Il Governo è pronto a reprimere l’indigenza

Nelle piazze italiane, madri e padri disoccupati manifestano in compagnia dei figli. Certamente è gente molto lontana dall’uso proditorio della violenza. Ma per il Governo in piazza ci sarebbero andati solo i peggiori. Per il premier Letta chi scende in piazza e protesta farebbe parte di una “minoranza che non rappresenta il Paese”. Invece Alfano, che si veste da severo gendarme, da repressore dei rivoluzionari, scimmiotta frasi degne del romanzo di metà Ottocento: “Abbiamo gli occhi puntati su di loro... non avremo remore a reprimere”.

Polemiche che rivelano come una parte della popolazione intenda non solidarizzare col bisogno, anzi speri che le proteste vengano sedate col pugno di ferro. L’11 dicembre lo scrivente era con alcuni conoscenti dinanzi al Parlamento, tutta gente che protestava animatamente chiedendo a gran voce che non venisse concessa la fiducia al Governo Letta. Vociare e proteste destavano l’attenzione di opulente signore intente a fare compere, shopping natalizio tanto per non annoiarsi a casa. Alla vista di striscioni e bandiere, rincarati da cori e comizi antigovernativi, una signora in pelliccia stigmatizzava i manifestanti con “andate a lavorare… facinorosi”. Evidentemente all’elegante damina sfuggiva che si era tutti dinanzi al Parlamento proprio perché il lavoro manca, perché vivere in Italia ha costi eccessivi, perché la libertà va scemando.

Ma dopo le parole di Enrico Letta sorge il dubbio che la signora sia una sua consigliera, forse la stessa che avrà confortato il Governo che chi protesta non rappresenta le esigenze del Paese. “Ma che cappero vuole questa gentaglia”, esclamava con tono medio un distinto signore in loden blu, intento a prendere un caffè nei pressi di Montecitorio. Non aveva fatto a tempo a posare la tazzina sul bancone che già il suo autista gli metteva fretta: “Dottore ci aspettano in ministero - rammentava lo chauffeur - e dobbiamo fare in fretta, evitando strade percorse dai manifestanti… c’è pericolo d’assalto alle auto di Stato”. “Antonio hai ragione - ribatteva il super dirigente - corrono brutti tempi”.

Dritto al nocciolo va l’anziana griffata con elegante figlia zitella al seguito: “Bisogna stare attenti a camminare in centro, amore di mamma hai visto quanti briganti si sono riversati su via del Corso? Maledetti rivoluzionari, speriamo che ci difenda l’esercito!”. È evidente che il calendario italiano sia stato riportato indietro di oltre un secolo, che le classi alte non vogliano comprendere i problemi delle classi medie e basse. Soprattutto che sia stata reintrodotta nella società una sclerotizzazione delle classi sociali con blocco totale dell’ascensore sociale. Tutte componenti del malessere a cui non può dirsi estranea la politica, le scelte di governo.

C’è anche il formalismo con cui forze di polizia e scorte dei potenti approcciano l’uomo di strada che taglia il loro percorso: se è ben vestito non si preoccupano, diversamente scattano identificazioni o le varie forme di tutela. C’è da credere che simili costumi di polizia fossero in uso a Roma quando gli armigeri scortavano le carrozze di nobili ed alti prelati. A mettere indietro l’orologio sociale è soprattutto il ministro Alfano (figlio di un democristiano agrigentino prono al potere) che usa contro i “rivoluzionari” frasi degne del ministro dell’Interno di Napoleone III. Allora, con chi sta il Governo?

Ma soprattutto, a chi sta bene questo Governo? All’alta dirigenza di Stato, milioni di persone con stipendi pubblici compresi tra i 5mila ed i 25mila euro mensili: tutta gente che lavora poche ore, non si stressa perché scarrozzata in auto blu, che occupa poltrone di potere in ministeri, enti (comuni, province, regioni, Inps, Inail…) e società pubbliche, e soprattutto si tratta di persone che si vantano di pagare le tasse, di subire un prelievo alla fonte.

Ma quanti cittadini normali ed in stato di disagio vorrebbero pagare le tasse a fronte di simili entrate? Nessuno si tirerebbe indietro, ma la fascia dei “ricchi di Stato” è fissa, ed il rango è solo ereditabile: un po’ come per la ministra Cancellieri (nella “vita privata” prefetto), il cui figlio non può scendere sotto il rango di direttore generale (ieri in Fonsai, oggi del finanziario Telecom). Le carriere sono ereditarie, così al figlio plurilaureato dell’operaio viene consigliato dal governo di emigrare, di andare all’estero. Soprattutto, questa emigrazione deve avvenire perché non covi nel ventre molle del Paese l’odio degli intelligenti e colti sfigati verso i ricchi scemi e raccomandati.

Un progetto antico, riportare l’Italia intorno ad una densità demografica di 50 milioni di abitanti, e solo allora dimostrare che lo Stivale è una sorta di Svizzera: epurata delle classi medio-basse e basse, progettata solo per ricchi occidentali con selezionata servitù (i famigli). Ma perché il “miracolo” si compia, nel loro progetto necessita che la gente meno abbiente sia tutta emigrata, che abbia venduto casa o terreno.

Il progetto, di chiara impronta malthusiana, prevede che la ripresa economica possa ripartire solo quando tutti i disoccupati avranno abbandonato il Belpaese. Si tratta di un chiaro piano di snazionalizzazione abbinato alla proporzione malthusiana del benessere, della ricchezza sufficiente. Complici di questo “programma razzista” sono uomini di banche e società di rilievo mondiale, che in certi consessi si sono dichiarati disponibili a finanziare la trasformazione dello Stivale in una sorta di Dubai d’Europa: “Un posto dove lavorare villeggiando tra storia, cultura ed opportunità d’affari; un posto per pochi…”, si legge in un progetto economico presentato a personalità di livello planetario (tutta gente che ha in mano i destini del mondo). Particolare non secondario è che a redigere il progetto siano stati alcuni emuli del “club Roma” (non certo quello del calcio, ma il salotto elitario benedetto da Agnelli e Kissinger negli anni Sessanta). Comunque vada, in troppi si vorrebbero liberare di 10 milioni di italiani finiti in povertà. Letta e Alfano lo sanno e si dimostrano complici.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:39