
Riceviamo e pubblichiamo dal Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus (CCDU).
Bolzano - Sembra una storia di ordinaria follia ma è successa proprio qui nella “civile” città di Bolzano. Alcuni anni fa una coppia di genitori si è rivolta ai Servizi sociali per chiedere aiuto per il loro figlio che aveva dei problemi comportamentali. Purtroppo, ad un certo punto i Servizi sociali hanno ritenuto che l’unica soluzione fosse quella di allontanare il bambino da casa collocandolo a Forlì, a 400 chilometri di distanza.
Da quanto ci risulta, il centro di neuropsichiatria infantile non solo non ha contestato questa decisione assurda, ma pare che la dottoressa l’abbia persino avallata. Perlomeno, non riusciamo a trovare nessuna segnalazione del centro contraria a questa decisione altamente traumatica per il bambino. È ormai consolidato il fatto che la tutela degli affetti risponde al superiore interesse del minore da tutelarsi al fine di favorirne il benessere e lo sviluppo armonico, e che la continuità degli affetti deve essere intesa innanzitutto come tutela delle relazioni precedenti all’affidamento e/o inserimento in comunità, soprattutto nei confronti della famiglia di origine. Eppure non si è tenuto conto di questi principi fondamentali. Qui c’è un minore di madrelingua tedesca sradicato dal proprio ambiente e dalla propria famiglia. Certo, il ragazzo ha combinato dei guai, ma non è certo un terrorista o un assassino.
Perché allora una punizione tanto tremenda? Nei mesi trascorsi in comunità il disagio del bambino è aumentato. Se a livello comportamentale sembrava essere migliorato, ha mostrato una grande sofferenza per il distacco dai propri cari: più volte ha espresso il proprio dolore di vivere lontano da casa e il desiderio di tornare con i genitori. Nei suoi numerosi disegni e lettere ha manifestato pentimento per i comportamenti del passato e ha chiesto insistentemente di poter ritornare a casa. In una delle lettere ha scritto: “Cercate di farmi uscire da qui al più presto, per favore, dovete promettermelo, anche se doveste pagare miliardi per farmi uscire”. Ma nessuno lo ha ascoltato.
Fortunatamente alcuni giorni fa l’avvocato della coppia, Francesco Miraglia, del foro di Modena, ha presentato un ricorso per chiedere il rientro del bambino. Il ricorso è stato accolto e verrà dibattuto nel mese di gennaio. Su questo tipo di vicende è intervenuto recentemente anche il consigliere provinciale Elena Artioli del gruppo consiliare “Team autonomie” che ha presentato un’interrogazione in cui chiede quanti sono i minori attualmente collocati in strutture al di fuori della Provincia di Bolzano, e quali sono le motivazioni per cui si è deciso di ricorrere a una soluzione talmente lesiva del diritto dei minori a mantenere un legame con la propria famiglia. Ci auguriamo che il giudice sappia cogliere il profondo disagio non solo di questo bambino ma anche di tutti gli altri bambini che attraverso questa pratica barbara e disumana sono stati collocati lontani dalle loro famiglie, restituendoli alla loro terra e ai loro affetti.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:06