica d’ufficio, nella quale il consulente d’ufficio afferma: “Tutto ciò premesso, nel caso in esame è possibile affermare che, tranne che nel rilievo ematochimico del 26.01.2010 ove la ricerca di anticorpi antigliadina IgG risultava lievemente superiore ai valori di norma, non si è avuto riscontro di alterazioni relative al dosaggio degli anticorpi specifici Ema, tTG e Aga Deamidati. Conclude il Ctu che l’assenza di anticorpi specifici nel sangue non può deporre per una corretta diagnosi di malattia celiaca. Successivamente, sempre davanti al Tribunale Civile di Tivoli, è stata depositata nell’agosto del 2012 una richiesta di provvedimento di urgenza da parte della madre del minore, considerato che era emersa una nuova prova, proprio quella prova che mancava per diagnosticare l’affezione celiaca o comunque l’intolleranza al glutine richiesta dallo stesso perito del Tribunale.

Il certificato, emesso nel luglio del 2012 dal servizio di patologia clinica dell’ospedale San Pietro – Fatebenefratelli di Roma (ritenuto dal padre del minore, con la vocazione del medico, impossibile) ha evidenziato, a seguito di accertamenti diagnostici, la presenza di anticorpi Anti-gliadina Deamidata: esito 17 ru/ml (0,1 – 10), confermata dal certificato di accompagnamento del primario del reparto. Il giudice designato si presenta all’udienza dichiarando di non conoscere nulla del fascicolo, in quanto è tornata quel giorno dalle ferie. È palese che non ha letto nulla, non sa di cosa si stia parlando. Il difensore della ricorrente chiede una decisione immediata, come prevede il codice. Si tratta della salute e dell’incolumità di un bambino. Il caso è semplice, bisogna decidere se il bambino è intollerante al glutine sulla base di certificati medici depositati, in quanto il padre somministra al figlio cibi contenenti glutine. Con ordinanza emessa nel novembre 2012, il giudice dichiara inammissibile il ricorso perché la madre del bambino non è legittimata attiva, non può rappresentare il figlio minore di età di 6 anni e la condanna a pagare le spese del giudizio, circa 2.500 euro oltre accessori.

Il difensore della ricorrente propone reclamo al Collegio. L’udienza è fissata nel gennaio 2013. Trascorsa l’intera mattinata la causa è chiamata alle 13. Sorpresa! La causa non può essere trattata perché nel fascicolo del reclamo manca il fascicolo del precedente provvedimento d’urgenza. Dove si trova? Nella stanza accanto a quella dell’udienza, ma nessuno può prendere il fascicolo del provvedimento d’urgenza e depositarlo sotto o sopra quello del reclamo. La causa viene rimandata al marzo 2013.

Sono trascorsi quasi 7 mesi da quel lontano 27 agosto 2012, trattandosi di un procedimento di urgenza. A marzo 2013 il Collegio giudicante emette l’ordinanza, nella quale dichiara l’errore del giudice di primo grado: “Ritiene il Tribunale che il giudice del cautelare abbia errato, la madre può rappresentare il figlio”, ma il Collegio si dimentica di annullare la condanna alle spese processuali di circa 2.500 euro. Inoltre, il Collegio ritiene che la copiosa documentazione fornita da parte reclamante non ha fornito prova certa della esistenza di una intolleranza al glutine, ma solo un possibile sospetto (un sospetto in medicina è qualcosa), non seguito da quella certezza richiesta per giustificare un regime alimentare alternativo. La condanna alle spese segue la soccombenza ed è liquidata nella misura di 2mila euro. In totale 5.500 euro oltre accessori per un complessivo di circa 7mila euro. A tutto voler concedere, ma se esiste un sospetto come affermano 3 giudici anche la certezza che il bambino non abbia alcuna intolleranza decade. Il padre del minore nel marzo 2013 presenta un esposto all’Ordine dei medici contro i 5 medici che hanno diagnosticato la celiachia al figlio.

