
Alcune sconfitte sono più trionfali delle vittorie. Diceva qualcuno, e il ritorno di Berlusconi alla vita politica ha senz’altro il sapore del paradosso positivo, della nemesi quanto meno ambigua. Almeno per lui. Sul fronte generale francamente non so. Di certo l’atteggiamento per certi versi coerente di Renzi – che non ha temuto il confronto pubblico e quindi la legittimazione sul piano politico – nei confronti del vecchio leone di Arcore (m’è venuto di chiamarlo così, perché così a me oggi pare), ha alcuni effetti non banali sulla vita del Paese.
Da un lato, si allontanano le elezioni politiche – presi come saranno i partiti a negoziare una legge elettorale buona per tutti (di qui il placet di Napolitano all’ardore di Renzi) – dall’altro, però, il nuovo sodalizio tra i due maggior partiti ha fatto esplodere alcuni sostanziali malcontenti nelle rappresentanze più piccole e nel Movimento dei grillini che tanto piccolo – almeno numericamente e per il momento – non è.
Tratterei a parte, ma sempre all’interno dello stesso scenario complessivo che ci proietta al futuro assetto pre-elettorale, anche il crescendo di tensioni all’interno del Partito Democratico: dalle dimissioni di Fassina in poi, infatti, stanno scaturendo forme di ritorsione interna, tutt’altro che rassicuranti per garantire al partito un futuro unitario. Quel poveraccio di Bersani s’è dovuto sorbettare in un sol giorno, per giunta dal letto dell’ospedale, la visita sia di Prodi che di Renzi. E da quel che si dice, il clima non è stato idilliaco.
Ma se il Governo regge, non è affatto detto che si sia messa una pietra sopra alla parola “rimpasto”. Certo Renzi non lo dice, anzi, non l’ammetterà mai, troppo “vecchia politica”, ma mi pare difficile che lui e i suoi si accontentino di guidare la macchina dello Stato e dell’amministrazione da fuori palazzo per un altro anno.
E poi, Letta che fa? Il notaio? E quando finalmente il Parlamento avrà approvato la legge elettorale (spagnola, francese e fiorentina, ma anche un po’ Frankenstein) il nipote passerà nuovamente il testimone allo zio (appena resuscitato anche quello con il “Patto del Nazareno”), insomma: tutti zitti e mosca che comanda Renzi? Mi pare quanto meno improbabile. Vabbè che pur di provare a vincere s’è pronti a tutto, ma…
Il Cavaliere da quando è andato all’opposizione e, quindi, ancor di più quando è tornato ad avere sulla scena un peso specifico importante, ha di fatto ripreso in mano le redini del centrodestra. Alfano e i suoi, compresi i transfughi di Scelta Civica e Casini vari, sono smarriti e saranno vita natural durante a negoziare le percentuali di sbarramento del futuro metodo elettorale, la brava Meloni è sparita per un’evidente pausa di riflessione.
Non è che a sinistra il corso renziano (per giunta dichiaratamente filo-berlusconiano) provochi meno tensioni. Lo abbiamo visto. Ma è in chiave tenuta governo oggi e in quella elettorale domani, che le contraddizioni rischiano di esplodere. E in più pezzi. A meno che siamo davvero alle porte della Terza Repubblica. E allora nulla sarà come prima. Forse sarà peggio, forse – ma lo dico sommessamente – allora, non sarebbe stato meglio prendere per buone le indicazioni della Corte Costituzionale e andare alle urne con il proporzionale? Ah, tutto azzerato, si riparte.
Magari alla ricerca delle radici perdute e di nuove e più autentiche ragioni. E questa volta con una classe politica nuova, capace – hai visto mai – di ridare speranza e vita alla cultura politica che s’è smarrita in tanti piccoli personalismi privi di persone e nei sogni di un bipartitismo forzato e virtuale. Molto simile a quello che oggi, mi sa tanto, si vuole riproporre.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:11