
Qual è la ragione che spinge gli oppositori di Berlusconi a sostenere mezze verità, a celare dati oggettivi ed inconfutabili? Perché i numerosi nemici politici omettono di esporre alcune norme, valorizzandone altre e chiudendosi nel recinto di frasi scontate e ovvie, lasciando aperto il varco alla facile contestazione dell’eterno avversario? Paura, insipienza, somaraggine, pappagallismo, poca intelligenza nell’elaborare un’accusa politica credibile ed inattaccabile, paura di un nemico che sembra non soccombere mai nel consenso degli elettori? Forse tutto questo e molto di più.
Perché la stampa più letta, le trasmissioni televisive più seguite si ostinano a nascondere il dettato della legge, a favorire truffatori ben pagati dell’informazione, commentatori a bassa evidenza intellettiva? Recita l’art. 13 – Durata dell’incandidabilità – del d.lgs. 31 dicembre 2012 (n. 235) emanato a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012 (n. 190): “L’incandidabilità alla carica di deputato, senatore e membro del Parlamento europeo spettante all’Italia, derivante da sentenza definitiva di condanna per i delitti indicati all’articolo 1, decorre dalla data del passaggio in giudicato della sentenza stessa e ha effetto per un periodo corrispondente al doppio della durata della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici comminata dal giudice. In ogni caso, l’incandidabilità, anche in assenza della pena accessoria, non è inferiore a sei anni”.
Una prima mezza verità: stancamente il segretario del Partito Democratico, tutti gli alti dirigenti del Pd, i candidati alla segreteria e tutti i commentatori di regime stigmatizzavano l’inutile attività del Cavaliere per evitare la decadenza, in quanto sarebbe decaduto in ogni caso con la sentenza della Corte d’Appello di Milano, nonostante il successivo ricorso in Cassazione. Ma non è così. Se la Cassazione come sembra confermerà la irrogata interdizione dai pubblici uffici per due anni inflitta a Berlusconi, con la decadenza da senatore, in applicazione della cosiddetta legge Severino la incandidabilità durerà per ben sei anni. Non pare la stessa cosa! Non poter essere candidato per due anni è diverso di non esserlo per sei. E se per ipotesi la Cassazione dovesse annullare l’interdizione la legge Severino colpirebbe ugualmente il presidente Berlusconi, atteso che la norma dispone l’incandidabilità anche “in assenza della pena accessoria”.
In seguito alla condanna a quattro anni di reclusione (di cui tre condonati con l’indulto entrato in vigore con la legge n. 241 del 31 luglio 2006) dalla Corte di Cassazione di Silvio Berlusconi, il 30 luglio 2013, e all’avvicinarsi del voto per la sua decadenza da senatore, il Pdl/FI ha espresso dubbi sulla retroattività del decreto legislativo, dato che la condanna riguarda reati commessi prima della sua entrata in vigore e Silvio Berlusconi ha definito la legge (meglio il decreto legislativo) “anticostituzionale” con la richiesta di affidare alla Corte Costituzionale le questioni della sua legittimità, supportate dalle opinioni pro veritate di sei giuristi da lui incaricati di esaminare la “Legge Severino”. Il NCD/FI chiede che la questione dell’applicabilità del decreto legislativo Severino al caso Berlusconi venga approfondita e chiede di sottoporre la questione alla Corte Costituzionale, come normalmente avviene nelle aule dei tribunali con costante regolarità.
La norma sulla decadenza dal Parlamento, spiegano esponenti del Nuovo Centro Destra/Forza Italia, non è applicabile all’ex premier: i reati per i quali Berlusconi è stato condannato - sottolineano - sono stati commessi prima dell’entrata in vigore della legge, quindi un senatore può essere sottoposto a un voto dell’Assemblea che ne riconosca la “ineleggibilità sopravvenuta” solo se questo senatore è stato condannato per reati commessi successivamente al 5 gennaio 2013, data di entrata in vigore della nuova norma. Si ripete, per eludere l’accusa che la legge è uguale per tutti tranne che per Silvio, che le norme del decreto legislativo Severino sono già state applicate a ben 37 amministratori locali e tutti hanno accettato la sanzione senza sollevare questioni di incostituzionalità. E, quindi, non si comprende perché Berlusconi debba avere un trattamento privilegiato, essendo un cittadino uguale agli altri.
Altra mezza verità o proprio una falsità. Recita il d. lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 (c.d. legge Severino) all’art. 8 (sospensione e decadenza di diritto per incandidabilità alle cariche regionali): “Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate all’articolo 7, comma 1: a) coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all’articolo 7, comma 1, lettera a), b), e c); b) coloro che, con sentenza di primo grado, confermata in appello per la stessa imputazione, hanno riportato una condanna ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non colposo, dopo l’elezione o la nomina; c) coloro nei cui confronti l’autorità giudiziaria ha applicato, con provvedimento non definitivo, una misura di prevenzione in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a) e b), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. La sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi diciotto mesi. La cessazione non opera, tuttavia, se entro il termine di cui al precedente periodo l’impugnazione in punto di responsabilità è rigettata anche con sentenza non definitiva.
In quest’ultima ipotesi la sospensione cessa di produrre effetti decorso il termine di dodici mesi dalla sentenza di rigetto”. Come facilmente si comprende l’art. 8 non parla di decadenza (per sei anni a seguito di sentenza definitiva), ma di semplice sospensione al massimo per 18 mesi per una condanna non definitiva. Come direbbe il “defunto” Di Pietro “ma che c’azzecca, un conto è la decadenza, un conto è la sospensione”. Infatti, ad esempio, il Presidente della Provincia di Latina, Armando Cusani, condannato a un anno e 8 mesi con sospensione della pena per abuso d’ufficio, dopo la condanna di primo grado è stato sospeso con provvedimento del prefetto di Latina Antonio d’Acunto.
La sospensione avrà la durata massima di 18 mesi. La legge prevede un reintegro delle funzioni se in questo periodo di tempo dal tribunale di secondo grado arriverà una pronuncia che ribalterà la condanna. Ma “Il Fatto Quotidiano” (il più amato dagli italiani) il 2 novembre 2013 così riportava “Mentre al Senato si aspetta il voto in aula sulla decadenza di Silvio Berlusconi, fuori dal Parlamento la legge Severino continua a mietere le sue vittime. Se per il Cavaliere ogni appiglio è buono per temporeggiare, in altre sale la norma dell’ex ministro della Giustizia è già in applicazione”.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:53