
Chi ha vinto realmente Sanremo? Matteo Renzi, lo showman fuori concorso, con il famoso brano “Enrico stai sereno”. La storia è avvincente e parla di tradimenti messi nero su bianco a pagina 28 del libro “Oltre la rottamazione”, con uno struggente passaggio in cui lui giura eterno amore a “lei”: “Non è solo per amicizia personale verso Enrico Letta che mai accetterei di fare il segretario del Partito Democratico per avere in mano la vita o la morte del suo Governo. Ma è anche per una questione di dignità. Qui in ballo non ci sono semplicemente le carriere politiche o le ambizioni – del tutto legittime, s’intende – di singoli esponenti politici. Qui c’è in ballo l’Italia, che è il mio, il nostro Paese. Fare il tifo per l’Italia impone oggi di fare il tifo per Letta”.
Poi è andata come sappiamo, forse perché di mezzo – come nelle migliori storie di tradimento – ci si è messo “l’altro” (Napolitano) il quale, pressato dai colpi di chi lo voleva dipingere (a torto?) come “il sarto di Panama” dei Governi targati Eurotower, ha scaricato Letta.
In verità, anche durante le Primarie il nostro Matteo sciupafemmine aveva sedotto la platea parlando di un Governo composto da cinque uomini e altrettante donne, ma anche in questo caso sappiamo com’è andata a finire, con una compagine grosso modo in linea con gli altri Esecutivi. In questo non gli si può dire nulla, ha veramente la faccia tosta di chi è nato per calcare la scena e infatti fa tanto fumo con l’età media dei ministri, con il numero di donne (e di puerpere) e menate simili ad uso e consumo dei talk di intrattenimento impazienti di fare valutazioni estetiche senza avere la pazienza di attendere i fatti.
Ottimo anche il direttore d’orchestra, tale Carlo De Benedetti, il quale – a dire di Fabrizio Barca – avrebbe spinto non poco per nominare gli strumentisti e influenzare la giuria. Sì, proprio quel De Benedetti salito agli onori della cronaca per avere creato il Gruppone editoriale che tutto muove, ma anche quello stesso che si è mangiato la Silicon Valley Italiana (Olivetti), quello che speculò su Banco Ambrosiano e Fiat senza che nessuno potesse coglierne alcun beneficio, colui che ricevette in regalo dallo Stato la Omnitel rigirandola ai tedeschi a peso d’oro. Se ancora non aveste inquadrato il personaggio, potremmo ricordare la grande opera della Telecom che aveva come presidente il suo avvocato (Guido Rossi) e della cui società il nostro Cidibbì (come lo chiamano gli intimi) acquisì azioni a prezzi stracciati per poi rivenderle guadagnando una fortuna. Parliamo del nobile genitore del manager della Carlyle, società che acquista aziende pubbliche in saldo per poi rivenderle a prezzi di mercato, ma ci riferiamo soprattutto a colui il quale possiede la Sorgenia (società energetica con un buco enorme nel bilancio) e la Carbone Tirreno Power, centrale finita nell’occhio del Ciclone per problematiche di tipo ambientale. Il caro direttore d’orchestra, quindi, non fa certo musica per il bene dell’Italia o di Renzi, figuriamoci. È semplicemente nei guai con le sue aziende e ha un bisogno disperato di referenti governativi che gli possano fare una mandrakata utile a liberarlo di qualche rogna di troppo. Ma non è tutto.
Matteo, il nostro cantante sedicente New Age, cerca di incantare il pubblico con un motivetto finto nuovo che somiglia però troppo, veramente troppo, ad un classico sanremese d’altri tempi, di quelli che tanto piacciono a Berlusconi che infatti non ne chiude bocca e non perde occasioni per omaggiare il sindaco di Firenze in una corrispondenza di amorosi sensi. Grazie dei Fiori!
Alla coreografia perfetta non mancano neanche i disoccupati (lo saranno prima o poi), che si appendono sulla balaustra dell’Ariston e recano il nome di Angelino Alfano, Pippo Civati e Gianni Cuperlo pronti a sabotare il neonato Governo che adesso le sparerà grosse in tema di programmi, annunci, squadra vincente, viaggi all’estero, credibilità internazionale e menate varie che si dicono quando la targhetta sulla porta del Premier odora ancora di nuovo. A sentire Barca “non c’è un’idea, c’è un livello di avventurismo. Non essendoci un’idea, siamo agli slogan. Questo mi rattrista, sto male, sono preoccupatissimo perché vedo uno sfarinamento veramente impressionante”.
Quando tra due mesi i cittadini capiranno che dietro c’è il nulla, che le aule parlamentari si saranno trasformate in un Vietnam, quando capiranno che siamo agli slogan buoni solo per un tweet, allora, probabilmente, il nostro cantante Matteo farà (politicamente) la fine di Luigi Tenco. Con l’unica differenza che Tenco fece un gesto eclatante per questioni artistiche, mentre il neo Premier sarà stato vittima di un gioco d’azzardo e della sua boriosa incoeRenzi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:16