L’anno che verrà tra botti e petardi

L’anno comincia con l’allegro ascolto per la tradizionale marcia di Radetzky, austera e garrula assieme, ottimista e forte, maestosa e minacciosa. Mentre ci si strappa il telecomando dalle mani per cambiare canale e streaming su questo o quell’altro messaggio alla nazione, unanime è l’estasi per l’inconscio messaggio pangermanista, intitolato ad un nobile boemo, comandante delle Sturmtruppen in Italia, sposato ad una friulana, simbolo stesso dell’occupazione sud-tedesca del nostro Paese, visage humain di tante calate a sud. Come se gli inglesi si accalcassero ogni anno all’ascolto di allosanfan.

Le notizie di avvio anno dànno un confortevole senso di continuità. Decine di feriti immortalatisi sull’altare del dio petardo, peraltro cacciato dalle forze dell’ordine in tutta Italia. In genere gli esponenti di queste privatamente sono grandi seguaci sia del dio petardo che del semidio botto. Le autostrade, dopo un po’ di pubblicità volta ad annunciare lavori inesistenti, aumentano i pedaggi del 3,9%. A Collegno un uomo uccide moglie, suocera e figlia. Non è nemmeno il famoso smemorato. Dichiara di averlo fatto per mantenere alti numeri e attenzione per il femminicidio. Una busta indirizzata al prefetto Musolino ferisce la receptionista, ma era timbrata un secolo fa e diretta all’omonimo brigante. Nel loro delirio, i media restano in disperante attesa per il coma di Schumacher.

Poi trovano un altro degno soggetto: la dipartita del 71enne Puccio Corona, siciliano, giornalista Rai, zio del più noto Corona fotografo. Basterebbe d’avanzo; invece tutti a cercare le motivazioni sociali dell’esimio. I giornali non escono ma De Bortoli pubblica lo stesso la storia di chi non si arrende; a cominciare dalla sua lotta per non mollare la poltrona. Ne viene il pastone che il Quirinale leggerà orbi e sordi. Anche Folli pubblica (ma i giornali non uscivano?) e ricicla gli antichi omaggi a Craxi per i nuovi al presidente. Almeno l’Annunziata, da meridionale e comunista pentita, si occupa dei festeggiamenti nelle piazze del mondo. Il Mondo è ancora più divertente. Entra in vigore la tanto discussa riforma sanitaria di Obamacare? No, a due ore dallo start un giudice del Colorado la blocca in difesa delle suore che non vogliono distribuire preservativi.

Il Papa non era contrario, solo contrariato dello stato in cui versa Roma. Bill de Blasio è il primo italoamericano democratico sindaco di New York. Come tutti i democratici ci remerà contro. La peggiore ma anche attesa notizia è che la Lettonia, già sovietica, Paese di alte e formose ragazze dai capelli naturalmente rossi, è divenuta il diciottesimo membro di Eurolandia. Un altro Paese, alla corte della Germania, che ci voterà sempre contro. Insomma niente di nuovo. I giornali fanno di tutto per farsi odiare. Tanto arriva il cinese Chen Guangbiao a comprarsi il New York Times per un miliardo. Al contrario di quanto strillano i media, non va tutto male, anzi. Come già il 1913, apogeo della belle époque, il 2013 è stato un grande ottimo anno di globalizzazione, con qualche danno collaterale come l’ascesa del doppiopetto, dell’invasione di telegiornaliste e come l’infinito saluto funebre a Mandela, assimilabile nella futura memoria storica solo alle infinite file per l’addio a Stalin.

Metà poi dei 3,75 milioni degli under 35 che non lavorano e non studiano sono felicissimi, solo stressati dal doversi nascondere da quelli che li vogliono far lavorare e studiare. Il 2013 è stato un anno magnifico per la finanza in tutto il mondo, a partire dal Giappone, dove il rialzo è stato record al 57%, seguito dagli Usa Nasdaq (+37%) e Dow Jones (+25%), dal tedesco Dax con il 25%, mentre sono cresciuti anche Madrid (+21,4%), Parigi (+17,6%) e Londra (+14,3%). Milano ha guadagnato solo il 16% ma i titoli di stato sono andati a ruba, tanto che i Bpt dànno ora solo il 3% di interessi. La Borsa italiana, dall’impronunciabile nome inglese, inizia l’anno al meglio con quasi il 20% di incremento di capitalizzazione delle società quotate, 438,2 miliardi di euro, più di un quarto di tutto il Pil. Insomma qualcuno, simboleggiato dal trionfo Moncler, ha avuto i suoi motivi per festeggiare. Il debito pubblico che inaugura ora i suoi primi cento milioni oltre i duemila miliardi resta il vero e l’unico problema della politica. Hai voglia di dire etica, donna, malattia, immigrati e non incarcerati, stamina, digitale, nuova e vecchia PA, ecc.