Una prima querela per lesioni volontarie nei confronti del minore viene presentata il 21 ottobre 2011. All’epoca bisognava provare che il padre somministrava al figlio alimenti contenenti il glutine e quali elementi di prova sono stati indicati sms scambiati tra i genitori (poi il padre ha espressamente dichiarato in scritti e atti giudiziari di somministrare al figlio cibi contenenti il glutine). Nei messaggini inviati, l’ex marito, oltre a sostenere di alimentare il figlio con il glutine, vomitava contro l’odiata ex moglie tutta una serie di insulti e offese. Il pubblico ministero presso il Giudice di Pace Penale di Roma archivia: “La parte offesa non è in grado di indicare nominativi di testi neutrali ed indifferenti a conferma delle presunte ingiurie e minacce avvenute tramite telefono” (non è dato capire quali testi avrebbe dovuto indicare se le presunte ingiurie e offesa sono avvenute con il cellulare, come lo stesso Pm asserisce). La dottoressa G. non si è avveduta che il reato ipotizzato nella querela non era quello di ingiurie (art. 594 c.p.), ma quello di lesioni volontarie nei confronti di un minore. Lesioni volontarie nei confronti del figlio, è bene ripetere.

Il 23 febbraio 2012 viene presentata un’altra querela sia per il reato di lesioni nei confronti del minore e sia per i reati di maltrattamenti, percosse, minacce, atti persecutori, molestie. Il Pm del Tribunale archivia. Non svolge alcuna indagine sui reati di maltrattamenti, percosse, minacce, atti persecutori, molestie. Sulle lesioni così motiva: “Il Pm ha deliberato di presentare al Gip archiviazione. Proposta opposizione all’archiviazione anche il Gip archivia, ignorando i reati di maltrattamenti, percosse, minacce, atti persecutori. Sulle lesioni così decide: “L’istruttoria svolta in sede di modifica delle condizioni di separazione, all’esito di specifici, pertinenti esami clinici (è stata semplicemente valutata la documentazione medica depositata dalle parti) ha appurato che il minore non è affetto da malattia celiaca, non apparendo sul punto necessari ulteriori accertamenti medici”. È sfuggito al Gip che, terminata la causa di modifica delle condizioni di separazione, la storia del minore è continuata e sono stati accertati i marcatori fondamentali per diagnosticare il morbo celiaco (laboratorio di analisi dell’ospedale San Pietro – Fatebenefratelli).

Viene facile essere in sintonia con i membri togati del Csm sulla apertura del fascicolo (su iniziativa dei membri laici di centrodestra) nei confronti del giudice Nicola Russo, presidente del Collegio del Tribunale di Napoli che sta giudicando Silvio Berlusconi sulla vicenda della compravendita dei senatori. Dice bene il dottor Vittorio Borraccetti, contrario all’introduzione del principio della presunzione di sfiducia. Come pure dice bene la dottoressa Pina Casella di Unicost: “Un’iniziativa sopra le righe verso un giudice di valore elevatissimo”; e ancora il dottor Alessandro Pepe di Magistratura indipendente, che afferma “non c’è nessuna possibilità di sospetto su un magistrato che ha sempre dimostrato la massima correttezza”.

Sarebbe interessante, oltre che giusto, atteso che si tratta della incolumità di un bambino, conoscere le opinioni e le valutazioni dei citati valorosi magistrati sul piccolo caso qui rappresentato. Uno dei milioni di casi che riguardano l’attività giudiziaria in Italia. L’attenzione rivolta (anche dai media) ai processi del dottor Berlusconi silenzia il grande oceano dei 10 milioni di processi pendenti (da fare), che riguardano almeno 20 milioni di italiani, la metà degli elettori (44 milioni). La giustizia fa il suo corso e il bambino aspetta; la madre quando la sera torna a casa ha paura.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:11