Dai Forconi... alle “forchette”

Tutto quanto detto, tutto quanto scritto. Sul Movimento dei Forconi si sono esercitati tutti fornendo analisi sociologiche buone per tutte le stagioni ed utili a distorcerne le tesi ad uso e consumo delle consorterie che si intende rappresentare. L’unica cosa che è mancata con prepotenza è l’umiltà di comprendere un fenomeno che ha radici profonde nella società e che non va sottovalutato perché esprime un segnale di estremo malessere che va ben oltre le categorie scese in piazza. Evidentemente ciò non interessa al mondo dell’informazione che per giorni è andato alla ricerca di un segnale che servisse pretestuosamente a colorare politicamente il malcontento per poterlo finalmente screditare con il “dàgli all’untore!” di manzoniana memoria. Sarebbe bastato capire che non si tratta di una protesta mirata, ma di una manifestazione di malcontento general-generica sia nei contenuti sia nella provenienza ideologica dei partecipanti.

In questo modo si sarebbero evitate certe stucchevoli strumentalizzazioni, sintonizzandosi sulla gente e ragionando, per una volta con serietà, sulle motivazioni che sottendono al malcontento di un popolo ormai stanco. E invece no, hanno tirato fuori CasaPound e presunte infiltrazioni di movimenti di destra per raccontare alla nazione che si trattava di una manifestazione corrotta, come se fosse concepibile che, quando ad un moto popolare partecipi anche la destra, esso sia corrotto nelle più recondite istanze, sia violento e rasenti il golpismo. La stampa è tornata indietro di quarant’anni evocando presunti archi costituzionali che credevamo morti e sepolti, per di più con ancora negli occhi l’immagine fresca di un mese fa dei “compagni che sbagliano” accampati a Porta Pia, trattati con un buffetto bonario nonostante i disordini e le vetrine rotte.

Le stesse tecniche sono state adottate dalla politica che, invece di comprendere quali fossero le ragioni del moto di piazza e vergognarsi umilmente per l’inadeguatezza delle risposte date, ha dapprima avuto paura della folla ululante scatenandogli contro la polizia, e poi ha tentato di delegittimare la protesta bollandola come fascista ed infine, in maniera un tantino superba e sprezzante, ha parlato di minoranza organizzata che non rappresenta il Paese. I dilettanti allo sbaraglio (ovvero il duo Letta-Alfano) non temano i manifestanti, perché gli italiani non sono dei cuor di leone pronti a rovesciare lo Stato: nessuno li infilzerà mai o attenterà al cuore della Repubblica.

Troppa fatica per il Popolo. Stiano tranquilli i giovani virgulti governativi perché, se i nostri connazionali non si sono indignati nemmeno di fronte all’aria di sufficienza con la quale essi hanno bollato la folla, nulla potrà mai succedere in Italia. C’è un precedente nella storia: la regina Maria Antonietta, moglie di Luigi XVI, la quale rispose a chi dava voce alle esigenze della piazza: “Il popolo non ha il pane? Diamogli le brioche”. Questa risposta, molto simile nel senso a quella di Letta, fece scoppiare la Rivoluzione Francese nel 1789, mentre in Italia, dove sono in molti a sentire di aver qualcosa da perdere, ha fatto scoppiare al massimo un vespaio a Porta a Porta. L’italiano è così, si indigna ma giusto un po’, quel tanto che basta a soddisfare il suo senso estetico ma poi è possibilista e reagisce con filosofia anche se, in pieno tumulto, il Governo finge palesemente di togliere il finanziamento pubblico ai partiti o combina pasticci inenarrabili sui pagamenti Imu e Tares.

Siamo alla frutta, la classe media è annientata e scivola davvero verso la povertà, ma l’italica gente ci pensa due volte prima di inforcare il politico perché spera che quest’ultimo possa tornargli utile per il classico “favorino”. Che ci vadano gli altri in piazza, io scelgo la furba scorciatoia. Non sono i disordini di piazza a dover preoccupare i politici ma la condizione del Paese reale: quello vessato, impoverito, sfiduciato e disincantato. È un popolo che non sogna più un domani migliore, che non ha fiducia verso una classe politica incapace, che cova un malessere vero, che ha ancora paura di chiamare povertà un fenomeno che comincia a fiaccarlo dentro. Questa apatia scarsamente reattiva lo distruggerà.

Non temano gli inesperti governanti, perché le proteste dei forconi finiranno in quanto i manifestanti si stancheranno e i capi popolo proveranno, prima o poi, l’avventura in politica entrando nel mondo dei parrucconi. Adesso il Governo ha posato la sua mano benevola sui leader del dissenso organizzato, facendoli addivenire a più miti consigli: il fronte della protesta si è diviso facendo prevalere ai forconi le più comode forchette. Buon appetito Italia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:52