Friedman scopre l’acqua calda

Non si comprende come mai la vicenda descritta da Alan Friedman nel suo libro desti tutto questo scalpore visto che molto prima Zapatero, in un suo libro, scrisse che Berlusconi era caduto perché non aveva voluto inginocchiarsi ai poteri forti.

È il classico segreto di pulcinella che non dovrebbe scandalizzare nessuno, ma far arrossire i negazionisti della prima ora che difendevano a spada tratta il Presidente della Repubblica, vittima di ignobili attacchi e bla bla bla. Ma cerchiamo prima di mettere in fila i fatti: nel mese di giugno del 2011 Napolitano convoca Monti per lasciargli intendere che esista le possibilità per il professore di assumere la carica di Premier. Contestualmente gli sottopone, per il tramite di Corrado Passera, quello che sarebbe stato il futuro (non realizzato) programma di Governo sul quale il banchiere lavorava da tempo. Il tutto mentre Berlusconi era ancora in sella, le fibrillazioni politiche erano minime e lo spread era tra i 150 e i 200 punti base.

Di lì a poco sarebbe arrivata la famosissima lettera di messa in mora da parte della Bce e, sempre nello stesso periodo, l’Italia avrebbe assistito alla triste conferenza stampa di Merkel e Sarkozy con annesse risatine nei confronti del Premier italiano in carica. Berlusconi si sarebbe dimesso nel mese di novembre (con lo spread a 500), ma “i lavori preparatori” sarebbero verosimilmente cominciati almeno cinque o sei mesi prima. Fin qui la storia suffragata dalle testimonianze di Prodi, De Benedetti e dello stesso Monti, che solo adesso decidono di vuotare il sacco forse per mandare in pensione anticipata Napolitano impalcando una mortadella al Quirinale (illazione maliziosa). Quella dei tre moschettieri di cui sopra è un’aspirazione legittima, per carità, così come legittima è la prerogativa rivendicata da Napolitano il quale, in una lettera al Corriere della Sera, invoca il diritto di avviare colloqui o consultazioni con chi vuole. Meno legittimi restano alcuni comportamenti oscuri del Quirinale sui quali, constatata la strana assenza delle fatidiche dieci domande da parte degli svogliati giornalisti gauche, mi arrogo l’arduo ed immeritato compito di ragionare.

La Merkel ha sempre avuto Berlusconi sul voluminoso fondoschiena e Napolitano, in quel periodo, reclamava il merito di essere in stretto contatto con la Cancelleria tedesca fungendo da supplente del Premier e mediatore tra i due Paesi. Sono congetture volgari quelle che vorrebbero vederci un collegamento tra l’antipatia teutonica, i colloqui fitti tra il Capo dello Stato e la Cancelliera e la speculazione sui titoli di Stato anche e soprattutto ad opera di una famosa banca tedesca? Qualcuno ha tramato fuori e dentro il Paese per rovesciare il Governo regolarmente eletto?

Forse sono congetture volgari e sicuramente la regia non era quirinalizia, ma risulta quantomeno anomalo che Napolitano avviasse consultazioni con i successori del Cavaliere con ben cinque mesi di anticipo. Forse sapeva qualcosa? Non è che magari una mezza soffiatina sulle intenzioni delle agenzie di rating e sulla lettera della Bce era arrivata al suo nobile orecchio? E perché avrebbe assecondato i pruriti stranieri?

A voler essere maligni si potrebbe pensare che il suo pupillo pro tempore (al secolo, Gianfranco Fini) abbia ricevuto un’imboccata presidenziale quando, qualche mese, prima decise di bombardare una maggioranza uscita dalle elezioni con dei numeri così solidi da poter affrontare qualsiasi prova di Governo. In effetti lo stretto contatto tra le due cariche dello Stato non era un mistero. Magari quella di Fini era la prova generale di un tentativo poi riuscito a colpi di spread? Sicuramente queste sono illazioni malevole non suffragate (fino a prova contraria) da alcun fatto concludente, ma comunque esse non possono essere liquidate come mera teoria del complotto. Tanto più alla luce della lettera di chiarimento inviata al “Corriere” dallo stesso Napolitano la quale, lungi dal dipanare i dubbi, non chiarisce un bel niente ma anzi acuisce i sospetti attraverso una serie di balbettii presidenziali.

Al netto delle supposizioni, il fatto acclarato è che Napolitano preparò un Governo con molti mesi di anticipo rispetto alla caduta di quello in carica pro tempore. I mandanti, i sicari ed il palo, se esistono, appartengono alla sfera delle cose possibili. Certo il comportamento del Colle è stato forse costituzionalmente non censurabile, ma moralmente discutibile. Resta un dubbio atroce: chi indusse Berlusconi ad accettare l’invito a dimettersi postogli da Napolitano in quel fatidico mese di novembre? Forse la solita mediazione di Gianni Letta che aveva trattato un salvacondotto giudiziario per il Cavaliere? Visto com’è finita, Letta da che parte stava? Era un congiurato o un turlupinato insieme a Berlusconi?

Resta anche una certezza: le elezioni non servono a nulla.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:18