La fiducia al ministro non appassiona

La vicenda Cancellieri proprio non riesce ad appassionarci: non ci appassionano le telefonate tanto quanto ci lasciano indifferenti le sorti politiche del ministro. Detto questo, premettiamo che in questa sede non parleremo dei fatti parlamentari della signora Cancellieri. Anche perché c’è qualcosa di più importante in questa storia sulla quale stendere un velo di indifferenza o darla per prassi acquisita, equivale ad arrendersi ed arretrare sul fronte della civiltà. Alludiamo al fatto che noi non dovremmo essere qui a parlare del ministro per il semplice fatto che le di lei conversazioni telefoniche non dovrebbero essere divulgate e conseguentemente diventare oggetto di giudizi politici e morali.

In un Paese normale, quello a cui certe volte si appellano alcuni giornali progressisti, le conversazioni telefoniche di un politico (come quelle di ogni cittadino) dovrebbero essere oggetto di doverose valutazioni da parte della magistratura e poi, qualora non si ravvisino fatti di rilevanza penale, finire nel trita carte. Invece in questo Paese, che normale non è, capita che ad un certo punto qualcuno pensi bene di far arrivare ai giornali - si badi bene, non a tutti - degli atti coperti da segreto, facendoli diventare temi di discussione al bar piuttosto che in Parlamento. In questo Paese tutt’altro che normale capita anche che, se la conversazione divulgata ha come oggetto qualcuno che abbia la presunzione di possedere una banca, il direttore ci rimetta l’osso del collo mentre, in altri casi, “buona camicia a tutti”.

In un Paese normale queste clamorose soffiate ai giornali sarebbero oggetto di indagini talmente fragorose da far passare in secondo piano tutte le altre considerazioni di merito della vicenda. Invece no: in Italia un’intercettazione telefonica finita sui giornali determina una polemica di merito così vacuamente accanita da determinare una o più mozioni parlamentari di sfiducia e fiumi di dichiarazioni atte a sputtanare il malcapitato in ogni recondito aspetto della vita privata. Per la proprietà transitiva, se l’indagine finisce sui giornali per poi sfociare in un dibattito parlamentare, ciò equivale a dire che il giudizio politico sul ministro sia di fatto generato o quantomeno indotto dalle indagini - o meglio - da chi ha pensato bene di darne comunicazione dettagliata all’opinione pubblica. L’Italia è diventata il Paese nel quale i giudizi politici possono essere dati anche per fatti privati (non penalmente rilevanti).

Essi vengono dispensati con una tale leggerezza sul “come” queste vicende vengano a galla da far rabbrividire. L’Italia è diventata anche il Paese nel quale è teoricamente possibile far fuori l’avversario politico utilizzando questo iter che dagli uffici giudiziari porta ai rotocalchi, altro che “metodo Boffo” e “macchina del fango”. Ciò non è accettabile in una Nazione che osa definirsi civile per cui, impipandocene beatamente della fiducia al ministro, ci iscriviamo, per reazione e nel nostro caso per giusta causa, al partito dei “diversamente Cancellierani”.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:24