L’Europa filo-elvetica che non ci vuole più

“Il mio cuore è nell’abisso” confessa un giovane allo scrittore Nino Di Maria, che così raccoglie la testimonianza dell’unico sopravvissuto di una trentina di contadini siciliani, ritrovati morti per congelamento mentre tentavano di attraversare nel 1947 la frontiera tra Francia, Italia e Svizzera. Il giovane racconta anche di un interrogatorio, subito in Italia, presso una caserma dei carabinieri: “Confessate - esclamava ai migranti italiani l’austero maresciallo - avete abbandonato i vostri paesi per cercare lavoro… vi meritate il foglio di via obbligatorio, e poi la galera se insistete con queste pretese”. Di Maria ne ricavava il racconto “Cuore negli abissi”, invece Pietro Germi, che aveva conosciuto il tragico episodio durante le riprese di “Fuga in Francia”, ne comprava i diritti per girare nel 1950 “Il cammino della speranza” (alla cui sceneggiatura collaborava lo stesso Di Maria).

Oggi, causa la crisi, il numero degli immigrati attirati dal benessere nella vicina Svizzera è in aumento. Dopo quasi 70 anni gli italiani tornano ad affrontare il “cammino della speranza”, contro di loro vengono fabbricati ostacoli alla migrazione nei Paesi ricchi d’Europa. La posa della prima pietra della nuova diga anti-migratoria è avvenuta in Svizzera. Complice il saldo migratorio di circa 80mila persone, che nel solo 2013 sono entrate in Svizzera dalle frontiere italiane. E altri Paesi dell’Ue (soprattutto Austria e Germania) denunciano che il 70% dell’immigrazione proverrebbe dai Paesi poveri dell’Ue: ovvero Spagna, Italia, Grecia, Portogallo e Cipro.

Tanto è bastato perché in Svizzera sia decollata una campagna sulle conseguenze dell’immigrazione fuori controllo. Così gli svizzeri hanno approvato per referendum “l’iniziativa contro l’immigrazione di massa”. Bocciando di fatto gli “accordi di libera circolazione delle persone” siglati con l’Unione Europea. Un freno all’immigrazione, imponendo alle autorità cantonali di fissare “tetti di entrata” e “contingenti annuali di stranieri”: regole che varranno per cittadini dell’Ue, frontalieri e richiedenti asilo politico. I cantoni di lingua tedesca e il Ticino hanno favorito plebiscitariamente l’iniziativa. Frutto del malessere dovuto alla crescita demografica degli ultimi anni: proprio nel Ticino un plebiscito del 68,1% chiede leggi severe contro i sessantamila frontalieri italiani e, soprattutto, un secco basta ai “cammini della speranza”. Il referendum introduce nuovi articoli nella Costituzione elvetica, e soprattutto impone un cambiamento alla politica migratoria.

Le nuove disposizioni prevedranno subito di limitare i permessi di dimora per stranieri e, al momento di assumere lavoratori, le imprese devono ora dare la preferenza agli svizzeri. Sulla stessa scia austriaci, tedeschi e nordeuropei stanno studiando come limitare l’immigrazione di genti dalle regioni più povere dell’Ue. Il presidente della Confederazione elvetica, Didier Burkhalter, ha dichiarato che “nelle prossime settimane il governo studierà su quali basi proseguire le relazioni con l’Ue”. Non sono mancati i plausi allo svizzero dagli esponenti degli esecutivi austriaco e tedesco. “Segnali che ci preoccupano - esclama Antonio Locatelli (presidente dei frontalieri di Verbania-Cusio-Ossa) - sugli annunci per le richieste di lavoro già vengono inserite preferenze per chi parla tedesco e non è domiciliato in Italia”.

