Galleggiamento  e anonimato politico

Si possono avere opinioni diverse su torti e colpe, si confondono gli alibi degli uni con le ragioni degli altri, ma una separazione è sempre un fallimento. E non riguarda solo il Popolo della Libertà, perché per l’ennesima volta a fallire è l’Italia. È vero che non si sono separati per le idee, forse perché ne hanno poche e pure confuse, esattamente come il governo che hanno deciso di mantenere a galla a tutti i costi, tanto i costi li paghiamo noi.

Ci avevo creduto, ci avevo sperato che potesse finire un ventennio di guerra fredda civile, ma, così come l’ultima che avevamo combattuto nel dopoguerra, è finita con gli ultimi partigiani vendicativi che non accettano di ricostruire e vogliono vedere il sangue del nemico sul selciato, per saziare il proprio livore. A questo governo dei larghi malintesi purtroppo sono mancati uomini e donne fondamentali: quelli che vogliono passare alla storia. Solo persone così sono in grado di fare le uniche riforme per cui abbia senso un governo di compromesso, di vera pacificazione. In un Paese diviso in fazioni, dove tutti, a partire dagli elettori, sanno perfettamente quali riforme siano necessarie, è imprescindibile qualcuno che guardi oltre l’orizzonte della legislatura.

Tagliare la spesa pubblica ed il debito pubblico a colpi di accetta, riformare le istituzioni per rendere il Paese governabile distinguendo il potere esecutivo da quello legislativo, riportare la magistratura al suo ruolo di applicazione delle leggi, togliendole l’abuso politico dell’ingiustizia, smontare l’elefantiaca macchina burocratica che genera sacche di potere autoreferenziale e conseguente corruzione, sembrano riforme semplici, ma sono terribilmente difficili da far digerire al proprio elettorato di riferimento. Perché tutti, indistintamente, da una parte e dall’altra, dicono di volerle, ma poi pretendono egocentricamente che non tocchino il proprio orticello, ma quello altrui.

E allora solo un governo forte le avrebbe potute fare, proprio perché formato da entrambi gli schieramenti ed in cui le rivendicazioni di breve periodo non avrebbero trovato spazio. Si trattava di un fermo-gioco, una tregua necessaria per ripresentarsi alle urne alla prossima legislatura senza poter addossare all’uno o all’altro le presunte colpe e trasformarle in virtù. Entrambi si assumevano la responsabilità di scelte impopolari nel breve termine, ma i cui frutti si sarebbero visti nel medio, in una situazione di sostanziale parità, pronti a ridarsi battaglia per andare oltre, per governare un Paese finalmente moderno. Si trattava di fare la storia, insomma. Ma ci voleva qualcuno che avesse il coraggio, la forza e l’ambizione per assumersene oneri ed onori.

Il problema è che ne nascono pochi ogni secolo di uomini e donne così ed in questo governo non ce n’era neppure un’unghia. Bravi ragazzi, faccette presentabili, ma nulla più di mediocri che hanno creduto che fosse l’occasione buona giusto per uscire dall’anonimato e galleggiare indenni fino alla prossima legislatura senza scontentare nessuno. Hanno scontentato inconsapevoli non solo gli italiani, ma soprattutto se stessi, perché hanno rinunciato all’immortalità della loro memoria.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:49