
Ha fatto bene Letta ha rispondere “indignato” alle losche affermazioni dei Cinque Stelle. Anzi, io avrei calcato la mano sull’“inaccettabilità” ribattuta in aula alla camera dell’intervento Di Nuti, del deputato del M5S, che rivendicava la scelta di mettere alla gogna i giornalisti non graditi. Farebbe bene Letta a enfatizzare ancora di più i dettagli “populisti” tanto pubblicizzati da Grillo e dal Movimento Cinque Stelle: primi il Referendum anti-euro e il falso atteggiamento “nazionalistico” contro gli immigrati!
Al tempo stesso, però, mi sia consentita una critica al Presidente Letta sul quadro di situazione fatto sui “movimenti urbani”, organizzati dai “Forconi” in tutt’Italia in questi giorni. Io non sono un economista e lungi da me l’idea di propormi come tale! Da buon padre di famiglia ho sempre ragionato nell’unico interesse (oltre che il benessere proprio) dei miei figli. Prendere un mutuo da una banca per farmi una casa sarebbe stato eccessivamente dannoso per il mio approccio al sonno del giusto.
Non ne ho mai fatti in vita mia! Forse ho sbagliato; anzi sicuramente sbagliato visto che la contemporanea concezione educativa socio-economica è fondata su tutt’altri schemi. Ma il problema è che l’Italia con un debito pubblico del 136% per me (e non solo per me, visto che compare, in particolare, come il primo punto programmatico di in “Cammino per il Cambiamento”!) è diventato un incubo.
Quanto accaduto negli ultimi giorni, però, con le autonome e indipendenti manifestazioni dei Forconi (più tanti altri) mi ha fatto riflettere molto intensamente: la vera emergenza dell’Italia di oggi è divenuta il lavoro! Sì, quella stessa parola incisa nell’articolo 1 della nostra Costituzione! Con quasi dieci milioni di disoccupati – inclusi i cassintegrati, la crescita che stenta a arrivare, il livello di tassazione che non accenna a diminuire ecc. ecc., la gente, anche quelli che continuano ad avere una “certa certezza” di prendere lo stipendio a fine mese, ha paura di non potercela più fare. Molti commercianti (e industrie) hanno già chiuso le proprie attività e il numero di persone che consegna le contabilità in tribunale per “insolvenza” aumenta di giorno in giorno! Cioè è a rischio la speranza di poter sopravvivere con la propria attività produttiva.
Incomincia a divenire un “pensiero e una preoccupazione comune” il non poter più fare affidamento sulla principale fonte di vita della nazione: il lavoro. Sì, ho parlato di speranza, perché è quella caratteristica umana che sta venendo meno. La disperazione (fattore che ha fatto scendere in piazza i Forconi!) è un elemento che subentra quando la speranza viene intaccata. Spes ultima dea! È proprio vero!
Ora dunque, la priorità deve essere data nel cercare di dare sicurezza sul futuro dell’Italia fermando innanzitutto questo continuo esodo delle industrie in altri Paesi e la chiusura delle tante attività commerciali, magari consentendo quelle tanto agognate concessioni fiscali a chi le ha già avanzate attraverso le proprie organizzazioni di rappresentanza (la Confcommercio da tempo sta battendo su questo chiodo!), ma anche sulla creazione di manodopera (cuneo fiscale e supporto alle imprese), nonché al rilancio della domanda interna (aumento dei salari più bassi - magari diminuendo drasticamente i più alti!) e tanti altri punti come l’educazione scolastica, il ruolo dei sindacati nel nuovo contesto europeo ecc., per dare nuova speranza anche e soprattutto a quel quaranta per cento di gioventù italiana che oggi non trova altro da fare che starsene seduta a casa (grazie alle pensioni di papà e mamma) a guardarsi le partite di calcio su Sky (e il giorno in cui non avranno più i soldi per pagarsi Sky?). Questo significa, di conseguenza, affrontare con chiarezza e lungimiranza la problematica dell’integrazione del nostro popolo al contesto europeo e internazionale. Cosa che coinvolge il parlare apertamente e senza restrizioni di sorta di due argomenti: l’Europa e di conseguenza l’imprescindibilità dell’euro e l’immigrazione, con tutti i suoi aspetti sulla situazione umanitaria/politica che genera questo fenomeno e il ruolo dell’Unhcr e dell’Europa! I Forconi in Italia si stanno organizzando e, per ora, credo continueranno la loro opera di “presenza – dissenso” non violenta. Almeno lo spero vivamente e auspico che le istituzioni continuino a lavorare per tenere separate eventuali interferenze violente esterne ai Forconi. Si parla tanto di Alba Dorata (movimento di estrema destra greco, paragonabile ai Black Bloc) e i contatti da loro intrattenuti con CasaPound e con Grillo). Certamente queste sono le tendenze violente che devono essere evitate e condannate sin dall’origine. Al tempo stesso va considerato che insieme ai Forconi, che curano essenzialmente i loro interessi, molta libera popolazione, cittadini di tutti i ranghi, tra cui moltissimi disoccupati, hanno sentito la necessità di unirsi e scendere in piazza a manifestare. È gente che non ce la fa più! Con quanto gli resta in tasca non riescono arrivare alla fine del mese. Il livello di povertà ha colpito ben quattro milioni di nostri concittadini. È un fenomeno che si chiama: fame; di cui ne potrete avere conferma osservando la frequenza di quelle sante istituzioni che si chiamano le mense della “Caritas”, di “Sant’Egidio” e delle varie Onlus che seguono i problemi del nostro sottosviluppo sociale. A fronte di qualche “nero” immigrato, sono tutti dignitosissimi italiani, che, nella speranza di non essere visti, partecipano a delle frettolose file, per poi uscire direttamente per portare quel po’ di mangiare a “casa” e condividerlo con la famiglia. Sì, anche questa è la nostra Italia! E i politici che non ne vogliono prendere conoscenza, farebbero bene a osservare con maggiore attenzione il fenomeno dei Forconi, perché dietro di loro c’é la realtà molto più grande di un’Italia che soffre e che non ce la fa più. La stessa Italia che un domani si potrebbe anche stufare di scendere in piazza. A quel punto vi rimarrebbe ad oltranza, senza fini politici: una marea enorme di esseri umani! È già successo in Turchia, in Tunisia e in Egitto. Nelle ultime due ha causato una “Rivoluzione alla Rivoluzione”, in Turchia sembra che anche lì come in Italia per ora non sia bastato. Per contro è subentrata una chiara contrattazione sul futuro economico e sociale del Paese. Speriamo, dunque, che anche in Italia incominci ad aprirsi al dialogo anche con coloro che, sempre di più, non hanno più nulla da perdere!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:47