È davvero difficile mettere la faccia su un provvedimento come quello che per quest’anno ha cancellato la seconda rata dell’Imu sulla prima casa. Insomma, per lo meno non è da tutti: ci vuole un certo tipo di faccia. Innanzitutto, è stata abolita solo per il 2013 e non anche per il futuro, come si sforzano di far credere alcuni esponenti di governo, dal momento che dal 2014 sulle prime abitazioni si pagherà la Tasi: sulla stessa base imponibile dell’Imu, ad aliquote simili (vicine al 2,5 per mille rispetto alla media del 4,4 della vecchia Imu) e con molte meno detrazioni.
E non è la tesi propagandistica di qualche pericoloso estremista pregiudizialmente contrario al governo Letta-Alfano. A confermarlo, mercoledì in conferenza stampa, è stato lo stesso ministro dell’Economia Saccomanni, quando in un lampo di verità ha spiegato che gli aumenti fiscali deliberati a carico del sistema bancario sono “una tantum” perché “del resto è una tantum anche l’abolizione della seconda rata dell’Imu sulla prima casa”. Né può essere accusato di ostilità nei confronti del governo e di vicinanza a Berlusconi il “Sole 24 Ore”, dalle cui tabelle si evince come potrebbero non essere poche le famiglie che nel 2014 si troveranno a pagare sulla prima abitazione più tasse che ai tempi della vecchia Imu.
Ma nemmeno relativamente al solo 2013 il governo è riuscito a rispettare l’impegno sull’Imu. Non sono esentati tutti i terreni agricoli né tutte le prime case. I continui rinvii del governo sull’Imu, infatti, hanno alimentato un’incertezza nella quale si sono inseriti furbescamente i Comuni, i quali hanno alzato le aliquote sulla prima casa scommettendo sul fatto che alla fine sarebbero arrivate le compensazioni statali e non avrebbero pagato i loro cittadini. Il risultato è che il costo dell’intera operazione è salito di ben 500 milioni, che il governo non è riuscito a coprire, e dunque molti cittadini dovranno metterci la differenza perché i Comuni hanno ormai messo a bilancio quelle somme.
Con sprezzo del pudore, inoltre, si sostiene che l’Imu sia stata abolita senza aumentare la pressione fiscale. Le coperture trovate, però, sia pure “una tantum”, dicono il contrario. Non sono altro che aumenti fiscali: 650 milioni dall’anticipo, da parte degli intermediari finanziari, delle ritenute relative al risparmio amministrato (le tasse sugli interessi dei conti deposito, per esempio); 1,5 miliardi dall’aumento al 130% dell’acconto Ires e Irap dovuto per il 2013 da banche e assicurazioni; per questi stessi soggetti, inoltre, l’aliquota Ires viene elevata per il solo 2013 (quindi retroattivamente) dal 27,5% al 36%.
E su chi pensate che verranno scaricati questi ulteriori costi? Il presidente dell’Abi Patuelli ha già messo le mani avanti: “Ogni appesantimento della pressione fiscale sul comparto bancario pesa non solo sulle banche ma sul complesso dell’economia produttiva”. Tradotto, vuol dire minori impieghi e prestiti a favore di imprese e famiglie, e maggiori costi per i clienti.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:48