
Nell’Italia liberale post-risorgimentale nasceva a Roma, il 16 dicembre 1878, il quotidiano “Il Messaggiero” che dopo alcuni numeri di prova iniziò le pubblicazioni regolari dal primo gennaio del 1879. Strada facendo perse la “i” ma mantenne le promesse del fondatore, il 27enne milanese Luigi Cesana: quelle di essere un giornale popolare ma di ampia diffusione. Centocinquant’anni di cui 94 nella sede di via del Tritone (nella foto), dopo via del Bufalo, nella quale si sono formate generazioni di giornalisti e scrittori, alternati a direttori e grandi firme come Benedetto Croce, Gabriele D’Annunzio, Mario Missiroli.
All’epoca c’erano già il Corriere della Sera, Il Secolo e L’Opinione che era stata fondata da Camillo Cavour. Popolarità e autorevolezza sono state due caratteristiche del quotidiano per imporsi all’attenzione dei lettori, avendo sempre un rapporto stretto con la Capitale, come lo intendeva lo storico Theodor Mommsen dopo la breccia di Porta Pia: “ non si sta a Roma senza un’idea universale”. Nel presentarsi ai lettori “Il Messaggero” scriveva che non occorre fare un programma politico, basta indicare quali esigenze e con che mezzi questo nuovo periodico si propone di soddisfare. In quei giorni si dimetteva dall’incarico di primo ministro Benedetto Cairoli e la Corona affidava l’incarico di formare il nuovo gabinetto ad Agostino Depretis.
Alla destra storica che aveva costruito l’Unità d’Italia si stava sostituendo la sinistra degli ex mazziniani e garibaldini che si erano riconciliati con la Monarchia. Giuseppe Garibaldi moriva a 75 anni il 4 giugno del 1892 e Roma gli tributò un vasto omaggio, con iniziative anche polemiche da parte dei massoni. Il giornale si era riproposto fin dall’inizio di offrire al lettore le diverse opinioni sugli atti di governo e dei movimenti dei partiti.
Ma il punto di svolta avvenne quando Cesana decise di puntare sui grandi processi popolari, a partire da quello contro l’anarchico Giovanni Passannante che a Napoli aveva tentato di assassinare Umberto I, il Re che sarà poi assassinato a Monza il 31 luglio 1900 dall’anarchico Bresci. Ancor più successo ebbero le cronache del processo indiziario contro Raffaella Saraceni, una calabrese che dopo essersi consolata con alcuni amanti era accusata di aver fatto uccidere il marito militare diventato impotente per una ferita in battaglia.
Dal settembre 1879 tutte le mattine piazza della Chiesa Nuova si riempiva di folla, di ogni ceto, per conquistare un posto in tribuna durante il dibattimento. Non mancavano i giornalisti e “Il Messaggero” vi impegnò le prime firme. La cronaca divenne il punto di forza del giornale romano, il “fondo” permetteva di esprimere opinioni sulle principali questioni politiche ed economiche e con l’introduzione dei romanzi d’appendice tentava di appagare la curiosità popolare. Nel 1880 era intanto nata a Roma l’Associazione della stampa periodica sotto la presidenza di Francesco De Sanctis in difesa della libertà di stampa e la tutela sindacale e professionale della categoria.
Era anche l’epoca del boom dei giornali, molti dei quali superavano le 100mila copie. Si faceva serrata la concorrenza tra Il Secolo e il Corriere della Sera di Luigi Albertini, nascevano in quegli anni il Resto del Carlino a Bologna, Il Mattino di Edoardo Scarfoglio a Napoli, la Tribuna, il Giornale d’Italia di Bergamini a Roma con due donne alla ribalta del giornalismo: Matilde Serao e la Contessa Lara, all’anagrafe Eva Cattermole Mancini.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:47