Anni fa ci fece non poco sorridere la storiella che necessitava costruire in Europa un volano economico a due velocità. Dove netta risultasse la divisione tra i territori poveri mediterranei e quelli ricchi del nord. Strategia che sembrò subito inapplicabile, e per via delle tante velleitarie politiche d’integrazione nell’Ue. Ma, dopo il referendum svizzero, il primo ministro David Cameron è tornato a ribadire i piani per contrastare l’immigrazione in Gran Bretagna: “per il benessere del Paese” quel vecchio progetto d’Europa a due velocità riprende forma. I beninformati giurano che il primo ministro britannico godrebbe dell’appoggio di tutto il Nord e centro Europa, nello specifico quello germanofono. La Francia, dicono gli esperti, sarebbe contraria all’idea di favorire una cintura sanitaria che divida l’Europa ricca da quella povera. Ma Cameron avrebbe già scavalcato i francesi e aperto un dialogo diretto con Angela Merkel. Cameron ha così annunciato di voler limitare i flussi (di uomini e merci) dai Paesi dell’Unione Europea più poveri a quelli più ricchi. L’annuncio non è certo un tentativo di evitare che i voti dei conservatori vadano dispersi alle elezioni europee del 2014 e a quelle nazionali britanniche del 2015. Anzi, è ormai un’esigenza di “sicurezza politico-economica” che avvertirebbero nel Nord Europa sia i partiti di centrodestra che quelli di centrosinistra. Va aggiunto che in Gran Bretagna sono aumentate le pressioni esercitate dal partito anti-immigrazione “UK Independence Party” (UKIP). La “sensibilità” anti-migratoria ormai metterebbe d’accordo Regno Unito, Germania, Danimarca, Olanda, Belgio e Paesi Scandinavi, riscuotendo simpatie anche in Austria, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca.

Cameron ha dichiarato di essere “molto preoccupato per il possibile afflusso di rumeni e bulgari previsto per il prossimo anno, quando le restrizioni europee sui due Paesi scadranno. L’Europa di oggi è molto cambiata rispetto all’Europa di 30 anni fa - ha scritto Cameron in un articolo per il Financial Times - Dobbiamo affrontare il fatto che la libera circolazione è diventata la causa scatenante di enormi movimenti di massa dovuti alle enormi disparità di reddito. Si corre il rischio che molti Paesi si privino dei talenti di cui hanno bisogno”. Cameron ha inoltre aggiunto di essere intenzionato a cambiare la legge, in modo che un immigrato debba attendere tre mesi prima di poter usufruire dei sussidi di disoccupazione. Così i nuovi arrivati, anche se europei (italiani o francesi per esempio) non avrebbero più agevolazioni per la residenza: perderebbero i sussidi di disoccupazione entro sei mesi, se non in grado di dimostrare alle autorità britanniche un regolare contratto di lavoro.

L’idea di ridisegnare le leggi dell’immigrazione europea si inserisce in un sentire molto più ampio dei confini britannici: non dimentichiamo che nel Regno Unito è previsto nel 2015 un referendum sul ruolo della Gran Bretagna a Bruxelles. Referendum che certamente ispirerà gran parte delle politiche non solo britanniche, ma dell’intera zona ricca dell’Ue. L’idea di Cameron è riformare la libera circolazione in Europa: tematica che prima affronterà a porte chiuse con i Paesi più ricchi, e solo in seguito ne discuterà con gli altri stati membri. L’Ue ha le mani legate in materia, e solo la Francia potrebbe tentare una mossa che mitighi i toni, minacciando anche rappresaglie legali verso la Gran Bretagna da parte della Commissione Europea. Gli esperti fanno notare che ormai i ricchi d’Europa risiedono tutti tra Londra e Berlino: difficilmente Cameron e Merkel non troveranno l’accordo su come confinare l’immigrazione nelle zone povere dell’euro.

“Il cammino della speranza” torna d’attualità, con esso le misure di polizia contro emigranti, disoccupati, indigenti, senza fissa dimora… Torna a far capolino sui giornali di lingua tedesca l’immagine negativa dell’Italia, raffigurata come un Paese di poveri emigranti. Qualche colletto bianco preferirebbe noi si faccia come la vecchietta de “I Basilischi”, che si suicida lanciandosi da un balcone, ma guardando nella telecamera con l’indice sul naso ed esclamando “Ssss!”. Si muore in silenzio. E necessita che l’Italia prenda esempio dall’Ue più tecnocratica, nichilista, indifferente. E sembra sia sulla buona strada, visto che i suicidi per crisi vengono ormai relegati sui tiggì locali.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:06