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Nel più assoluto silenzio e completamente ignorato dalla stampa, sta forse nascendo un progetto politico che potrà finalmente dare al popolo italiano una nuova speranza di reale cambiamento, non solo del modo di fare politica ma, soprattutto, nell’approccio allo Stato e alla sua gestione. Parlare di spirito liberale è fuorviante, perché in effetti, si tratta di una visione completamente nuova della politica, della quale, senza nessuna pecca di presunzione, ne avevo anticipato l’avvento sin dal febbraio scorso: “Il dialogo interculturale” applicato alla politica. Il progetto si chiama “In cammino per cambiare” ed è in fase di realizzazione con artefice principale, Michele Boldrin, noto economista italiano docente presso l’Università di Saint Luis, Louisiana, e conosciuto anche in Spagna dove coordina l’attività accademica di Fedea.

Da buon “ricercatore”, specializzato sulla teoria e sulle applicazioni dei modelli dinamici di equilibrio generale, che usa per studiare la crescita e i cicli economici, in particolare tutto ciò che ha a che fare con l’evoluzione di modelli economico-sociali basati sulle interazioni tra Stato, welfare e privato, Boldrin ha avuto l’ingegno e il coraggio di allargare il suo campo di “ricerca e di studio” all’Italia, in particolare all’anomalo mondo della politica italiana.

L’Italia nel suo insieme, infatti, è caratterizzata da una tendenza all’astensione dal voto superiore al 50% (disaffezione crescente alla politica in generale), un sistema politico che dal tendenzialmente “bipolare” si è trasformato in lotta tra “gruppi” di potere ancorati a personaggi politici, con sempre maggiore orientamento alla “falsificazione” delle ideologie di partito in ragione degli interessi “corporativi” da favorire e difendere.

Il tutto contornato dal quasi generalizzato disorientamento valoriale dei cittadini, molto più propensi a tentare di sopravvivere alla disperata crisi economico-istituzionale in cui è ancora è immersa l’Italia. Ecco quindi che Boldrin, presidente di “Fare”, unisce le competenze specifiche del ricercatore alle impellenti necessità di cambiamento politico dell’Italia. Nasce quindi “In cammino per cambiare” che non è un partito né una federazione.

Per ora è solo il risultato di incontri con altri soggetti politici per “dialogare” e vedere se c’è convergenza su alcuni punti fondamentali quali ad esempio: una differente visione dello Stato, scevro da ogni corporativismo o interessi di parte, che sia soprattutto il punto d’incontro per liberare la “creatività’” tipica della cultura italiana in difesa della creazione di posti di lavoro e di nuove attività imprenditoriali, e, soprattutto, ridare fiducia ai cittadini sul fatto che merito, competenze e responsabilità sono fattori imprescindibili su cui basare il comune convivere.

Per ora al progetto hanno aderito il Partito Liberale Italiano, Liberali Italiani, Partito Federalista Europeo, Progett'Azione, Uniti verso nord e Fare per Fermare il Declino, ma molti altri, a cominciare dal Ministro Passera, Italia Futura e Scelta Civica, seguono con attenzione l’evolversi del “dialogo”. Boldrin, inoltre, è anche convinto che molte persone razionali e pragmatiche, che le scorse elezioni hanno votato M5S, si sentiranno particolarmente attratte dal più concreto progetto proposto, così come lo stesso servirà di sprone a quella miriade (circa 16 milioni di italiani) di italiani che, oggi più che mai, hanno perso fiducia nella politica degli attuali partiti. Il progetto, o meglio l’esperimento come lo chiama Boldrin, che per ora è finalizzato alle elezioni Ue del maggio 2014, terminerà a dicembre.

Per il nuovo anno, quindi, sapremo se potremo contare su un “nuovo” Partito, oppure vedere abortire tristemente l’esperimento Boldrin. Personalmente, ritenendomi uno specialista del dialogo interculturale (lo applico quotidianamente e con successo in una terra, la Tunisia, dove i fermenti culturali sembrano frammentarsi sempre più, con il costante pericolo di radicalizzazioni esplosive), credo molto nel percorso scelto da Boldrin e nella possibilità di arrivare a concepire un futuro politico, incentrato sul “dialogo sulle cose da fare”, che possa dare realmente nuova speranza al popolo italiano. Anche perché, in caso contrario, non vedo altro che un’Italia sempre più depressa economicamente e oppressa dalla costante presenza dell’onnipossente Stato, ostacolo principale per il libero esercizio della migliore e indubbia qualità che caratterizza il nostro essere italiani: la creatività.

Spero dunque che anche all’interno di quei bastioni politici sia di sinistra che di destra, molti uomini di buona volontà cessino di guardare ai loro “idoli”, cioè coloro che impropriamente gli hanno dato la possibilità di vivere sul consociativismo e la spartizione di poteri, e affrontino con lealtà e lungimiranza le nuove sfide che attendono l’Italia. Prime tra tutte, le prossime elezioni Europee del 2014.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:46