
Anche io voglio fare un discorso di fine anno. Mi sono montato la testa. Non sarà “aulico” come quello del nostro Presidente della Repubblica, ne sono sicuro. Ma sono altrettanto sicuro che non avrà verbi coniugati al futuro, come quello del nostro Presidente del Consiglio. Allora facciamo che sia un discorso “col senno di poi”. Banale? Non credo. E vi spiego il perché. Perché come diceva Enrico Ruggeri “il futuro è un’incognita”. E quindi sull’incognita ognuno può dire la sua cretinata, la sua supercazzola se volete, ma di sicuro una cosa che non ha nessuna intenzione di fare, né può farla. “Faremo, diremo, cresceremo”: sì, ok, ma nel frattempo cosa facciamo? Non è dato saperlo. Allora, dicevo: vediamo cosa “abbiamo fatto”. Abbiamo innanzitutto capito una grande verità, dalla quale sarebbe opportuno trarre le dovute conclusioni e dalla quale ripartire. Abbiamo capito che le elezioni oltre ad essere costose sono anche inutili.
Abbiamo riempito pagine di giornali parlando di ventennio berlusconiano, di prodismo, di correnti politiche confliggenti. Siamo sopravvissuti a lustri di estenuanti e sanguinose campagne elettorali per poi capire che sarebbe stato meglio risparmiarli quei soldi. Perché in realtà l’Italia è stata negli ultimi trent’anni un enorme governo Letta, che vedeva l’alternanza ora di Gianni ora di Enrico. Una sfilza interminabile di governi nati non dalle urne ma nei salotti, negli studi di qualche cardinale e nei locali di Confindustria, oltre che nelle solite riunioni conviviali di Aspen, Trilateral e via dicendo. Da qualche decennio poi è di moda chiedere apertamente il placet di euro-burocrati, lobby massoniche e presidenti “Eurostar” che addirittura alzano le loro euro-terga dalla loro euro-poltrona per venire addirittura in Italia a duettare con i loro “euro-dipendenti” italiani. Non politici italiani, ma loro euro-referenti, garanti dei loro interessi nella gestione della Penisola. Quindi perché sprecare risorse per indire elezioni?
Chiediamolo direttamente ai Letta. È molto più economico. Anche perché comunque loro ci devono andare a parlare con queste persone con le quali hanno scelto di interfacciarsi, non è che sia un aggravio di spesa nemmeno per loro. Abbiamo capito che in Italia si scambia la nobile arte della mediazione per la penosa arte dell’inciucio. La mediazione è un’arte nobile, ma prima di essere nobile è un’arte etica. Etica perché è recintata da confini che, fatta eccezione per la Ragion di Stato (non personale, di Stato), devono essere invalicabili se non si vuole scadere nell’immoralità. Perché è questa la chiave di lettura della politica italiana ed è questa la sua colpa: aver aggiunto soggetti estranei (quando non addirittura opachi) nella catena decisionale dell’autodeterminazione delle nazioni, esercitando quindi un processo di mediazione con soggetti non titolati e quindi esercitando in ultima analisi una pratica immorale. Ecco il vero taglio alla spesa pubblica, senza bisogno di economisti “di grido”, perché la verità è sotto i nostri occhi e noi siamo soliti cercarla lontano dove non c’è e non c’è mai stata. Se i governi vengono decisi in luoghi “altri” da quelli istituzionali, allora delle due l’una.
O ci si riappropria della sovranità popolare o in caso contrario bisogna tagliare dei costi che oltre ad essere esorbitanti abbiamo realizzato anche essere inutili. O i palazzi del potere esercitano il potere liberi da condizionamenti che non siano strettamente legati al loro mandato e agli obblighi verso gli elettori dei quali devono rappresentarne gli interessi, oppure sarà meglio che ci siano le primarie per eleggere il Gran Maestro, il Reggente delle lobby bancarie, dei gruppi occulti (ma nemmeno più tanto). Si comunicano gli esiti alla “plebe” che così non si rompe nemmeno le scatole ad alzarsi e fare la fila in cabina elettorale e va bene così. Dobbiamo essere certi che in Italia il potere sia esercitato dalle istituzioni. In realtà per ora abbiamo la certezza che le istituzioni siano state occupate da “referenti”, da “camerieri”, da “emissari”: “I politici sono delle marionette nelle mani dei banchieri” (F. Cossiga “Fotti il Potere-Aliberti). Dalla comprensione dell’inutilità delle elezioni e della causa oggettiva di questa inutilità, bisogna trarre anche la conclusione che “lo spontaneismo” non esiste: esiste solo ed unicamente lo “spintaneismo”. Non esiste nel mondo nulla di spontaneo, dal Solidarnosc alle Primavere Arabe, dalle Femen a Greenpeace. E sapete perché? Sempre per lo stesso identico motivo. Tutto ha bisogno di soldi, anche lo spontaneismo.
E chi mette i soldi orienta lo spontaneismo, che di spontaneo ha quindi solo il nome. Ricordiamocene quando in Italia si parla di “moti popolari”, di grillismi e di movimentismo in genere. Parliamo al “presente”: viviamo in un Paese dove la politica non esiste, e non esistendo non può fare nemmeno gli interessi nazionali ma solo quelli dei loro dante causa. E i loro dante causa non sono certo gli elettori ma le lobby che li selezionano; affidarsi allo spontaneismo è di una tenerezza disarmante: è come affermare il primato del burattino sul burattinaio; non esistendo la politica non possiamo nemmeno augurarci di ristabilire il sano primato della politica sulla magistratura, della quale quest’ultima ha preso lo spazio lasciato vacante. Non sussistono allo stato attuale le condizioni in base alle quali un politico possa parlare al futuro. E se un politico, in queste condizioni, parla al futuro ha solo due motivi: o perché in fondo gli sta bene così perché è così che è diventato “potente”, oppure perché è sicuro di non avere un futuro “prossimo” in quanto dovrà lasciare il posto ad un altro “futurista” prodigo di “futurismi” che a sua volta lascerà il posto ad un altro futurista prodigo di altrettanti futurismi. Credo che Marinetti meriti delle scuse formali.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:52