Un Cioni in ogni città, l’Italia deve ribellarsi

Lo scrivente non conosce personalmente Celso Cioni, direttore della Confcommercio a L’Aquila, ma si dice sia persona intelligente, brillante, sveglia. Nella mattinata di ieri s’era barricato nella filiale aquilana della Banca d’Italia, voleva così sensibilizzare governo e varie autorità (politiche ed economiche) sulla moria di commerci e piccole botteghe artigiane, sull’indigenza che sta spegnendo ogni speranza tra i lavoratori autonomi. Una protesta, quella di Cioni, contro l’indifferenza delle istituzioni verso chi stenta nella terremotata L’Aquila come nelle tante periferie di questo Stivale.

Intorno alle ore 14 Cioni ha interrotto la sua protesta, quindi ha conferito con Francesco Alecci (prefetto de L’Aquila). Che si saranno detti? È facilmente immaginabile. Il prefetto avrà usato sia toni paternalistici che da uomo dello Stato: ovvero carota e bastone. Sarà stato detto al direttore di Confcommercio che certe proteste compromettono tranquillità e carriera, generando anche grane giudiziarie.

Cioni avrà sorriso, spiegando di non essere un disperato, ma semplicemente un coraggioso che denuncia un sistema bancario nemico della ripresa economica e, nello specifico, come L’Aquila sia ancora in pieno coprifuoco militare. La sua protesta è un passo avanti: per la prima volta è un rappresentante istituzionale a minacciare gesti estremi, un direttore di Confcommercio che si barrica in Banca d’Italia.

E lo fa non solo a sostegno dei piccoli commercianti della sua città, ma per tutti gli italiani costretti dal terremoto politico-economico a perdere lavoro, casa, affetti… tutto senza alcun sostegno. L’indifferenza istituzionale ha generato povertà e disagio psicologico in 15 milioni d’italiani. “Molti sono esasperati e ricorrono a medici e psicologi o a psicofarmaci - ci rammenta Cioni - Come sapete ci sono tanti casi di suicidio. La mia non è una protesta contro qualcuno - aveva detto il dirigente di Confcommercio - ma per il lavoro, per far ripartire questa città. Il sistema delle regole bancarie non può essere identico alle altre città che vivono una situazione normale.

I commercianti aquilani vivono una situazione psicologicamente pesante, ci sono stati suicidi, l’ultimo solo qualche giorno fa, c’è chi purtroppo vuole abbandonare la città. Se si continua così L’Aquila è destinata a morire”. Ma il caso di Cioni, al pari di altre migliaia di gesti più o meno estremi che da circa tre anni funestano l’Italia, non sembra abbia smosso il manovratore. Occorre rammentare che, qualche settimana fa, un funzionario del Lavoro si rivolgeva con un “che palle!” al cospetto di chi chiedeva lumi circa le modifiche all’emendamento sugli esodati. Un mesetto fa, un nugolo di dirigenti di ministero si permettevano d’appellare come “avanzi di galera” i disoccupati che scendevano in piazza al fianco dei Forconi.

La fame avanza, ma le televisioni intervistano i dirigenti della polizia che spiegano con quanto successo si stiano arrestando sempre più cittadini che rubano cibo nei supermercati. Aumentano i senzatetto e c’è chi parla di arrestare per vagabondaggio i senza fissa dimora. E cosa fa l’italiano medio? Guarda inebetito le varie prove del cuoco ed i giochi a premio, che s’alternano a pochi secondi da agghiaccianti squarci di realtà trasmessi in fugaci tiggì.

Siamo al cospetto di adulti e giovani, istituzioni politiche ed economiche, incapaci di provare veri sentimenti, ma in preda alla noia e all’indifferenza dinnanzi al declino sociale ed economico della società. I ministeriali trascorrono una vita abitudinaria e legata ai lignei clichés morali di un borghesia in declino. Ma tutto si consuma in uno stato d’inconsapevolezza, d’indifferenza.

È la grande lezione di Alberto Moravia, “Gli Indifferenti” appunto, che si ripete all’infinito e fino alla noia. Chi viene umiliato dal sistema rimbomba tra media e chiacchiere da bar come un perdente. Per i nuovi poveri questa società destina solo il disprezzo, la risatina di scherno. E le istituzioni tutte ammantano il disagio dei tanti con un clima politico di costante menzogna. Confidando che la gente s’adatti passivamente, si rassegni. Cioni ha interrotto la sua protesta e conosce bene gli “interlocutori istituzionali”.

Sa bene che arriverà il momento in cui discorsi e promesse non potranno frenare l’enorme valanga del disagio sociale. In una Norimberga in salsa italiana l’indifferenza istituzionale verrà posta sul banco degli imputati. Tutti la condanneranno, fingendo di non aver mai votato per declino e ignavia, spesa pubblica e spreco. Eppure basterebbe un Cioni in ogni città d’Italia per far avvicinare quella data. Ribellarsi è d’obbligo, e lo vuole l’Italia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:04