Il problema non è la commissione quando ritiri dal bancomat, ma il bancomat stesso, incapiente di risorse. I contribuenti ci hanno provato tutto l’anno a riempirlo con quasi 500 miliardi versati. Come avviene già da molti anni, l’apparato di governo si è limitato allo stretto spreco possibile e ha pure avanzato circa 6 miliardi. Purtroppo non basta mai. È il gioco degli interessi, circa 300 miliardi, in ascesa, da pagare sul debito. In un delirio più che di onnipotenza, di fantasy dell’horror, la legge di stabilità ha previsto suoi avanzi positivi per i prossimi 3 anni di 8, 22 e 32 miliardi, entrate totali da 545, 556 e 568 miliardi, e conseguente crescita fiscale a 479, 490 e 502 miliardi. Tutto fondandosi sulla crescita dello 0,6%. Non c’è nulla da fare, è un piano di rientro dal debito fissato in Costituzione e voluto da Bruxelles e Berlino. D’altronde la Germania, per dare il buon esempio, si è tassata per 600 miliardi ed ha già aumentato lo spettante da versare per l’anno iniziato.

Il debito è per 1400 miliardi una partita di giro italiana. È in mano alle banche per 1100 miliardi, altri 100 a Bankitalia, che è stata a novembre ricapitalizzata a 6,2 miliardi e che è proprietà di 61 banche. Restano 200 miliardi a ricche famiglie e imprese. Settecento miliardi sono invece di banche e fondi obbligazionari stranieri. Poiché l’esposizione verso il mondo è solo di 700 miliardi, non si capisce tanta agitazione. La finanza replica però che non è detto che imprese e banche site in Italia siano veramente nazionali, invitando a guardare la provenienza dei capitali in pancia. Partiti e politica non sanno come uscirne. Infatti solo 5 italiani su 100 si aspettano soluzioni da loro. Il Parlamento è amato dal 7%, insomma da chi ci lavora e parenti. Lo stesso per banche, sostenute dal 13%. Va un po’ meglio, e meraviglia per lo Stato al 19% e per Cgil al 21%. Il 29% dei consensi per Confindustria è un trionfo, veramente immeritato, in gran parte dovuto alle piccole imprese che con il potere degli imprenditori non c’entrano molto.

Qualcuno nota che sarebbe il momento per chiuderla con la democrazia. Certo, se la politica militare o estera le decidono altri, se quella economica è un postulato estero, se anche le intime inclinazioni sono eterodirette, si rischia di chiedersi a che serva. Non sarebbe male, un po’ di sano realismo. Se è la Borsa con 328,6 miliardi di finanziamento del debito pubblico nel 2013, a dare la fiducia al potere, esecutivo e non, sottraendolo ai contribuenti tassati per 480 miliardi, se ne prenda atto. I soldi che arrivano in prestito a copertura del debito infatti equivalgono a quelli delle tasse. Si sostituisca il Senato con il Borsato, che può mettere sul piatto i quattro quinti delle entrate totali statali. In cambio di metà potere legislativo l’Abi potrà abbonare i suoi 1500 miliardi di crediti, facendo dell’Italia uno dei Paesi meno indebitati al mondo. Sostituita la Camera con il Cnel, ridotto ai due interlocutori che contano, sindacati di imprese e lavoratori, si potranno chiamare le cose con il loro nome, permettendole un normale corso.

I neet torneranno ragazzi della dolce vita, poveri ma belli. Babbo tornerà per strada a far scoppiare i botti con i figli. A quel politico che ripete sempre lavoro, si potrà ricordare che senza buoni orari e buon reddito, quel lavoro può farlo lui. Le tragedie occasionali torneranno tragedie senza trasformarsi in complotti. I magistrati dovendo occuparsi solo di processi, perderanno tutta la vis polemica. L’abdicazione in favore della finanza condurrà alla privatizzazione dello Stato, realizzando di un botto l’eliminazione totale delle tasse. Per non spaventare nessuno, gli sprechi non cesseranno. In Confindustria la maggioranza che conta è impresa partecipata dallo Stato, regina del mercato captive. Per i complottisti sapienti, Rai 3 diverrà un culto religioso con i suoi sacerdoti garantiti da un altri 8 per mille. Il pulpito celebrerà la giusta previsione sull’estinzione dello Stato.

L’anno che verrà, come quello passato, sarà così magnifico. In attesa di quello nuovo ancora quando la finanza nostrana verrà inghiottita dal nuovo potere del bond Internet. D’altronde se la politica non avesse fatto la guerra, anche nel 1913 avrebbe vinto la finanza. E ora la politica non ha più uno straccio di movente, di ideale, di motivo per convincere nessuno a fare la guerra. Lei per prima vuole arrendersi, salvando la faccia però. Così la politica che verrà, si arrenderà, e chiamerà la sua resa resistenza.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:03