Salvataggio dei marò in sole cinque mosse

Mentre Massimiliano Latorre e Salvatore Girone rischiano di rimanere stritolati nel meccanismo impietoso della campagna elettorale indiana, il sistema istituzionale e politico del nostro Paese si dibatte, inerme, come un pesciolino rosso appena espulso dal proprio habitat naturale. Il tempo, intanto, scorre inesorabilmente. Ecco cinque cose da fare – in fretta – prima che accada l’irreparabile.

1) Ha ragione il direttore de “Il Tempo”, Gian Marco Chiocci, insieme a tutti coloro che sostengono la sua battaglia per sensibilizzare i vertici delle istituzioni italiane. Il presidente della Camera, Laura Boldrini, si dia una mossa. Tutelare i diritti di migliaia di migranti che cercano rifugio nel nostro Paese, in fuga dalla fame e dalla schiavitù, è cosa buona e giusta. Ma un Paese che lascia i propri militari in balia delle bizze di uno Stato straniero è, molto semplicemente, un Paese senza dignità.

2) Ha ragione il coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto, che con il suo partito è stato in prima fila nel caso dei marò fin dall’inizio. Se la comunità internazionale – pensiamo soprattutto all’Unione Europea e alle Nazioni Unite – non ha il coraggio di schierarsi al nostro fianco in questa vicenda, l’Italia deve immediatamente ritirare tutte le sue truppe impegnate in missioni di peacekeeping in giro per il mondo. Non siamo e non vogliamo essere la “carne da macello” di istituzioni sovranazionali che non ci rispettano e non ci difendono.

3) La delegazione bipartisan di parlamentari che – tardivamente – volerà nei prossimi giorni in India non deve limitarsi a una comparsata per raccogliere qualche flash dei fotografi. I nostri parlamentari devono essere un vero “scudo umano” eretto a protezione dei due marò, per far sentire il peso dell’opinione pubblica italiana nel momento decisivo in cui vengono decise le sorti dei due nostri ragazzi.

4) Hanno ragione le donne coraggiose, soprattutto del centrodestra – da Maria Stella Gelmini a Giorgia Meloni – che hanno rimproverato al Governo Monti prima e Letta poi quello strano “eccesso di lealtà” nei confronti dell’esecutivo indiano che ha causato soltanto danni. Spetta a loro, prima che agli altri, continuare ad esercitare pressioni nei confronti dell’Ue. L’intuizione del vicepresidente della Commissione, Antonio Tajani, con la minaccia di interrompere i negoziati tra Ue e India, va sostenuta e portata fino in fondo.

5) Bisogna convincere il ministro degli Esteri, Emma Bonino… Vabbè, lasciamo stare. Sulla Bonino abbiamo perso ogni speranza.

Tratto da Notapolitica.it

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:16